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LETTERA A REPUBBLICA

Lettera inviata lo scorso 18 novembre e non ancora pubblicata.

 


Caro Direttore,

 

leggo in ritardo l'articolo a firma di Corrado Zunino apparso sulla "Repubblica" dell'11 novembre scorso a p. 25, dove il corso di laurea magistrale “Discipline dello spettacolo dal vivo” dell'Università di Bologna, di cui sono da anni il coordinatore, viene citato ripetutamente e con forte evidenza come un esempio emblematico dei “corsi più bizzarri” che a suo dire ancora affollerebbero l'offerta didattica degli atenei italiani, nonostante la scure della legge Gelmini e della spending review.

C'è da restare sconcertati, a dir poco, per la superficialità e la malevolenza che sembrano animare l'articolista. Ma lo sappiamo, indignarsi un tanto al chilo contro le presunte malefatte degli universitari, e in particolare dei famigerati “baroni”, è oggi un esercizio facile, che funziona sempre nel nostro Paese. Basta sparare nel mucchio senza nemmeno il bisogno di informarsi e documentarsi decentemente. Se l'autore dell'articolo lo avesse fatto, avrebbe scoperto ad esempio che quello che, chissà perchè, gli sembra un “titolo strano”, “non  proprio canonico” (così insiste nella breve intervista al prof. Fiorentini, prorettore alla didattica nel nostro ateneo, che completa la pagina in questione), cioè appunto “Discipline dello spettacolo dal vivo”, utilizza semplicemente la dicitura ministeriale che raggruppa insieme teatro di prosa, teatro lirico e balletto, distinguendoli dalle varie forme di spettacolo riprodotto (cinema, televisione, etc.). Per altro, si tratta di formula molto diffusa nell'Europa francofona, dove si incontrano  di frequente master, cioè lauree magistrali, e dottorati in “spectacle vivant”, mentre in area anglosassone si preferisce parlare di “performing arts”.

Insomma, in buona sostanza stiamo parlando di “teatro”; tant'è vero che il corso di laurea incriminato recentemente ha deciso di fondersi con quello di “Discipline della musica” per dar vita, a partire dall'anno accademico appena iniziato, a una laurea magistrale interclasse chiamata “Discipline del teatro e della musica”. Spero che questo tranquillizzi Zunino. Se invece, al di là delle diciture, il problema, come un altro passaggio dell'articolo indurrebbe a sospettare, per lui sta proprio nel fatto che si dedichi un percorso di specializzazione universitaria al teatro, cioè a un qualcosa tutto sommato di frivolo e poco degno,  beh allora conviene che Zunino si rassegni: si tratta di una roba che esiste da oltre 2500 anni, che ha avuto un ruolo importante nella costruzione dei fondamenti della nostra civiltà (ha presenti Eschilo e Sofocle, Shakespeare e Molière, Goldoni e Brecht?) e che credo  continuerà a esistere ancora per molto tempo, perchè legata a bisogni profondi dell'essere umano, come già Aristotele aveva capito e le neuroscienze oggi confermano.

Ma senza volare troppo alto (non mi sembra proprio il caso), il teatro italiano di oggi, che si e ci illustra con nomi di compagnie e di registi che tutto il mondo ci invidia (da Luca Ronconi a Romeo Castellucci, da Toni Servillo a Moni Ovadia e a Pippo Delbono, da Emma Dante ad Ascanio Celestini, da Marco Martinelli a Scimone e Sframeli, per non citarne che alcuni), nonostante i problemi e le difficoltà, rappresenta un settore vitale della nostra cultura, che occupa decine di migliaia di persone, e alcune di queste, guarda un po',  provengono proprio dai nostri corsi di studio “bizzarri” ed “eccentrici”.

Con i migliori saluti,

Marco De Marinis
Università di Bologna

 
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