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Kinkaleri
nasce nel 1995 come raggruppamento di formati e mezzi in bilico nel tentativo. I sei componenti si incontrano, unendo le loro esperienze e studi precedenti maturati in vari campi, con l’intenzione di realizzare dei progetti specifici, sollecitando quindi la volontà di operare intorno a delle idee concrete e curando sempre tutti gli aspetti necessari alle creazioni della propria attività: progettazione, ideazione, drammaturgia, distribuzione, gestione. I lavori di Kinkaleri hanno ricevuto ospitalità in numerose programmazioni ibride di genere, trovando un importante riconoscimento sulla scena della ricerca italiana e soprattutto estera.
La struttura assolutamente originale, sia dal punto di vista organizzativo che per la particolare produzione artistica, fornisce le coordinate essenziali alla volontà di lavoro che la spinge: mettere in tensione il rapporto rappresentativo tra l’oggetto e l’ambito a cui si riferisce (o dovrebbe riferirsi). Tutte le produzioni hanno pertanto sempre avuto quella trasversalità di segni che in ambito contemporaneo stanno progressivamente mettendo in crisi la fruizione della rappresentazione: un linguaggio che impasta le lingue e le rende straniere a se stesse per poi ridefinirsi in altro luogo. La ricerca è sempre stata quindi indirizzata verso una qualità del fare che privilegia l’innovazione, l’interazione tra linguaggi originali attraverso la sperimentazione di diverse modalità di esposizione.
Per questa sua natura, l’andamento produttivo di Kinkaleri da sempre ha trovato un proprio sviluppo attraverso itinerari diversificati – spettacoli, performance, installazioni, produzioni video, sonorizzazioni, allestimenti, pubblicazioni - con ospitalità in musei d’arte contemporanea, teatri, festival, rassegne di danza e di teatro, rassegne e concorsi video, installazioni sonore, discoteche, produzioni televisive.
kinkaleri neroneIl gruppo è formato da: Matteo Bambi, Luca Camilletti, Massimo Conti, Marco Mazzoni, Gina Monaco, Cristina Rizzo. Oltre a spettacoli realizza diversi progetti installativi e performativi in situazioni e spazi specifici con cui si relaziona di volta in volta. Amras (1995) ridestruttura la parola nella frase infinita di Thomas Bernhard e l'inadeguatezza dello stare in continuo vacillamento sospeso; Doom (1996) fa implodere la scomposizione molecolare dei corpi in un abbagliante cubo bianco che è forza centripeta di microsistemi tra scienza pornografica, passatempo clinico-medico, Beckett, Bacon; Super (1997) immerge la temperatura nella sospensione masochista attraversata da onde controllatissime in costante attesa; 1.9cc GLX (1998) grammatizza lo spazio, la visione, l'ascolto e il perimetro dello pseudonimo in contatto con le avventure di Pinocchio, incondizionatamente orfano nel labirinto evocativo; Esso (1999/2000) ospita un dj e due danzatori nelle loro linee di limite e d’azione che si mostrano in movimento uno alla volta - una console audio, due strisce diagonali di linoleum finto legno, due sedie: l’allestimento asciutto e la sua organizzazione; et (1999/2000) appare agli occhi e sprofonda senza sosta, attraversato dal mito -di Diana e di Atteone- dunque dalla rappresentazione: un omaggio a Pierre Klossowski: la rivelazione e l’uso dello stereotipo come enigma: immersione in apnea in un’amplificazione sonora totale in un nero accecante: un velo, una pellicola di fosforo; Zoo (2000/2001) è un progetto dedicato ai luoghi, si pone come obbiettivo la ricerca fine a se stessa, sperimenta la messa in scena, non prevede un capolinea; Ecc.etera (2000/2001) si rivela come trittico visivo sulla nostalgia del teatro, della ripetizione, del vano, del tempo senza storia; My love for you will never die (2001) svuota la rappresentazione e riempie la drammaturgia assumendosene il paradosso, non inciampa e non brancola, non ha amici; sostiene la riflessione della fine, il tutto su cui continuare ad accapigliarsi: un buco nero, il cuore delle cose; <OTTO> (2002/2003) accumula l’azzeramento e il sentore della catastrofe nella civiltà occidentale contemporanea nella superproduzione spettacolare ed artistica; TONO (2003) sistematizza un esperimento acustico e dinamico tra due danzatori e un dj; WEST (2003) proietta il fallimento mortale in varie città dell’occidente culturale e ne deposita i corpi orizzontali nel perimetro del quadro; I Cenci/Spettacolo (2004) muore dalla voglia di esistere e vive la propria condizione a rappresentarsi sulla ciglia dell’imbarazzo a riconoscersi finendo il turno del tema della rappresentazione; pool (2005); 11cover (2006); Nerone (2006); pinocchio (2007); THE HUNGRY MARCH SHOW // Between a carrot and I (2007).

Altri progetti si realizzano contemporaneamente e insieme agli spettacoli menzionati frequentano situazioni e spazi specifici con cui la presenza si relaziona di volta in volta, di iniziativa propria o su commissione (un museo, una vetrina, una discoteca, un palazzo, una villa, un cimitero, un’area abbandonata, un esterno, un‘area di servizio).
Nel 2002 la compagnia riceve il PREMIO LO STRANIERO Scommesse per il futuro “…per l’ammirevole coordinamento di gruppo dentro forme teatrali austere dai mezzi scabri e intensi dove la danza è ritmo nascosto della realtà e una sottile distanza crea le necessarie dissonanze” e, sempre nel 2002, il PREMIO UBU per lo spettacolo <OTTO> come miglior spettacolo di teatrodanza dell’anno: “uno dei lavori più sorprendenti della stagione, oltre i confini dei generi” (M. Marino).
Nel 2002 Kinkaleri organizza al Teatro Studio Short Connection, un momento di approfondimento sullo stato delle arti e più specificamente una riflessione sul territorio ibrido della ricerca nel campo delle arti sceniche alla luce del profondo isolamento culturale del panorama italiano.
Da gennaio 2001 la sede operativa si è trasferita nello Spazio-K, uno dei capannoni dell’ex-area industriale Campolmi nel centro storico di Prato.
 
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