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Creonte non è mai uscito di scena

(La rivolta adolescente, Motus/Anagoor, Castelfranco Veneto 4, 5, 7 agosto 2011)

[Monica Cristini] Parto dalla conclusione di questo spettacolo, che attraverso la documentazione della rivolta studentesca avvenuta in Grecia nel 2008, sottolinea l’attualità della tragedia e la presenza di un’Antigone in ogni giovane che sta lottando per riprendersi il futuro di cui è stato derubato.
‘Creonte non è mai uscito di scena’ e non esce di scena nemmeno oggi, perché i ragazzi in rivolta gli servono per avere un nemico e distogliere l’attenzione. E’ attuale questo Re-Stato che, accecato dal potere ma spaventato dalla presa di coscienza di tanti giovani, preferisce sempre e comunque continuare a mantenere uno stato di cose che per loro non prevede futuro. Chi è allora Antigone? Con il coraggio di affrontare un argomento così attuale e tanto delicato, Motus indaga sulle numerose Antigoni che oggi stanno lottando: lo è Alexandra Sarantopoulou, giovane artista greca che ha vissuto in prima persona quei giorni del 2008 ad Exarchia - il quartiere di Atene infiammato dalla protesta - e lo è Silvia Calderoni sul palcoscenico, insieme protagonista e narratore dello spettacolo. Lo sono i molti giovani, studenti e lavoratori, che stanno protestando ancora in Grecia ma anche in Spagna e in Italia: giovani che non si fermano davanti alla censura della stampa e alle mancate risposte dei governi e testimoniano con la loro presenza la volontà di cambiamento e di fare qualcosa di concreto per riprendersi il futuro, attraverso la consapevolezza, la voglia e l’urgenza di cambiare il presente. E’ più che mai attuale il dialogo intavolato da Motus con Alexis. Una tragedia greca (ultimo lavoro nato all’interno del progetto Syrma Antigónes), spettacolo che nel suo sezionare la tragedia greca coglie l’occasione per documentare la rivolta che ha visto l’uccisione di Alexis (Alexandros-Andreas Griroropoulos), il giovane quindicenne ucciso da un poliziotto nel 2008, diventato simbolo e allo stesso tempo archetipo della lotta studentesca. Nel corso dello spettacolo, attraverso la testimonianza di Alexandra e le parole di Silvia-Antigone, si arriva però alla conclusione che il fulcro non è solo la morte di Alexis-Polinice, ma anche ciò che essa ha provocato. Gli attori non sono interpreti della lotta, ma la incarnano diventandone - come Alexis e come Antigone - traccia, segno tangibile e allo stesso tempo testimoni di un malessere ormai diffuso in questi anni di crisi.
In uno spazio in continua metamorfosi, l’azione si sviluppa su diversi livelli che escono dalla diegesi della narrazione per coinvolgere il pubblico ed inglobare nello spazio drammaturgico i muri e le piazze di Exarchia. La narrazione prosegue attraverso le immagini-soggettive proiettate da Silvia Calderoni, ma anche nella sala e in strada, naturali prolungamenti di un’azione che, nata in piazza, si allarga sul palcoscenico per espandersi poi tra il pubblico ed infine fuori del teatro. Quella di Alexis è un’azione che si dispiega su più livelli - in uno scambio dialettico tra attori e con lo spettatore, in ‘una ricerca in continua oscillazione fra memoria e presente’ – attraverso la composizione di un testo a più voci fatto di dialoghi, video-documenti, frammenti audio, ricordi, testimonianze, descrizioni di luoghi, atmosfere e situazioni. Quasi un canone, lo spettacolo si costruisce sul dispiegarsi ed evolversi delle prime tracce che si arricchiscono di sempre nuovi tasselli, in quella che diviene via via un’azione corale il cui ritmo è sottolineato da frammenti sonori. Un’opera che ben riesce ad imprimere nella mente dello spettatore quelle tracce di storia, passata e presente, raccolte e raccontate con pochi ma ben orchestrati mezzi, ‘una scelta di principio fortemente coerente con l’anima del percorso tutto: un viaggio con Antigone lontano dagli sprechi dei palazzi’.

All’interno della rassegna, lo stesso venerdì 5 agosto, Anagoor ha presentato la prima parte del progetto FORTUNY, Augurami Fortuna (le altre due  parti del progetto, Con la virtù come guida e la fortuna per compagna e How much fortune can we make? sono state protagoniste del programma di domenica 7 agosto). ‘'FORTUNY non è un progetto teatrale attorno alla figura di Mariano Fortuny, ma di lui assume lo sguardo complesso sulla preziosa delicatezza di Venezia con l’intento di catturare il cuore del suo fervente lavoro sulla catalogazione della memoria e sulla trasmissione delle forme e osservarlo come metafora di un intervento attivo in difesa di qualcosa di altrettanto prezioso che avvertiamo minacciato’. Queste le prime righe della presentazione per lo spettacolo che prende le mosse dall’episodio storico che, in una notte del 1500, vide distrutte tutte le gondole in Canal Grande: un gesto fortemente simbolico attuato da un gruppo di giovani veneziani che, così si narra, ammutolì l’intera città. Lo spettacolo, allestito nel cortile di Villa Revedin Bolasco (Castelfranco Veneto), si articola in due parti nettamente separate per modalità e mezzi impiegati. Un primo tempo vede l’interpretazione di un antico canto evocativo, eseguito da due cantanti con la sola voce senza il supporto di altro strumento, nella suggestiva cornice architettonica sottolineata da un sapiente uso della luce che evidenzia il chiaro-scuro delle forme. L’installazione site-specific unisce al tessuto sonoro due video che si compenetrano, diventando uno il prolungamento drammaturgico-spaziale dell’altro, quindi commento e al contempo prosecuzione, i cui protagonisti sono un gruppo di adolescenti armati di mazze da baseball che si confrontano con i simboli della città attraverso una ‘performance rituale danzata del lutto come uno strumento di opposizione, unico mezzo per esercitare una rivendicazione’.
Spettacolo, quello di Anagoor, che nonostante si avvalga di ‘una drammaturgia per immagini che sceglie la forma dell’enigma perché, per paradosso, il pensiero sia più chiaro a chi vorrà ascoltare e vedere’, credo acquisti una maggiore fruibilità nella completezza della sua realizzazione, data la ricchezza e complessità del progetto FORTUNY e dell’azione drammaturgica che lo delinea.

 
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