Socìetas Raffaello Sanzio |
L’ultima volta che vidi mio padre L’ultima volta che vidi mio padre porta a compimento un processo di ideazione e ricerca biennale che mette in stretta relazione l’arte della recitazione con quella del disegno animato e con la usica. Mentre la tecnologia acustica avrà il compito di trasformare la voce facendole conquistare gradi espressivi estremamente ampi, quella elettronica del video si incaricherà di immettere sulla scena luci e disegni animati che affiancheranno le vive presenze degli attori. “In ogni disegno il tratto dell’artista, come una vera e propria voce, si nasconde nel furore dell’abbozzo e dà vita a un racconto. Quel racconto è senza storia, ma fa intravedere le forme e i loro agglomerati attraverso quell’unico e rapido movimento della mano. Migliaia di disegni sono il punto di avvio di questo lavoro e un disegno animato è posto al centro del palco, mentre timbri e toni di voce, raccolti uno ad uno in una lunga perlustrazione, si innervano nell’animazione, volgendo il racconto alla struttura della fiaba, in cerca delle tonalità emotive tipiche dell’ascolto di una narrazione orale. Attraverso passaggi e interruzioni, travasati dal disegno alla voce, le immagini, guidate da una pulsione mitologica, dirigono la scena come una notazione musicale, il segno grafico di una partitura che l’orecchio del musicista riesce a convertire in forme, e le voci delle attrici interpretano come un testo dentro la voce più che una voce dentro a un testo”. (Chiara Guidi)
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