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RECENSIONE

Alla Meta | Teatrino giullare
Alchimia della Villeggiatura
di Stefano Serri
Soffitta|Arena del Sole - Manovriamo le parole cercando qualcosa: mescoliamo, scaldiamo, distruggiamo a volte, sempre amando i nostri scarti. Che l’interpretazione sia un atto alchemico lo diceva Walter Benjamin in modo esemplare; ma il risultato di questo operare non è certo sempre e solo oro. Capita anche in teatro di amare più il risultato informe, lo stato intermedio di elementi ancora in potenza, piuttosto che il loro risultato. Rimaniamo ammirati di fronte a certe variazioni inorganiche.

Altre volte, la coerenza di uno spettacolo e la sua necessità colpiscono, non solo come una reazione chimica ben riuscita: ci sembra di essere noi parte degli elementi della reazione. Così, in Alla meta di Thomas Bernhard portato in scena da Teatrino Giullare, il pubblico riceve una viva sfida dal blocco oscuro e rigido che abbiamo di fronte tra testo e rappresentazione.
La Madre e la Figlia si preparano, come tutti gli anni, per la vacanza nella casa al mare; l’unica novità è che ad accompagnarle, quest’anno, sarà un uomo famoso che appena conoscono personalmente: uno Scrittore di teatro. Se la prima parte del dramma si concentra sulla preparazione del baule per il viaggio, la seconda ci porta al mare, a Katwijk. Non siamo certo nella proustiana Balbec, non ci sono fanciulle in fiore né incontri che segnano la vita: qui nessuno prende una strada diversa, quella che porta fuori dal cerchio gelido e infernale della ripetizione. Come la malattia in Perturbamento, così il teatro in Alla meta ha bisogno di qualcuno che lo descriva e lo viva “dal di fuori”, lo Scrittore, e di qualcuno che, monologante, faccia emergere le contraddizioni che nascono dal restare in una condizione. La Madre trova assurdo e inutile il teatro; “odiamo anche Shakespeare”, dice, mentre elenca le decadenti convenzioni teatrali; ma il suo monologo è possibile solo in una logica drammatica. Si percepisce, in questo testo di Bernhard, quasi un congelamento: un inferno freddo come quello altrettanto materno e opprimente di Strindberg, dove i padri e i mariti sono assenti e continuamente rievocati, non sempre con affetto; ma qui nessuna fiammata finale viene a liberarci. In villeggiatura, madre e figlia ascoltano sempre il Bolero di Ravel: una partitura, basata su variazioni puramente timbriche di due motivi ripetuti fissamente identici a se stessi, che sembra la giusta musica delle sfere di un universo vecchio e fermo.
La scelta interpretativa di Teatrino Giullare, che ha meritato al gruppo il premio speciale Ubu 2006 per la profondità di esplorazione dei classici contemporanei, continua a coniugare il lavoro su grandi testi della drammaturgia alla ricerca di un attore artificiale. Se la Madre rappresenta una sintesi tra il corpo vivo dell’attrice e l’inorganico (la maschera grottesca, la mano di legno), la Figlia è un vero e proprio manichino, manovrato invisibilmente o apertamente dalla stessa madre. Anche lo scrittore, libero di muoversi e di tentare inutilmente la fuga, porta una pesante maschera che lo sfigura. Siamo in un mondo di marionette svuotate da ogni grazia. L’esistenza della protagonista si riassume nella lunga serie di abiti che la Figlia riordina, preleva dalle grucce, inserisce nel grande baule al centro della scena; il suo regno è invece una poltrona che si trasforma in sedia sdraio nella seconda parte: cambia il supporto, ma l’immobilità rimane. Un piccolo faro, lento e regolare, proietta sulla scena il trapassare del tempo.
Cosa si nasconde sotto questo ben congegnato meccanismo? “Quando in superficie tutto è calmo / allora dentro di noi accade di certo / qualcosa di altamente drammatico” dice la Madre. Molti strati di materia cercano di restituire una scintilla viva. Il testo, l’interpretazione soffocata, la scena rigida sembrano ribadire: tutto è nigredo, tutto è materia allo stato oscuro; nello spettatore si accende allora questa attesa dell’oro, che rende necessario il tempo speso nel mare del teatro.

Stefano Serri


Teatrino Giullare
Alla Meta
La Soffitta| Arena del Sole
12>14 Marzo 2009



Recensione pubblicata in collaborazione con SOS Teatro

Second Open Space Teatro presenta la seconda edizione bloggistica del laboratorio di scrittura critica focalizzato sugli eventi della stagione 2009 del Centro di promozione teatrale La Soffitta e anche su altri appuntamenti scenici.
S.O.S. come acronimo di Second Open Space, imperiodico foglio online scritto da studenti della Laurea Specialistica in Discipline Teatrali dell'Università di Bologna, che si cimentano con l'analisi e il racconto dello spettacolo, sotto la guida di Massimo Marino.

Link:

http://www.teatrinogiullare.it
http://www.muspe.unibo.it/soffitta/2009/teatro/teatrino_giulliare.htm
http://www.sosteatro.blogspot.com

 

 
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