UN RICORDO DI CLAUDIO MELDOLESI |
di Marco De Marinis![]() Pur non avendo preso parte all’avventura del Dams delle origini, il suo contributo alla crescita di questo corso di laurea dagli anni Ottanta in poi è stato inestimabile. Basterà ricordare che proprio a lui, oltre che al compianto Fabrizio Cruciani (amico fraterno proveniente anch’egli dalla scuola romana di Giovanni Macchia), si deve l’acquisizione degli spazi dell’ex Teatro La Soffitta, in via D’Azeglio, nella seconda metà degli anni Ottanta; salto di qualità decisivo per un corso di laurea che aveva sempre cercato di individuare il suo innovativo specifico nel nesso stretto fra studi teorici ed esperienze pratiche, tuttavia non riuscendo fino ad allora, se non a tratti e sempre fortunosamente, a trovare soluzioni logistiche adeguate alle esigenze operative di centinaia e centinaia di studenti (in quegli anni gli iscritti al nostro Dams crescono esponenzialmente, e continueranno a farlo fino ad oltre la metà del decennio successivo). L’acquisizione dello stabile di via D’Azeglio permise di dar vita (sempre per iniziativa di Claudio Meldolesi e Fabrizio Cruciani, a cui vanno aggiunti il Rettore dell’epoca, Fabio Roversi Monaco, e Lamberto Trezzini, docente del nostro Dipartimento) al Centro di Promozione Teatrale, Cinematografica e Musicale “La Soffitta”, che si sarebbe imposto negli anni (con la direzione di Trezzini) come una delle realtà più vive della scena bolognese, e non soltanto, punto di riferimento prezioso per le esperienze artistiche più anomale e innovative. Il contributo che Meldolesi ha dato alla cultura teatrale a Bologna, da docente del Dams, studioso e operatore, non è certamente riassumibile in poche righe (e ci saranno altre sedi per farlo più distesamente). Mi limito a ricordare il sodalizio intessuto con due personalità eminenti del nuovo teatro italiano e internazionale, come Eugenio Barba e Leo de Berardinis. Il legame, coltivato negli anni, con Barba, fondatore e direttore del celebre Odin Teatret, consentì a Meldolesi di contribuire alla scelta di Bologna come sede di una sessione della prestigiosa ISTA, l’International School of Theatre Anthropology, nella primavera-estate del 1990. Sempre con la complicità di Roversi Monaco, Meldolesi promosse anche la nascita di una Università del Teatro Eurasiano, che purtroppo non riuscì ad avere il seguito sperato (ma non certo per sua responsabilità). In quarant’anni di attività, il suo tempo di lavoro (del resto inscindibile in lui dal tempo di vita, come lo è o dovrebbe esserlo la passione dal dovere, e gli ideali dalle necessità) è stato sempre diviso tra lo scrittoio e i luoghi dell’arte, fra la pagina scritta e l’impegno ininterrotto per capire, appoggiare, aiutare -ma anche stimolare criticamente, se necessario- gli artisti teatrali, compresi i giovani alle prime armi. Compagno di strada, lo ripetono in molti in queste ore, nel senso migliore del termine, con straordinaria generosità, al limite della dissipazione. E i suoi studi, i suoi libri, lungi dal risentirne, traevano da questo impegno ininterrotto una linfa, un’energia che li rendeva immediatamente riconoscibili. Naturalmente si trattava (si tratta) di ricerche sempre rigorosamente fondate sul piano documentario e filologico, per giunta provviste del lievito di una scrittura intrigante, a tratti avvincente e capace di continui spiazzamenti. Ma il qualcosa in più, il tratto indiscutibilmente suo, meldolesiano, veniva soprattutto da questo continuo, anche se non dogmatico, riversarsi sulla pagina di una visione, di una convinzione, di un impegno, di una militanza. Entrato giovanissimo alla Silvio d’Amico per diventare attore, all’attore, e soprattutto a quelli fra loro qualificabili come artisti, Meldolesi ha rivolto gran parte del suo impegno di studioso: ne sono una prova le monografie dedicate agli Sticotti, famiglia di attori italiani nel ‘700, a Gustavo Modena, capostipite del Grande Attore ottocentesco, e a Dario Fo. Ma negli studi maturi, quelli del lungo periodo bolognese, dalla fine degli anni Settanta a oggi, questo interesse mai venuto meno per l’attore si intreccia più profondamente, e organicamente, con gli studi di drammaturgia (disciplina che ha insegnato da noi per decenni) e con quelli sulla regia. Ne risultano quattro opere, che non esito a definire quattro capolavori, ciascuno nel loro “genere”, quattro picchi della nuova teatrologia italiana (che Meldolesi, come si ricordava all’inizio, ha contribuito a fondare). Parlo di Fondamenti del teatro italiano (1984); Fra Totò e Gadda, Brecht regista (1989), con la collaborazione di Laura Olivi; e Il lavoro del Dramaturg (2007), scritto con Renata Molinari. Tutte le riviste teatrali italiane, note e meno note, hanno ospitato suoi interventi (a conferma della generosa militanza cui si accennava sopra), ma va ricordato, in particolare, che Meldolesi è stato fra i fondatori della prestigiosa “Teatro e Storia” nel 1986 e, dal 1999, ha diretto (con l’aiuto di Gerardo Guccini) “Prove di Drammaturgia”, uno dei periodici pubblicati dal nostro Dipartimento. Ci mancherai tantissimo Claudio, ma il tuo lavoro e il tuo insegnamento restano e saranno di aiuto non solo per i tanti che ti hanno conosciuto, stimato e amato, come studenti, colleghi o artisti, ma anche e soprattutto per i tantissimi che verranno: studenti, studiosi, artisti del futuro. Marco De Marinis
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