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News » Culture Teatrali
Masque teatro///The Decision

Forlì/ Ex Filanda Maiani
9 giugno 2013 h 21
12 giugno 2013 h 20.30


Masque teatro decide di partire da La linea di condotta di Bertolt Brecht, uno dei drammi didattici del famoso drammaturgo e regista tedesco, per iniziare un percorso di scavo su alcuni nuclei tematici cari alla compagnia forlivese. Il teatro di Masque vive di figure isolate, che incarnano solidamente dei concetti. Alla base di questa loro nuova opera, che viene presentata all’Ex Filanda di Via orto del fuoco domenica 9 (ore 21) e mercoledì 12 giugno (ore 20:30) sotto forma di primo studio, vi è un “coro di controllo” che rappresenta l’immagine del potere diffuso che continuamente giudica e, soprattutto, fa sentire la sua perenne presenza e, che nello spettacolo si trasforma in un monolite, una parete che taglia tutto lo spazio scenico, risultando come una presenza costante e incombente. Se questa immagine è la base di partenza, Masque decide di ingrandire l’orizzonte, allargando la visuale e abbracciando un panorama più vasto che accoglie la tesi, sostenuta a più riprese dalla stesso Brecht, che esista una tensione totalitaria sottesa alle società cosiddette democratico-liberali. La questione di base toccata da The Decision rimane l’inconciliabile contrapposizione tra il destino del singolo e quello della collettività.

 

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PerAspera

Drammatugie possibili - VI edizione

13-22 giugno 2013
Villa Aldrovandi Mazzacorati Via Toscana 19, Bologna

 

50 lavori, 50 compagnie, 10 giorni. E' l'esito del monitoraggio della produzione artistica realizzato dall'associazione culturale alberTStanley, cuore e motore di perAspera/drammaturgie possibili, festival di arti contemporanee nei luoghi storici, parte della programmazione di Bè BolognaEstate.

La location è la settecentesca Villa Aldrovandi Mazzacorati, all'inizio di Via Toscana, sui primi colli bolognesi. Una villa che, al suo interno, nasconde il Teatro 1763, gioiello architettonico sottoutilizzato che per dieci giorni si apre completamente alla città, ospitando interventi artistici multidisciplinari a bassissimo impatto ambientale ed altissimo impatto emotivo. Non solo il Teatro, ma l'intera Villa, nei suoi spazi interni ed esterni concessi in uso temporaneo, è palcoscenico degli interventi selezionati da perAspera.

È difficile da comunicare un festival che preferisce non fare i "nomi forti", che pure ospita in abbondanza, perchè crede che gli artisti – noti e meno noti – siano tutti uguali, tutti di grandissimo valore. perAspera continua nel suo intento di dare spazio visibile e vivibile a quegli artisti che costruiscono drammaturgie possibili, in diverse forme, che rischiano percorsi nuovi, che sperimentano linguaggi coraggiosi, che mettono in gioco i propri corpi e la propria faccia per passione verso l'arte contemporanea.
È un invito lanciato a chi crede ci sia ancora molto da scoprire, a chi si vuole aprire a qualcosa a cui non si è abituati, perchè la cultura imperante alimenta di altri ingredienti le nostre menti.
Dimenticare gli schermi e gli schemi, questa è la sfida di perAspera.

Per questa edizione, il festival è in partnership con una realtà assolutamente affine come spirito: la galleria Squadro (via Nazario Sauro 27, Bologna), che ospita il progetto Grandine della fotografa di scena del festival, Futura Tittaferrante all'interno dei suoi spazi (inaugurazione martedì 11 giugno alle 19.00) e la conferenza stampa del festival (12 giugno ore 12.00). Da una suggestione di Squadro, arriva invece nel festival il disegnatore Stefano Ricci che il 13 giugno – assieme al contrabbassista Giacomo Piermatti – darà vita nel Teatro ad un atto dal vivo, una improvvisazione di disegno e suono, che si muoveranno in un unico, estemporaneo, respiro.


perAspera in Tour: la novità
Una novità di rilievo di questa sesta edizione di perAspera è il tour del festival in due luoghi storici della provincia di Bologna. La formula della arti performative multidisciplinari si sposta il 13 luglio a Villa Smeraldi (San Marino di Bentivoglio) e il 20 luglio negli spazi della Rocca dei Bentivoglio a Bazzano.
La programmazione delle due giornate porta il respiro contemporaneo in questi affascinanti luoghi storici con: Macellerie Pasolini (Love car), Vincenzo Scorza (Circa) e Stefano Questorio (Le cose), che realizzeranno i propri lavori negli spazi esterni ed interni di Villa Smeraldi; Fortebraccio Teatro/Roberto Latini (Iago. concerto scenico con pretesto occasionalmente shakespeariano  per voce dissidente e musica complice), Fabrizio Favale/Le Supplici (Alberi) e Fedra Boscaro/Tommaso Arosio (Novissimo Bestiario #9) nella Rocca di Bazzano.
Tutti gli interventi di perAspera in tour sono ad ingresso libero per gli spettatori.

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TEATRO A CORTE 2013

Il teatro europeo in scena nelle dimore sabaude
Torino-Agliè-Racconigi-Rivoli-Venaria :: 5>>21 luglio 2013
14 edizione

 

L’edizione 2013 offre uno spaccato prezioso delle nuove declinazioni di un genere in continua trasformazione: il circo contemporaneo, spaziando dalla Francia alla Finlandia fino alla Spagna. Dalla Francia, per l’apertura del festival il 5 e 6 luglio, arriva in prima nazionale un fenomeno culto, il giovane collettivo Ivan Mosjoukine con uno spettacolo definito “circo di ricerca” De nos jours. (Notes on the circus), in cui prendono vita 80 vignette sul tema del circo per realizzare un destabilizzante manifesto artistico: tutto viene mostrato nel suo farsi, senza trucchi o effetti speciali, perché “è quel che si vede ad essere magico”. Non rinunciano alla magia due maghi di professione esponenti di rilievo della “magie nouvelle”, il finlandese Kalle Nio - con la sua ultima creazione Lahtö/Départ, abile incrocio fra circo, danza, arti visive e magia, che racconta di una coppia in crisi immersa in un labirinto di specchi nel mezzo di un salotto borghese con abiti volanti e mobili sospesi - e il francese Yann Frish, vincitore del campionato Europeo di magia nel 2011 e di quello Mondiale nel 2012. E’ invece un clima bucolico quello che si respira nel circo “poetico-agricolo” dell’Atelier Lefeuvre & André (13, 14 luglio) che in La Serre, piccolo gioiello sull’essenza dell’arte circense, accoglie gli spettatori sotto una vera serra, chapiteau di clown davvero ecologici. Stessa atmosfera intima per il danese Karl Stets che tuttavia contamina il suo circo stravagante con il thriller e l’horror, Cuerdo (13 e 14 luglio), in cui è alle prese con 3 corde, 9 trappole per topi pronte a scattare e un grammofono. Infine il circo che si contamina con la danza con Yoann Bourgeois e la finlandese Ilona Iantti col nuovo lavoro La balance de Lévité (20 luglio), una forma breve che indaga il punto in cui il corpo rimane sospeso, senza punti d’appoggio, e solo allora ogni cosa diventa possibile.

 

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IN MEMORIAM

Augusto Omolú, ballerino, coreografo e attore, collaboratore fisso dell'Odin Teatret dal 2002, é stato pugnalato a morte durante una rapina nella sua casa il 2 giugno a Salvador, Brasile. Augusto Omolú aveva 50 anni.
Nato a Salvador, nello stato di Bahia in Brasile nel 1962, Augusto Omolú é cresciuto nell'ambito della religione Afro-Brasiliana del Candomblé, diventando un ogan (un assistente alle cerimonie). Iniziò come ballerino nel 1976 con l'ensemble Viva Bahia, diretto da Emília Biancardi. Dopo aver concluso gli studi come ballerino di danza classica e moderna, si unì al Castro Alves Ballet a Salvador, dove, fin dal 1982 fu insegnante responsabile per la tecnica Afro-Braziliana. Nel 1983 creò Chama, una compagnia nella quale lavorò sia come ballerino che come coreografo fino al 1985. Augusto Omolú si unì come maestro all'ISTA - International School of Theatre Anthropology, diretta da Eugenio Barba, Odin Teatret, nel 1994. Nel 2002 iniziò a lavorare come attore all'Odin Teatret, trasferendosi a Holstebro. Durante i suoi anni con l'Odin Teatret, Augusto ha partecipato a numerosi spettacoli, e organizzato seminari sulle tecniche della danza degli Orixá (le cui radici si fondano nella religione del Candomblé) per ballerini e attori in tutto il mondo. Ha creato, inoltre, numerose coreografie per compagnie di danza classica e moderna in Brasile, Danimarca e Italia. Il suo spettacolo, Orô de Otelo, con la regia di Eugenio Barba, unisce l'esperienza della tradizione del Candomblé alle tecniche teatrali dell'Odin Teatret e dell'ISTA. Augusto Omolú ha preso parte nei seguenti spettacoli dell'Odin Teatret: Ode al progresso, Le grandi città sotto la luna e Il sogno di Andersen. In connessione con l'ISTA creò fu il protagonista di Orô de Otelo (Cerimonia per Otello) e prese parte agli spettacoli del Theatrum Mundi: Il matrimonio di Medea, Ur-Hamlet, Quattro poesie per Sanjukta, Ego Faust e L'isola dei labirinti. Augusto Omolú era molto conosciuto nell'ambiente della danza. Le sue capacità di ballerino e coreografo erano apprezzate sia dagli studenti che dallo staff della Scuola di Balletto di Holstebro, con la quale collaborava regolarmente in qualità di pedagogo ospite. Augusto Omolú è stato seppellito nella sua città natale, Salvador, il 4 giugno 2013.


Augusto Omolú, ballerino, coreografo e attore, collaboratore fisso dell'Odin Teatret dal 2002, é stato pugnalato a morte durante una rapina nella sua casa il 2 giugno a Salvador, Brasile. Augusto Omolú aveva 50 anni.



Nato a Salvador, nello stato di Bahia in Brasile nel 1962, Augusto Omolú é cresciuto nell'ambito della religione Afro-Brasiliana del Candomblé, diventando un ogan (un assistente alle cerimonie). Iniziò come ballerino nel 1976 con l'ensemble Viva Bahia, diretto da Emília Biancardi. Dopo aver concluso gli studi come ballerino di danza classica e moderna, si unì al Castro Alves Ballet a Salvador, dove, fin dal 1982 fu insegnante responsabile per la tecnica Afro-Braziliana. Nel 1983 creò Chama, una compagnia nella quale lavorò sia come ballerino che come coreografo fino al 1985. Augusto Omolú si unì come maestro all'ISTA - International School of Theatre Anthropology, diretta da Eugenio Barba, Odin Teatret, nel 1994. Nel 2002 iniziò a lavorare come attore all'Odin Teatret, trasferendosi a Holstebro. Durante i suoi anni con l'Odin Teatret, Augusto ha partecipato a numerosi spettacoli, e organizzato seminari sulle tecniche della danza degli Orixá (le cui radici si fondano nella religione del Candomblé) per ballerini e attori in tutto il mondo. Ha creato, inoltre, numerose coreografie per compagnie di danza classica e moderna in Brasile, Danimarca e Italia. Il suo spettacolo, Orô de Otelo, con la regia di Eugenio Barba, unisce l'esperienza della tradizione del Candomblé alle tecniche teatrali dell'Odin Teatret e dell'ISTA. Augusto Omolú ha preso parte nei seguenti spettacoli dell'Odin Teatret: Ode al progresso, Le grandi città sotto la luna e Il sogno di Andersen. In connessione con l'ISTA creò fu il protagonista di Orô de Otelo (Cerimonia per Otello) e prese parte agli spettacoli del Theatrum Mundi: Il matrimonio di Medea, Ur-Hamlet, Quattro poesie per Sanjukta, Ego Faust e L'isola dei labirinti. Augusto Omolú era molto conosciuto nell'ambiente della danza. Le sue capacità di ballerino e coreografo erano apprezzate sia dagli studenti che dallo staff della Scuola di Balletto di Holstebro, con la quale collaborava regolarmente in qualità di pedagogo ospite. Augusto Omolú sarà seppellito nella sua città natale, Salvador, il 4 giugno 2013.

 
Memorie dal sottosuolo

Il teatro raccontato da spettatori speciali

Massimo Marino • Il fulmine dei festival, con un intermezzo su un critico che girava con le tasche gonfie di copioni e appunti, per una fenomenologia del teatro come avventura
Santarcangelo
di Romagna// Lavatoio
Lunedì 3 giugno ore 20.30



Ultime tappe di Anno Solare 2013 - parte seconda - programmazione teatrale a cura della direzione artistica del Festival di Santarcangelo, propedeutica all’inizio di Santarcangelo •13 previsto il prossimo 12 luglio.

Protagonista della serie di incontri “memorie del sottosuolo”, oggi lunedì 3 giugno alle ore 20.30 presso il Lavatoio di Santarcangelo, è Massimo Marino (critico e studioso di teatro, co-direttore del Festival di Santarcangelo dal 1998 al 2003).  Titolo della sua memoria è Il fulmine dei festival con un intermezzo su un critico che girava con le tasche gonfie di copioni e appunti, per una fenomenologia del teatro come avventura. Un racconto a ritroso delle suggestioni visive ed emotive di uno studente appassionato di spettacolo che affidava a un taccuino fulminee ed efficaci note e appunti, per svelarci ciò che tutti avevano guardato e pochi avevano visto. A partire dai suoi ricordi subito dopo la maturità, il viaggio a Venezia e la scoperta di un altro teatro, incrociando Peter Brook, il Nô giapponese, Erving Goffman e probabilmente Roland Barthes. Quel giovane spettatore, dopo aver attraversato esperienze come la Biennale o i festival di Santarcangelo si avvicinava sempre più all’idea di un teatro che dilaga nella città, provando utopicamente a mutarne ritmi, funzioni, visioni. I ricordi innescano domande sul guardare, sul racconto e sulla condivisione. 
Oltre la memoria. Oltre il presente. Oltre la consolazione.

Ingresso gratuito | A seguire degustazione a cura di Azienda Agricola e Agrituristica Il Capannino / Azienda Vitivinicola Torre del Poggio.

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ONFALOS

Infanzia al centro. Esperienze con le arti contemporanee per bambini e ragazzi
Bologna// DOM La Cupola del Pilastro :: 6>>9 giugno 2013



Onfalos metaforicamente indica il punto di mezzo. Nell’antichità si tracciava un cerchio per delimitare l’area entro la quale doveva sorgere la città. Il cerchio è l’uovo del mondo, il cui centro è l’onfalos.

Dal 6 al 9 giugno 2013, Laminarie presenta al DOM La Cupola del Pilastro la quarta edizione della rassegna realizzata nell'ambito di bè bolognaestate 2013 totalmente incentrata sul mondo dell'infanzia.
L'edizione di quest'anno, in particolare, propone laboratori pratici dedicati ai bambini che, per quattro giorni, potranno abitare gli spazi di DOM e lavorare insieme a uno scenografo, un'attrice e un musicista, sperimentando direttamente la costruzione degli elementi che compongono uno spettacolo.
Il festival si focalizza, quindi, sull’incontro tra i bambini e gli artisti invitati, chiamati a confrontare direttamente con il pubblico la loro esperienza laboratoriale.

 

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Un teatro di comunità per Casalgrande

LA BOTTEGA
Inaugurazione nuovo spazio culturale gestito dalla Compagnia Quinta Parete
Sabato 1 giugno 2013 dalle ore 17.30 :: Casalgrande (Reggio Emilia)



Inaugura sabato 1 giugno, dalle ore 17.30 sino a notte inoltrata, a Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia, il nuovo spazio culturale La Bottega gestito dalla Compagnia Quinta Parete e aperto alla cittadinanza.
In questi ultimi anni Casalgrande ha avvertito la necessità di un altro luogo ospitale e aperto in cui incontrare persone, svolgere attività creative, legato alla storia senza per questo essere incatenato al passato. Casalgrande sente forte il bisogno di credere ancora che si può ridare un’anima alla terra, di vedere che ci può essere anche un’altra possibilità in uno scenario fatto di fabbriche e negozi che chiudono e di un sistema crollato.

Per questo apre La Bottega. Ex officina di un fabbro, La Bottega vuole essere un luogo dove, attraverso il teatro e le arti, parlare dritto al cuore, ascoltando i bisogni del territorio e costruendo per esso dei progetti secondo una struttura comunitaria. Il teatro, essendo effimero per natura, se non è partecipato, difficilmente lascia traccia del suo passaggio. Di qui la scelta di far partecipare all'esperienza teatrale tutta la comunità attraverso percorsi laboratoriali più ampi e condivisi di quelli finora realizzati da Quinta Parete.

Uno spazio per la cittadinanza e la creatività, dunque, un luogo dove esprimersi e crescere, dove divertirsi e ritrovare quella speranza che fatica sempre più ad esistere. Partendo dall'analisi del territorio, concordata e condivisa con le istituzioni e le realtà locali già attive, La Bottega si pone l'obiettivo di strutturare una rete di relazioni, mettere in scena la comunità, creare una trasformazione tangibile in chi agisce e in chi guarda, coniugare etica ed estetica, favorire la riscoperta del concetto di rito collettivo.

 

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Fiorenza Menni/Teatrino Clandestino

Boia - Concerto Breve per imbrattamenti voce e sintetizzatori | Prospettiva Rom
Festa della Repubblica a Lido Adriano
CISIM - Lido Adriano (Ravenna)
sabato 1 giugno ore 21
domenica 2 giugno ore 18


Per la quinta edizione della Festa della Repubblica a Lido Adriano, Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi presenteranno la performance Boia - Concerto Breve per imbrattamenti, voce e sintetizzatori e l’evento-incontro Prospettiva Rom.

La Festa delle Repubblica a Lido Adriano è un evento inserito nelle Prove Tecniche 2013 di Ravenna Capitale Europea della Cultura 2019, che chiude la programmazione 2012/2013 di Ravenna viso-in-aria, ed è promosso da Ravenna Teatro/Teatro delle Albe e dal Cisim (gestito da cooperativa Libra e dall’Associazione Culturale Il Lato Oscuro della Costa).

Sabato 1 giugno alle ore 21.00 va in scena Boia - Concerto Breve per imbrattamenti, voce e sintetizzatori di e con Fiorenza Menni e alla batteria Silvia Garcia. Boia è la prima realizzazione performativa del progetto URBAN SPRAY LEXICON PROJECT. Un esercizio interpretativo del lessico spray, dal primo novecento fino a oggi: un altro pezzo di pagina aggiunta per guardare la nostra parte di mondo, per incocciare nei rovesci, nei crolli. Slogan come precipitati di contesto che possono divertire, irritare, far marcare una propria lontananza o portare a incappare in intuizioni condivisibili. Versi che si autocollocano nella pratica della rivolta, pensieri in forma germinale.

Domenica 2 giugno alle ore 18.00 Prospettiva Rom: confronti, ascolti e visioni a partire dal libro Confini Diamanti di Andrea Mochi Sismondi, in collaborazione con Micamera/lens base darts: incubatore di progetti fotografici e di arte contemporanea e con CREAa/Centro di Ricerche Etnografiche e di Antropologia applicata “Francesca Cappelletto”.

Tra il 2008 e il 2010 Fiorenza e Andrea vivono tra l’Italia e Šutka, in Macedonia: l’unica Municipalità al mondo in cui i rom sono in maggioranza. Dopo un primo estraniante attraversamento, vengono accolti dalla comunità; insieme al loro bimbo ribaltano il rapporto: come migranti al contrario si fanno stranieri tra chi ovunque è straniero. Questa inversione permette loro di partecipare alle lunghe discussioni comunitarie, seguire i rituali, confrontare i paradigmi, cercare di capire, fino a essere sostanzialmente adottati da una famiglia rom. Al ritorno in Italia, attraverso gli spettacoli e il libro che ne scaturiscono, l’esperienza genera una serie d’incontri con artisti, studiosi e costruttori di ambiti dialogici che ne sviluppa le implicazioni aprendo a nuovi contesti di ricerca e campi di applicazione.

In Prospettiva Rom viene proposta la condivisione di questi incontri, la Festa della Repubblica diventa un percorso a più voci tra chi con i rom vive, ama, produce arte e pensieri: un’estroflessione di possibilità formali ad esistenziali lungo quella human network che rappresenta un’ipotesi aperta e alternativa di concezione comunitaria.

L’evento sarà aperto dall’intervento per parole e immagini di Cia Rinne (Svezia) e Joakim Eskildsen (Danimarca), che hanno viaggiato per sei anni attraverso le comunità rom di sette Paesi, dalla Finlandia all’India, generando Le romané phirmàta (The roma journeys): uno straordinario libro in cui l’incontro si cristallizza in scritti teorici e scatti fotografici che possiedono una qualità metafisica che nulla concede al folkloristico.

Subito dopo Daniele Todesco, bibliotecario, bibliofilo e attivista, appassionato studioso dei meccanismi culturali di costruzione dei pregiudizi – siano essi positivi o negativi – proporrà un viaggio inquieto ed esilarante attraverso la rappresentazione dei rom nella letteratura per ragazzi.

Interverrà poi Leonardo Piasere, antropologo, profondo conoscitore della vita di rom e sinti, e punto di riferimento per la ricerca storica sulle comunità zigane italiane ed europee. Il suo intervento attraverserà i temi della presenza e dell’assenza dei rom nelle iniziative che parlano di loro organizzate dai gadžé (non rom) e offrirà una prospettiva su quell’antiziganismo democratico che più o meno consapevolmente viene spesso introiettato da chi si occupa a vario titolo delle fantomatiche “questioni rom”.

A conclusione del percorso, Elena di Gioia, curatrice e progettista teatrale, condurrà un confronto a partire dal libro Confini Diamanti. Viaggio ai margini di Europa, ospiti dei rom (Ombre Corte, maggio 2012) di Andrea Mochi Sismondi, con l'autore, gli ospiti intervenuti e con Fiorenza Menni, Faat Abedin e Amet Jashar del Theatre Roma di Šutka, sull’esperienza vissuta in Macedonia.

Nel giardino del CISIM le playlist concepite da Elio Pugliese, musicista e musicologo, ricercatore sulla Musica Romanì, proporranno un percorso di ascolti a partire dalle sinergie e gli equivoci, le miserie e gli splendori, che hanno connotato l’intersecarsi nei secoli della cosiddetta musica gitana con il presunto repertorio classico e popolare europeo. Non mancheranno brani provenienti dal contesto autoproduttivo di Šutka, dove all’altissima percentuale di musicisti corrisponde una vivace, particolare e autonoma attività di distribuzione.

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L'ALTRO TEATRO

proiezione e dibattito a cura di Adele Cacciagrano

FackFestival 2013 ::  Cesena :: venerdì 31 maggio h 18>20

 

L'Altro Teatro. Documentario televisivo ideato e creato dai critici Giuseppe Bartolucci e Nico Garrone con la regia di Maria Bosio, prodotto da Angelo Guglielmi per la Rai Radiotelevisione Italiana nel 1980. Il documentario e’ stato trasmesso sulle reti Rai nell'81, diviso in tre puntate: «I protagonisti delle Cantine», «I Comici ed Altri protagonisti» e «Teatro in Periferia e Festival dei Poeti». L’incontro si apre con la proiezione del montaggio estratto dalle tre puntate così come è apparso, sotto forma di extra, nel dvd Estate Romana - commedia prodotta da Fandango nel 2000 per la regia di Matteo Garrone, figlio del critico Nico che e’ co-realizzatore con Bartolucci del documentario.

 

Risulta interessante notare l'aporia e la drammatica decadenza di quella che nel documentario viene esaltata come un'età dell'oro della sperimentazione teatrale italiana -  più o meno dall'inizio degli anni Sessanta ai primi anni Ottanta - all'odierna obsolescenza e decadenza di quegli stessi protagonisti che avevano all'epoca proposto il rinnovamento – decadenza che si rende visibile in alcune scene tratte dal film del 2000 e interpolate nel documentario.
E non si tratta solo di una questione di invecchiamento anagrafico, fatto che paradossalmente arriva alla percezione in seconda battuta. Quello che risalta è proprio una sorta di calcificazione e atrofizzazione di alcune pratiche contestatarie che sono state del tutto riassorbite dal sistema oppure - e l'effetto è lo stesso - disinnescate nel loro potenziale alternativo, divenendo esse stesse forme secondarie di routine e di nuova norma.
È interessante anche notare come già all'interno di quella stessa età dell'oro il documentario traccia una sorta di linea frangiflutti percepita dagli stessi protagonisti. Già nel 1980 nella loro percezione si venivano a individuare un prima e un dopo - ovvero almeno due fasi di contestazione del sistema teatro, in netta contrapposizione tra loro. La primissima forma di rottura, costituita dalle esperienze di fuoriuscita delle cantine romane, costituisce infatti per i protagonisti della seconda ondata creativa degli anni Ottanta un sistema esso stesso da mettere in discussione e da ricreare. Le cantine vengono colte in una fase di istituzionalizzazione, cominciata sin dal 1972-73, cosicchè la fuoriuscita, quando avviene, sarà questa volta all'insegna dell'extra-teatrale tout court seguendo il diktat del post-modernismo, in direzione tanto delle periferie culturali e tematiche (quindi non  più il teatro come ambito privilegiato di azione e di riferimento), tanto di quei non-luoghi che si estendono ai confini o all'interno stesso delle diverse città.

 

FackFestival 2013
Venerdi’ 31 maggio h18/20

Cinema S. Biagio (Via Aldini 24)

fackfestival.com
fackfestival.blogspot.com
#fackfestival
info: 338 1889040


 
Angelo Mai Italia Tropici

Angelo Mai Altrove Occupato :: ROMA
5>>6>>7 giugno 2013



Questo posto che è già un altrove di per sé produce e sostiene tre giorni di viaggio nella performance, che sono il numero uno della creazione di un ambiente intricato di formati e tecniche, momentaneo e poliglotta. Un accampamento che non produce territori ma traiettorie, costruito sulla disponibilità degli artisti a ragionare di destinazioni possibili, atteggiamenti corporei e intrichi esotici. Dove andare? Nell’ambasciata di un paese inventato per chiedere asilo? No di certo. Siamo qui per determinare un’instabilità; lavoriamo nel time-specific, ci incrociamo brevemente per saggiare una durata. Quel che conta è avere un appuntamento, i discorsi seguiranno.
Si suppone che lo spazio aiuti a risolvere i conflitti, che la condivisione produca progettualità, che gli artisti si sincronizzino nel gesto di guardare verso un unico paesaggio per quanto fitto e intricato esso sia. Si decide dunque di non fare un festival ma di modellare una coabitazione en plein air.
Anche il malinteso è un luogo possibile di questa prossimità, se lo si guarda come un lapsus necessario per adattare i propri desideri all’ambiente circostante e permettere così ad altro di affiorare. Una volta decontratti, siamo tutti scompostamente nel paesaggio.

"E' certo difficile immaginare quale aspetto prenderanno i giardini per cui è prevista un'esistenza non inscritta in nessuna forma. A mio parere, giardini di questo tipo non dovrebbero essere giudicati sulla base della loro forma, ma piuttosto sulla base della loro capacità di tradurre una certa felicità di esistere". Gilles Clement, Il giardino in movimento


Codice Ivan / Cristian Chironi / Bluemotion / Luna Paese / ZimmerFrei / Lucia Amara / Tony Clifton Circus / Kinkaleri / Francesca Proia / Fabrizio Favale Le Supplici / gruppo nanou / Daniela Cattivelli / Sistemi Dinamici Altamente Instabili / Fosca / Piersandra Di Matteo – Irena Radmanovic – Giacomo Covacich / Muna Mussie / Cosmesi / Elio Castellana / Habillé d’eau / Daniele Spanò / Monica Gentile / Antonio Tagliarini / Tandoorello


 

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PER ALFREDO DE PAZ

PROFESSORE DI METODOLOGIA E CRITICA DELLE ARTI E FENOMENOLOGIA DEGLI STILI NEL DIPARTIMENTO DELLE ARTI, SCOMPARSO IL 12 MAGGIO 2013



Caro Alfredo,
sei stato un grande amico, oltre e prima che un impareggiabile collega, per una vita intera. Ci siamo persi e ritrovati tante volte e ogni volta era come se non ci fossimo mai lasciati.
Ci conoscemmo agli inizi degli anni Settanta, quando entrambi facevamo parte del gruppo di giovani e giovanissimi che Benedetto Marzullo radunò attorno a sé nel momento in cui nacque, per suo impulso, il Dams.
Diventammo subito amici e io potei approfittare in quei primi anni della tua già grande esperienza nel campo delle scienze umane e del pensiero critico. E' grazie a te che familiarizzai per la prima volta con la Scuola di Francoforte: Adorno, Horkheimer, Benjamin soprattutto. E' grazie a te che potetti incontrare allora due figure chiave della cultura bolognese come Roberto Roversi, recentemente scomparso anche lui, e Gianni Scalia. Ricordo che, in particolare, mi aiutasti a pubblicare uno dei miei primi scritti saggistici, riguardante l'Orestea di Luca Ronconi, sulla rivista “Rendiconti”, diretta da Roversi.
Ma è di te che voglio parlare un po'.
Raramente ho conosciuto all'università persone capaci, come te, di una dedizione assoluta all'insegnamento e agli studi: di questi ultimi testimonia il numero impressionante di volumi al tuo attivo; dei primi il numero altrettanto rilevante delle tesi di laurea seguite negli anni e, più ancora, la gratitudine durevole di molte generazioni di studenti.
Eppure, per strano e ingiusto che sia, l'accademia non ti ha mai amato troppo: dai lei hai ricevuto sicuramente più dispiaceri che soddisfazioni o riconoscimenti. Comprensibilmente te ne lagnavi con me talvolta, ma sempre con grande understatement. Mi vien quasi da pensare che forse, a un intellettuale fortemente segnato come te dal Sessantotto, l'essere rimasto un po' ai margini del sistema (nonostante l'ordinariato conseguito troppo tardi) non dispiacesse, sotto sotto; forse lo vedevi come una specie di conferma della tua coerenza.
Probabilmente avevi ragione tu. Non sono queste le cose che contano veramente nella vita di un intellettuale. Vedi, continuo a chiamarti così, piuttosto che “professore”, o “studioso”, perchè credo che questo più di tutto ti sentissi e volessi essere: un intellettuale e quindi un pensatore critico, e anche un dissidente, o almeno un dissenziente, per quanto silenzioso. (Ma te le ricordi quelle incredibili giornate del marzo 1977 in piazza Verdi?).
Che le cose non siano andate come allora speravamo tu ed io, e insieme a noi la “meglio gioventù” di un'intera generazione, beh questo mi pare evidente. Però, almeno nel tuo caso (e spero anche nel mio) non è vero il perfido epitaffio tante volte lanciato contro i dissidenti pentiti: “volevano cambiare il mondo e invece il mondo ha cambiato loro”.
No, nel tuo caso non è stato così. Tu sei rimasto assolutamente fedele, nonostante tutto, alla postura di pensatore critico che ti era stata congeniale fin dall'inizio; semmai declinandola, nel tempo, in direzione di un'etica del lavoro direi quasi calvinista (più ancora che ebraica).
Non che non ci si divertisse con te, al contrario! Sono davvero poche le trattorie e le osterie bolognesi (molte delle quali oggi non esistono più) che non ti abbiano avuto come frequentatore, spesso abituale e affezionato (cito, per tutte, il mitico “Da Vito” dei non meno mitici anni Settanta). Avevi, a dirla tutta, un côté da viveur, o meglio da bon vivant, che non stonava affatto con il tuo profilo di intellettuale rigoroso. E la tua raffinata eleganza nel vestire era proverbiale (a volte mi rimproveravi, giustamente, per un abbigliamento un po' troppo casual).
Quante discussioni durante quelle innumerevoli serate nella nostra città! Parlavamo di tutto e su quasi tutto litigavamo, come si conviene fra veri amici. Mi mancheranno immensamente quelle serate, mi mancheranno quelle lunghe passeggiate sotto i portici e in piazza, mi mancheranno quelle discussioni interminabili.
Addio, amico mio, e scusami se non sono riuscito a starti vicino come avrei voluto in questi ultimi, terribili mesi.


MARCO DE MARINIS


 
ELOGIO DE "LA FOLIA"

Omaggio ad Arcangelo Corelli nel terzo centenario della morte
coreografia Simona Bertozzi
Ravenna :: Teatro Rasi :: mercoledì 12 giugno 2013 h 21


Nel terzo centenario della morte di Arcangelo Corelli, una delle più grandi personalità del Barocco e tra i maestri della tradizione musicale occidentale, la danzatrice, coreografa e performer Simona Bertozzi presenta, nell’ambito della XXIV edizione del Ravenna Festival, al Teatro Rasi mercoledì 12 giugno alle ore 21 la sua coreografia Elogio de “La Folia” su musiche del celebre compositore romagnolo.

L’Elogio de "La Folia" vuol essere un duplice omaggio. Da un lato richiama all'attenzione un tema di danza, molto conosciuto e celebrato durante l’epoca barocca, chiamato appunto “La Follia”; dall’altro celebra il compositore Arcangelo Corelli che, più di ogni altro, contribuì alla diffusione di questo tema.
Il programma si snoda attraverso l’ascolto di alcune delle Sonate per Violino tratte dall’Opera V del compositore fusignate che si alternano armoniosamente con altre composizioni di autori a lui coevi: le “Variazioni sopra la follia”, di Alessandro Scarlatti; la “Sonata dodicesima” di Francesco Maria Veracini, o ancora la composizione “A due bassi” di Bernardo Pasquini che con Scarlatti e Corelli fece parte del primo nucleo di musicisti introdotti nell’Accademia dell’Arcadia nell’anno 1706.
A compimento del percorso musicale, il capolavoro corelliano “La Follia”, composto nel 1700, che ha inserito a pieno titolo nella storia della musica universale questo tema di danza popolare.
L'Ensemble Delfico, che eseguirà le musiche di Corelli, nasce dall'incontro di quattro musicisti italiani - Andrea Vassalle, violino barocco, Federica Bianchi, clavicembalo, Valeria Brunelli, violoncello barocco e Flora Papadopoulos, arpa doppia - che si occupano di musica su strumenti originali e che collaborano con importanti gruppi europei.

Da parte sua, la scrittura coreografica concepita da Simona Bertozzi consegna al dialogo tra i corpi la possibilità di riscrivere il binomio dialettico tra saggezza e follia, rinominando di volta in volta i termini del confronto: ostinazione e fragilità, rigore e trasfigurazione, linearità e frammentazione. Con la serietà e la vertigine di chi si mette in gioco. Un accordo tra regole esecutive e interstizio della visione che ha trovato nell’opera di Corelli il paesaggio sonoro in cui dispiegarsi per rendere omaggio al vigore matematico e alla levità poetica della sua musica. In scena con lei Manfredi Perego, guests Sara Dal Corso e Andrea Sassoli. Progetto luci e scene di Antonio Rinaldi.



www.simonabertozzi.it
www.ravennafestival.org

 
F.A.C.K.2

Forum di Arte e Cultura Kontemporanea :: second edition
Cesena : : 25 maggio>>>2 giugno
concerti / dibattiti / film / incontri / installazioni / laboratori / performance / video


F.A.C.K. e’ una piattaforma, un contenitore temporaneo di idee e pratiche artistiche, autoprodotto e autogestito dagli artisti italiani e stranieri, teorici e tecnici partecipanti.

Questa seconda edizione propone un fitto programma di concerti, dibattiti, film, incontri, installazioni, laboratori, performance e video. Nell’estate 2012 si è tenuto il primo episodio in forma di festival di arti performative e visuali, della durata di venti giorni, a cui fa seguito questo secondo appuntamento.
F.A.C.K. vuole  sperimentare modelli alternativi di organizzazione e produzione nelle arti contemporanee performative e visuali, per interrogarsi riguardo al sistema dell’arte oggi, ai cambiamenti sociali in atto, a come posizionarsi in quanto artisti nella crisi trasversale attuale, sceglie di farlo sia attraverso la pratica artistica che attraverso la discussione.
F.A.C.K. sottolinea il potenziale dell’iniziativa diretta e delle relazioni personali che rendono possibile produrre cultura anche al di fuori dei sistemi ufficiali, innescando dinamiche collaborative differenti rispetto ai meccanismi finanziari e di gestione verticale.

Come Brecht: ci si domanda costantemente se un’opera sia “buona” per il sistema dell’arte, ma ci si chiede davvero se il sistema sia “buono” per l’arte?

 

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