4 edizione - 11.06 | 27.09 Ca’ Colmello – Casa Laboratorio Sassoleone (Bologna)
Spettacoli e concerti (prenotazione obbligatoria)
14 giugno OTHIASOS TEATRONATURA - DEMETRA E PERSEFONE- Spettacolo di narrazione e canti
21 giugno Festa del Solstizio dalle ore 15.00 ROCIO RICO ROMERO - ROCA BASICA - concerto per il Solstizio d'estate
18 luglio MILON MELA - ANANDA LAHARI - Spettacolo di arti performative indiane
29 agosto LA METRALLI - Concerto
27 settembre MASAKI IWANA - LA BELLEZZA NON SI TROVA NELL' ORDINARIO, LA BELLEZZA SI TROVA NEL DISORDINE - Performance di danza Butoh
Workshop residenziali
dall'11 al 13 giugno - SISTA BRAMINI / OTHIASOS TEATRONATURA - Il mito e l'azione narrante dal 12 al 18 luglio - MILON MELA - LA RICERCA DELLE SORGENTI - Arti Performative dall'India dal 29 luglio al 2 agosto - EWA BENESZ - Le pratiche vocali dal 7 al 9 agosto - SILVIA CALDERONI E ILENIA CALEO - Si/Produce/Visioni dal 19 al 21 agosto - OCTAVIA MONACO - Ritratti d'anima dal 4 al 6 settembre - ABBONDANZA/BERTONI - La forma informa dal 22 al 26 settembre - MASAKI IWANA- L'Intensità del Nulla
INFO, PRENOTAZIONI ED ISCRIZIONI: 349 2826958 – 340 7823086 info@babajaga.it www.babajaga.it
* Per gli spettacoli in calanco è obbligatoria la prenotazione (entro 3 giorni prima di ogni appuntamento teatrale). Orario: h.21,00. Costo biglietto: 12 euro (bambini al di sotto dei 12 anni ingresso gratuito). I singoli workshops hanno scadenze d’iscrizioni differenti, costi e modalità d’iscrizione specifiche.
|
TPO (Via Casarini 17/5 – Bologna), 29 maggio 2015 h 19.00
In conclusione della residenza artistica per la creazione della performance Il rimmel dell’Europa cola sui baveri – progetto Et l’Europe alors al TPO e in collaborazione con ZaLab e Macao, una sequenza di eventi (performance, talk, film e incontro) sulle contraddizioni dell'Europa attuale, ambiguamente sospesa tra enunciazione di principi di uguaglianza e pratiche di discriminazione. La collaborazione tra il team internazionale del progetto Et l’Europe alors, il nuovo centro per le arti MACAO - programma NowHere, il TPO di Bologna e ZaLab, collettivo di filmakers che produce documentari sociali, è apparsa in modo naturale ed è un valore specifico dell’evento. Ognuna di queste realtà, lavorando su piani e linguaggi differenti, sta contestualizzando il lavoro artistico in relazione alle problematiche sociali e politiche attuali, interrogandosi allo stesso tempo su modalità di creazione e produzione culturale che abbiano esse stesse una valenza politica. Dal 2011 MACAO sta attuando nuovi modelli di produzione nell’ambito dell’arte contemporanea, attraverso processi partecipati di organizzazione, alimentando una riflessione critica sul rapporto tra arte, società e sistema neoliberista. Il lavoro di ZaLab si concentra sulle marginalità e sui punti di rottura della società globalizzata, quali le migrazioni, l’inadeguatezza delle politiche attuate dagli Stati interessati, la violazione dei diritti delle minoranze, sperimentando la modalità del video partecipativo e della distribuzione civile. Il centro sociale TPO, con le sue pratiche di democrazia diretta e autogestione-autoproduzione, partecipa concretamente alla costruzione di un modello di città giusta e degna, affiancando all'analisi critica delle conseguenze delle politiche neoliberali e di austerity percorsi di reale alternativa, nella direzione di una società dove tutti possano avere diritti e futuro. Et l’Europe alors è un progetto performativo e politico mosso da queste istanze, dedicato a contesti e spazi che stanno sperimentando modelli alternativi di produzione artistica, collegando arte e attivismo.
Programma completo |
Cesena, 1-23 maggio
Consulta il programma. |
Tra gli esponenti della storiografia teatrale italiana o - come l’ha definita egli stesso - della nuova teatrologia, Marco De Marinis (Teramo, 1949) declina un profilo tra i più sfaccettati del panorama nazionale dedicato alle arti della scena. Storico e teorico del teatro, allievo prima di Benedetto Marzullo e poi di Umberto Eco, ha espresso la propria rigorosa originalità critico-metodologica sia attraverso una indefessa attività didattica, in Italia e all’Estero, sia tramite una importante produzione scientifica. Due prospettive complementari che affiancano e compenetrano la promozione e il sostegno della ricerca nei nuovi linguaggi teatrali, incoraggiati da De Marinis attraverso una fervida militanza culturale e grazie alla decennale responsabilità scientifica del Centro La Soffitta (Dipartimento delle Arti - Università di Bologna). Questo volume vuole essere un primo tributo allo studioso in occasione dei suoi 65 anni (e ben 40 di carriera), rovesciando la formula del tradizionale Festschrift, che diventa ora un libro d’artista, o meglio di artisti. Sono più di 30 - tra attori, attrici e registi, gruppi, compagnie e formazioni - gli autori dei contributi qui raccolti, totalmente inediti e scritti ad hoc, accompagnati da un album di immagini, fotografie, bozzetti e disegni anch’essi pubblicati per la prima volta. Gli artisti, variamente legati a De Marinis, si sono avvicendati come saggisti intorno alle loro ultime produzioni, oppure hanno lanciato messaggi, poetici e fulminanti, nella rinnovata forma del manifesto teatrale. I curatori del volume, Fabio Acca e Silvia Mei, allievi di diversa generazione di De Marinis, hanno così frammentato in filigrana un discorso che intreccia le predilezioni tematiche del Maestro, nel solco di una riflessione, oggi inderogabile, sul senso, recto e verso, della Storia.
Contributi di: Ateliersi, Le Belle Bandiere, César Brie, Città di Ebla, Fanny & Alexander, Fortebraccio Teatro, Francesco Galli, Giuseppe Liotta, Danio Manfredini, Marcido Marcidorjs, Menoventi, Claudio Morganti, Enzo Moscato, Vanda Monaco Westerståhl, Motus, Odin Teatret, Moni Ovadia, Rem & Cap, Giuliano Scabia, Socìetas Raffaello Sanzio, Tam Teatromusica, Teatro Akropolis, Théâtre de l’Ange Fou, Teatro del Lemming, Teatro delle Albe, Teatro delle Ariette, Teatro Era, Teatro Ridotto, Teatro Valdoca, Federico Tiezzi, Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards.
|
Firenze, 24 febbraio 2015
Caro Bruno,
è dunque venuto il momento di salutarci – addio, o a rivederci: chissà. Un giorno mi hai detto: Cosa ci portiamo di là? Tutto quello che avevamo di qua.
È dal 1965 che parliamo – da quando hai scritto per "Rinascita" uno dei tuoi saggi più belli a proposito di Zip – e ci hai difeso, Quartucci e me, con grande lungimiranza aprendoti al nuovo. Da allora sei stato un punto di riferimento: quante volte, nel gran mutamento che abbiamo vissuto, di cui siamo stati in parte attori, ti ho chiesto: cosa ne pensi? Dagli sconvolgimenti di Praga alla dissoluzione del socialismo reale e alla metamorfosi e dissoluzione del Partito Comunista Italiano quanti dialoghi, quanti suggerimenti.
C’è là, nel tempo del tuo ritorno a Firenze, a testimoniare il tuo rovello e mutamento, il libro Come se. Un viaggio nella tua vita e militanza. L’ho messo accanto al libro altrettanto bello di Ottavio Cecchi, Memorie dell’autoinganno. Rivoluzione, utopia, riforme, via italiana, socialismo. Un giorno, mentre parlavamo di Praga 1968 e Budapest 1956 (tremenda inciampatura del PCI) tu dicesti: "Dovevamo partire dal 1953, dalla rivolta degli operai di Berlino contro i burocrati": quella rivolta a cui aveva aderito all’inizio anche Brecht col Berliner Ensemble. Ricominciare da lì. Ecco le svolte del PCI, tutte coraggiose, ma tutte sempre in ritardo. E quell’ingannevole doppio binario. E l’eroismo della base, il sogno di una società onesta e giusta, il sogno della rivoluzione e la pratica quotidiana del riformismo. Alla fine il dissidio è deflagrato. Che straordinario lettore sei stato – non solo di Proust e Stendhal, ma di Pavese e Fenoglio, di Bilenchi e Testori, di Pasolini e Gadda – e lucido accompagnatore della grande stagione del teatro italiano – da Strehler a Visconti, Squarzina, Pandolfi fino al Nuovo Teatro, al Living, Ronconi, Quartucci, Bene – fino a noi. Hai letto tutto quello che ho pubblicato – proprio tutto (e a volte i manoscritti, quando ti chiedevo consigli prima della stampa) – e ne hai scritto con profondità, collocando la poesia nel teatro e il teatro nella poesia – e poesia e teatro nel racconto. Pochi hanno capito il mio mondo come te – collegando Nane Oca a Zip, Lorenzo il violoncellista a Opera della notte, i Canti del guardare lontano al Teatro Vagante e all’utopia della musica. Ecco, credo che tu sia stato, con estrema umiltà, sempre militante, sempre attentissimo alla temperatura della polis, una delle una delle menti critiche più lucide della cultura italiana. Ne fanno fede le tue traduzioni, il tuo lavorio all’"Unità" e "Rinascita"/"Il Contemporaneo", i tuoi articoli e saggi, le tue scelte problematiche, sempre motivate. Proprio ieri sono andato alla messa per Luca Ronconi: quanto abbiamo parlato del suo lavoro. Anche se di teatro non scrivevi più, non so se per delusione o stanchezza (per fortuna che ti ho convinto in tempo a raccogliere i tuoi saggi nel bellissimo Il critico errante) – eri pur sempre attentissimo a ciò che sopravveniva. Certo, eri legato alla formazione degli Stabili, alla stima profonda per i grandi di allora – e forse con la loro scomparsa ti sei sentito fuori scena. Ma fuori scena non sei stato mai. Sia perché la tua prodigiosa memoria rimetteva sempre in scena tutto ciò che hai vissuto, gli anni di Fiume, l’Università di Padova e poi di Firenze, la Resistenza, il Nuovo "Corriere" con Bilenchi e il lavoro nel Partito – sia perché mai hai smesso di batterti, fino all’ultimo giorno. Alla ricerca, sempre, del sentiero civile al servizio dell’uomo, in qualunque frangente e situazione: come se, appunto. Ecco, eri in scena con la mutilazione che hai accettato, e hai lottato fino all’ultimo, da comunista – con la resistenza dei comunisti – i rari veri comunisti. Ti ho ammirato e ti ammiro. Ci hai dato una lezione di vita e di amore alla vita, all’intelligenza, insieme a tua figlia e a Marco, ai tuoi nipoti e a Juan Carlos che ti ha seguito in questi anni. Da parte di tutti una lezione di familiarità, amicizia, sevizio. Ti abbraccio
Giuliano Scabia |
di Claudio Longhi
Con la sobria discrezione e il riserbo che lo hanno caratterizzato per tutta la vita, lo scorso sabato 21 febbraio, Luca Ronconi ci ha lasciato. Era nato a Susa, in Tunisia, l’8 marzo 1933: tra qualche giorno avrebbe compiuto ottantadue anni. Ottantadue anni folli, frenetici, visionari, spesi, per lo più, e soprattutto fino all’ultimo, in palcoscenico, pardon: in teatro – perché spesso il palcoscenico gli andava un po’ stretto… All’inizio qualche incertezza. Dopo il folgorante passaggio all’Accademia Silvio d’Amico – diplomato in soli due anni contro i tre richiesti dal cursus studiorum –, una brillante stagione da attore sotto la guida di grandi nomi – da Squarzina a Orazio Costa, da De Lullo ad Antonioni. Molti i consensi per il giovane timido – che, al suo esordio professionale, sul finale di Tre quarti di luna (1953), nelle vesti di Mauro Bartoli, proprio diretto da Squarzina, pugnalava il preside Piana interpretato da Vittorio Gassman –, ma, a fronte dei tributi di stima, una sorda insofferenza, un disagio profondo, un rifiuto di certi meccanismi teatrali avvertiti come asfittici. Poi qualche rapida sortita nel campo della drammaturgia, rimasta, però, allo stadio di esperimento. Quindi una prima falsa partenza da regista: correva l’anno 1963 e Luca dirige per la compagnia Gravina-Occhini-Pani-Ronconi-Volonté La buona moglie – silloge di due commedie goldoniane: La putta onorata e La buona moglie –, spettacolo amaro e cupissimo, scomodo e violento, che prende bruscamente le distanze dalle trinoline e dai nèi settecenteschi, così come dall’arioso realismo alla Morandi della Locandiera di Visconti. Un fiasco clamoroso: così inappellabile da tenere Ronconi lontano dalle scene per quasi due anni. Infine, dopo un ennesimo tentativo – la regia del Nemico di se stesso ad Ostia antica nel luglio del ’65 –, l’incontro con la propria stella. Nell’estate del 1966, al Palazzo Ducale di Urbino, debuttano I Lunatici; per la (buona) società teatrale dei ruggenti anni Sessanta è uno shock, questa volta, però, salutare. Dal Goldoni noir di inizio decennio, i tempi sono cambiati. Di fronte al contorto gesticolare degli attori, alla cacofonica spezzatura della loro dizione, metafore dell’umana follia, si scomoda Artaud e il suo “teatro della crudeltà” e Ronconi è subito salutato come il nuovo enfant terrible del nostro teatro.
|
Leggi tutto...
|
|
Sette residenze per la ricerca teatrale
Il TEATRO DEL LEMMING individua nella residenza la forma corretta ed ideale per ospitare, programmare e documentare processi di lavoro nell’ambito della ricerca teatrale. Per questo organizza tra febbraio e giugno 2015, un ciclo di residenze aperto a sette gruppi o ad artisti della ricerca teatrale.
Per ricerca teatrale si intende non un sottogenere teatrale ma la proposta di un lavoro che realizzi una reale sperimentazione sulla drammaturgia (intesa come scrittura scenica), sull’attore, sullo spettatore e sullo spazio teatrale. In altre parole tutto quel teatro, non convenzionale, che persegue:
- l’autonomia del linguaggio scenico dal testo teatrale;
- la ridefinizione dello spazio scenico;
- la riformulazione della presenza e dello sguardo dello spettatore;
- un lavoro originale sull’attore;
- un legame che unisce gli attori al progetto del gruppo;
- un processo e tempi di lavoro che consentano una reale ricerca.
Il progetto di residenza può essere costituito dalla presentazione di uno più spettacoli, da un periodo di prove o di laboratorio o da tutte queste cose insieme.
Si raccolgono proposte di partecipazione formate esclusivamente da una relazione scritta con il proprio programma di residenza e una documentazione video – meglio se attraverso link a materiale on line – del proprio recente lavoro.
Ogni gruppo o artista selezionato sarà ospitato in residenza una settimana al Teatro Studio di Rovigo. Il Teatro del Lemming garantirà agli artisti selezionati l'assistenza tecnica e logistica ed un cachet da concordare. Inoltre il Teatro del Lemming offrirà tutte le indicazioni necessarie per l’organizzazione dell’alloggio degli artisti in residenza.
L'artista o gruppo selezionato dovrà necessariamente pensare ad una forma di restituzione del proprio lavoro da presentare al pubblico della città.
Be@home intende aprirsi a più generazioni teatrali, mettendo in relazione giovani gruppi con maestri della scena nazionale ed internazionale.
Nel solco di quanto premesso sopra, la selezione avrà come criterio quello dettato dal riconoscimento di una forma di espressione compiuta e da una innovativa idea di teatro. L'esito della selezione sarà reso noto in tutti i casi.
Tutte le proposte dovranno pervenire entro il 31 gennaio 2015 a
Teatro del Lemming Viale Oroboni, 14 – 45100 Rovigo; infolemming@teatrodellemming.com
English version
|
Sette residenze per la ricerca teatrale
Il TEATRO DEL LEMMING individua nella residenza la forma corretta ed ideale per ospitare, programmare e documentare processi di lavoro nell’ambito della ricerca teatrale. Per questo organizza tra febbraio e giugno 2015, un ciclo di residenze aperto a sette gruppi o ad artisti della ricerca teatrale.
Per ricerca teatrale si intende non un sottogenere teatrale ma la proposta di un lavoro che realizzi una reale sperimentazione sulla drammaturgia (intesa come scrittura scenica), sull’attore, sullo spettatore e sullo spazio teatrale. In altre parole tutto quel teatro, non convenzionale, che persegue:
- l’autonomia del linguaggio scenico dal testo teatrale;
- la ridefinizione dello spazio scenico;
- la riformulazione della presenza e dello sguardo dello spettatore;
- un lavoro originale sull’attore;
- un legame che unisce gli attori al progetto del gruppo;
- un processo e tempi di lavoro che consentano una reale ricerca.
Il progetto di residenza può essere costituito dalla presentazione di uno più spettacoli, da un periodo di prove o di laboratorio o da tutte queste cose insieme.
Si raccolgono proposte di partecipazione formate esclusivamente da una relazione scritta con il proprio programma di residenza e una documentazione video – meglio se attraverso link a materiale on line – del proprio recente lavoro.
Ogni gruppo o artista selezionato sarà ospitato in residenza una settimana al Teatro Studio di Rovigo. Il Teatro del Lemming garantirà agli artisti selezionati l'assistenza tecnica e logistica ed un cachet da concordare. Inoltre il Teatro del Lemming offrirà tutte le indicazioni necessarie per l’organizzazione dell’alloggio degli artisti in residenza.
L'artista o gruppo selezionato dovrà necessariamente pensare ad una forma di restituzione del proprio lavoro da presentare al pubblico della città.
Be@home intende aprirsi a più generazioni teatrali, mettendo in relazione giovani gruppi con maestri della scena nazionale ed internazionale.
Nel solco di quanto premesso sopra, la selezione avrà come criterio quello dettato dal riconoscimento di una forma di espressione compiuta e da una innovativa idea di teatro. L'esito della selezione sarà reso noto in tutti i casi.
Tutte le proposte dovranno pervenire entro il 31 gennaio 2015 a
Teatro del Lemming Viale Oroboni, 14 – 45100 Rovigo; infolemming@teatrodellemming.com
English version |
Cagliari, 11 dicembre 2014 - 31 gennaio 2015
KyberTeatro – Soc. Coop. L’Aquilone di Viviana
Tel: + 39 070 8607175 Mob: + 39 346 6267735
info@kyberteatro.it
fb: www.facebook.com/kyberteatro
|
Lettera inviata lo scorso 18 novembre e non ancora pubblicata.
Caro Direttore,
leggo in ritardo l'articolo a firma di Corrado Zunino apparso sulla "Repubblica" dell'11 novembre scorso a p. 25, dove il corso di laurea magistrale “Discipline dello spettacolo dal vivo” dell'Università di Bologna, di cui sono da anni il coordinatore, viene citato ripetutamente e con forte evidenza come un esempio emblematico dei “corsi più bizzarri” che a suo dire ancora affollerebbero l'offerta didattica degli atenei italiani, nonostante la scure della legge Gelmini e della spending review.
C'è da restare sconcertati, a dir poco, per la superficialità e la malevolenza che sembrano animare l'articolista. Ma lo sappiamo, indignarsi un tanto al chilo contro le presunte malefatte degli universitari, e in particolare dei famigerati “baroni”, è oggi un esercizio facile, che funziona sempre nel nostro Paese. Basta sparare nel mucchio senza nemmeno il bisogno di informarsi e documentarsi decentemente. Se l'autore dell'articolo lo avesse fatto, avrebbe scoperto ad esempio che quello che, chissà perchè, gli sembra un “titolo strano”, “non proprio canonico” (così insiste nella breve intervista al prof. Fiorentini, prorettore alla didattica nel nostro ateneo, che completa la pagina in questione), cioè appunto “Discipline dello spettacolo dal vivo”, utilizza semplicemente la dicitura ministeriale che raggruppa insieme teatro di prosa, teatro lirico e balletto, distinguendoli dalle varie forme di spettacolo riprodotto (cinema, televisione, etc.). Per altro, si tratta di formula molto diffusa nell'Europa francofona, dove si incontrano di frequente master, cioè lauree magistrali, e dottorati in “spectacle vivant”, mentre in area anglosassone si preferisce parlare di “performing arts”.
Insomma, in buona sostanza stiamo parlando di “teatro”; tant'è vero che il corso di laurea incriminato recentemente ha deciso di fondersi con quello di “Discipline della musica” per dar vita, a partire dall'anno accademico appena iniziato, a una laurea magistrale interclasse chiamata “Discipline del teatro e della musica”. Spero che questo tranquillizzi Zunino. Se invece, al di là delle diciture, il problema, come un altro passaggio dell'articolo indurrebbe a sospettare, per lui sta proprio nel fatto che si dedichi un percorso di specializzazione universitaria al teatro, cioè a un qualcosa tutto sommato di frivolo e poco degno, beh allora conviene che Zunino si rassegni: si tratta di una roba che esiste da oltre 2500 anni, che ha avuto un ruolo importante nella costruzione dei fondamenti della nostra civiltà (ha presenti Eschilo e Sofocle, Shakespeare e Molière, Goldoni e Brecht?) e che credo continuerà a esistere ancora per molto tempo, perchè legata a bisogni profondi dell'essere umano, come già Aristotele aveva capito e le neuroscienze oggi confermano.
Ma senza volare troppo alto (non mi sembra proprio il caso), il teatro italiano di oggi, che si e ci illustra con nomi di compagnie e di registi che tutto il mondo ci invidia (da Luca Ronconi a Romeo Castellucci, da Toni Servillo a Moni Ovadia e a Pippo Delbono, da Emma Dante ad Ascanio Celestini, da Marco Martinelli a Scimone e Sframeli, per non citarne che alcuni), nonostante i problemi e le difficoltà, rappresenta un settore vitale della nostra cultura, che occupa decine di migliaia di persone, e alcune di queste, guarda un po', provengono proprio dai nostri corsi di studio “bizzarri” ed “eccentrici”.
Con i migliori saluti,
Marco De Marinis Università di Bologna
|
STELE DI ROSETTA. La leggibilità dell’opera d’arte
Cesena / Teatro Comandini, 5-10 Dicembre 2014
Màntica, il festival di ricerca teatrale e musicale diretto da Chiara Guidi, giunto alla sua settima edizione, quest’anno converte il proprio scopo e cancella la parola “festival”. Orienta le sue giornate dal punto di vista della platea, e crea un luogo dove l’opera d’arte diventi leggibile, al di là delle apparenze dei sensi e al di qua di una spiegazione completa e esaustiva. Il richiamo alla Stele di Rosetta allude alle incisioni su pietra che hanno concesso al mondo moderno la comprensione della scrittura egizia, e dunque simbolo di traduzione, e d’interpretazione di un universo fino a quel momento aperto soltanto alla suggestione visiva e all’immaginazione. Con questa edizione di Màntica Chiara Guidi vuole gettare le basi per un Osservatorio sperimentale, basato sulla sua ricerca, ma aperto a molti contributi esterni e internazionali.
Chiara Guidi, Macbeth su Macbeth su Macbeth (fonte: Socìetas Raffaello Sanzio)
Chiara Guidi, ideatrice di questo osservatorio, ha invitato alcuni interpreti, studiosi, critici e curatori, che, a loro volta, hanno chiamato artisti con i quali tessere questo confronto. La maggior parte degli artisti chiamati da questi curatori propongono una “visitazione” del loro lavoro attraverso un laboratorio, o un incontro, o prove aperte. Lucia Amara, teorica del teatro; Giovanni Leghissa, filosofo ed epistemologo, Sonia Massai, studiosa di letteratura inglese ed esperta di teatro shakespeariano, Simone Menegoi, critico e curatore d’arte; Sandro Pascucci, filosofo di estetica della musica; Enrico Pitozzi, teorico della corporeità e del movimento, saranno i protagonisti di Màntica. La specificità del loro lavoro consiste nel fronteggiare l’opera d’arte attraverso un linguaggio vagliato, cioè con parole scelte attentamente per proseguire e “completare” l’opera d’arte, e non già quella di mediare la sua complessità. Questi “discorsi sull’arte” saranno “detti” davanti al pubblico e anche davanti agli artisti in forma apertamente dialogica. Gli spettatori e gli artisti che vogliano entrare nella discussione della lettura dell’opera, avranno modo di porre questioni e idee. Fra gli artisti invitati, i coreografi Maria Donata D'Urso e Alessandro Bedosti, l'artista visivo e performer Italo Zuffi, i musicisti Daniele Roccato e Fabrizio Ottaviucci, la compagnia Dewey Dell, mentre Chiara Guidi propone le ultime produzioni, la performance per le biblioteche storiche Nuvole. Casa da Elfriede Jelinek, e Macbeth su Macbeth su Macbeth. Uno studio per la mano sinistra dall'opera di William Shakespeare. Claudia Castellucci presenta inoltre Setta. Scuola di tecnica drammatica, in uscita per Quodlibet nel gennaio 2015.
Informazioni: Socìetas Raffaello Sanzio Corte del Volontariato, 22 47521 Cesena - Italy tel. +39.0547.25566 – fax +39.0547.25560 www.raffaellosanzio.org info@raffaellosanzio.org
|
|
|