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INQUADRARE IL TEATRO DI RICERCA POLACCO

una conversazione con Tomasz Kirenczuk
a cura di Chiara Pirri

Corso Teatro è un progetto promosso dal Teatr Nowy di Cracovia, dal Ministero per i Beni Culturali Polacco e dall’Istituto Polacco di Roma, teso a  far conoscere, in Italia, pratiche e teoriche del teatro di ricerca polacco degli ultimi vent’anni. Curato dall’associazione Teatr Nowy di Cracovia, una delle istituzioni culturali più popolari in Polonia per la ricerca teatrale, e dall’Istituto polacco a Roma nelle persone di Piotr Sieklucki e Tomasz Kirenczuk, ha presentato un ciclo di spettacoli all’Angelo Mai e alla Casa delle Culture a Roma.

Come sottolinea il curatore la scelta degli spettacoli privilegia un teatro giovanissimo, con attori e registi tra i venticinque ed i trent’anni, e dai caratteri internazionali, sia nei temi trattati che nelle estetiche. La fine del mezzoporco è l’esempio di questo carattere “globale” a cui anche il giovane teatro polacco sembra attenersi.

Gli attori-performer, dalle notevoli capacità espressive, interpretano un testo che prende spunto dalle metamorfosi di Kafka. Affrontano, non solo attraverso la parola, ma utilizzando significativamente sia la musica che il corpo, che la scena, come il teatro postdrammatico ha abbondantemente insegnato, temi riconoscibili anche dal nostro pubblico: il rapporto di potere tra uomo e donna, in cui spesso la donna soccombe, il significato ed il senso dell’essere attore in questo teatro dove non c’è più finzione e ciò che il pubblico si aspetta è solo un po’ di sano voyeurismo (tutti nudi!), la macellazione, a cui non solo il maiale ma anche il corpo umano è oggi sottoposto. La luce ed il candore della scena mettono in evidenza la materia, la carne umana bestializzata della donna che attua a comando un movimento ripetitivo, su e giù, a ritmo di musica, mentre il marito la presenta, frutto del terzo matrimonio, bell’oggetto del suo possesso. Marito e moglie stazionano in due perimetri quadrati ai due estremi della scena: i due poli opposti ed interscambiabili di un conflitto senza soluzione. L’interpretazione espressiva ed antinaturalistica accentua il carattere grottesco della situazione. La moglie e il marito coinvolgono gli spettatori in un ruolo di semi passività rivolgendosi con battute irriverenti a coloro che entrano in sala a inizio spettacolo, poi la donna avvicinandosi alla platea inscena una danza semi erotica per spettatore solista con i-pod alle orecchie. Come da estetica postmodernista il testo è frammentato, la ripetizione vige: sia come loop di frasi ripetute, sostenute dalla musica elettronica creata in scena da un dj, che come strumento del capovolgimento di ruoli tra uomo e donna, attraverso lo scambio di battute, pronunciate prima dall’uno e poi dall’altro.

Ho incontrato il curatore del progetto, docente di teatro presso l’università di Cracovia e direttore artistico di un teatro indipendente della stessa città, per tentare di inquadrare con lui il contesto culturale e politico in cui il teatro di ricerca polacco si sviluppa e tentare di tracciare un confronto proficuo con la situazione italiana…


Quanto è presente il teatro di ricerca in Polonia e da chi è finanziato?

In questo momento, secondo me, il teatro contemporaneo polacco è uno dei più interessanti in Europa, non lo dico perché sono polacco, riesco ad essere anche molto critico nei confronti delle azioni culturali nazionali, lo dico perché c’è un gran movimento di innovazione, sostenuto dallo stesso sistema che abbiamo ereditato dal comunismo. Infatti il sistema dell’ organizzazione teatrale non è cambiato per nulla, è l’unico aspetto della cultura che è rimasto immutato rispetto al periodo comunista. Infatti in Polonia ci sono ancora oltre ottanta teatri pubblici (finanziati dallo stato o dalle città), tra cui i teatri militari, i teatri drammatici, quelli musicali, tutti con un budget fisso molto alto. Fra questi teatri, molti non offrono nulla di interessante, ma ci sono dieci-venti teatri che hanno una programmazione molto innovativa, sperimentale, aperta alle nuove tendenze di regia e soprattutto alla drammaturgia contemporanea.

Quindi l’eredità del sistema comunista fa sì che anche la ricerca sia finanziata dallo stato attraverso i teatri istituzionali e che lo stato si impegni anche a promuoverla all’estero, come testimonia il progetto di cui sei codirettore artistico, Corso Teatro

Anche se durante il comunismo in Polonia tutto doveva essere statale e non potevano esistere altri teatri oltre a quelli gestiti dal regime (escluso teatro studentesco il quale riusciva a scappare dalla censura statale), fino all’ 89 il teatro svolgeva un ruolo importantissimo per la società: era il luogo di lotta contro il regime comunista, e ciò che meraviglia è che questo teatro, contrario al regime, fosse finanziato dal regime stesso. Il grande cambiamento riguardo il ruolo sociale del teatro è avvenuto nell’ ’89, grazie alla caduta del regime comunista. La svolta di Solidarność ha liberato nei Polacchi la passione per i grandi spettacoli di massa all’aperto: eventi di ogni genere, messe collettive, cerimonie pubbliche che offrivano tutto ciò che il teatro di allora non era in grado di dare, e cioè il senso della comunità e la percezione di fare parte di un grande evento storico.

Oggi ci sembra chiaro che la crisi teatrale dei primi anni della Polonia libera era dovuta ad un’errata diagnosi degli ambienti teatrali, che non si erano resi conto che i Polacchi stavano dirigendo le proprie energie verso tutte queste forme di attività collettiva che producono il senso della comunità. Bisogna anche dire che il teatro è riuscito di andare di pari passo con la situazione socio – economica in continua evoluzione, è riuscito a captare nella realtà circostante tutti questi segnali e fenomeni che stavano introducendo nuove divisioni nella società polacca.

La vittoria elettorale, e quindi la presa di potere da parte dello schieramento della Solidarność, le riforme sociali ed economiche di Balcerowicz, la sostituzione dell’economia guidata dall’alto con il mercato libero, l’eliminazione della censura, l’apertura delle frontiere, hanno contribuito alla moltiplicazione delle linee di divisioni all’interno della società. I Polacchi sono stati divisi dalla storia (per via dei loro diversi atteggiamenti individuali nei confronti del partito comunista, dei diversi punti di vista sulle relazioni tra polacchi ed ebrei e sulla questione della partecipazione dei Polacchi all’Olocausto), dal presente (per via del loro atteggiamento difforme nei confronti di Lech Walesa, della valutazione delle riforme economiche e del processo di lustracja) e anche dal futuro (e dicendo ciò mi riferisco al dibattito sulla funzione e il ruolo della Chiesa nello Stato, alle posizioni dell’opinione pubblica nei confronti dell’aborto, alle relazioni con i popoli vicini, soprattutto con i russi, i tedeschi, i lituani e gli ucraini). Il Teatro, che non era in grado di includere tutti questi temi nell’ambito dei suoi interessi, si è automaticamente distanziato da una realtà che non era in grado di sviscerare, e ha poi impiegato moltissimi anni per tornare al centro del dialogo sociale.

In questo periodo il teatro si è allontanato dalla vita quotidiana, perché non riusciva a trattare i problemi che la caratterizzavano, molti dei quali erano conseguenza della caduta del regime, ma poiché durante il regime il teatro faceva la parte del movimento anti-comunista, dopo soli due anni gli stessi autori non potevano rimpiangere il passato. È stato terribile per gli artisti, si sono ritrovati privati del proprio ruolo contestatario in questa nuova Polonia, ed in questo nuovo scenario post rivoluzionario hanno trovato una propria collocazione come persone ma non come artisti.

Secondo me si può dire che il nuovo teatro polacco nasce verso il 1997 con il movimento dei giovani artisti nati negli anni ‘80, fine anni ’70 (Warlikowski, Jarzyna, Augustynowicz, Klata), che si sono formati dopo il regime comunista, e che quindi non nascono nel problematico contesto storico-politico-sociale del tramonto del comunismo. Negli ultimi anni iniziano anche a nascere realtà totalmente indipendenti e private, come il teatro che dirigo a Cracovia ad esempio, strutturate come associazioni culturali, finanziate su progetti dal ministero dei beni culturali o dagli enti cittadini, come è stato per Corso Teatro. Comunque, ancora adesso, il lavoro di ricerca si svolge soprattutto nei teatri statali perché sono quelli che hanno un budget che lo permette.

Le nuove pratiche ed estetiche teatrali da chi prendono spunto, dal panorama nazionale dell’avanguardia, da Kantor, Grotowski, o da un panorama internazionale più recente?

Frequentando l’Italia già da quattro anni, mi rendo conto che del teatro polacco si conoscono solo Grotowski e Kantor, ogni tanto anche Lupa o raramente Warlikowski. Mi stupisce ogni volta che in Italia Grotowski sia ancora un punto di riferimento nella pratica teatrale, mentre in Polonia è considerato un personaggio storico che rientra nei programmi educativi nelle scuole teatrali, ma i cui insegnamenti non sono più praticati in ambito sperimentale. A guardarli adesso, gli spettacoli di Grotowski risultano interessanti, ma confrontati alla ricerca teatrale mondiale avvenuta dopo Grotowski hanno perso la loro originalità (da questo punto di vista Kantor mi sembra molto più interessante, più originale, anche se poi non ha avuto mai succesori che portassero avanti il suo lavoro).

Grotowski non è un punto di riferimento nella pratica teatrale contemporanea in Polonia, lo scenario di riferimento dei nostri registi è più internazionale. Per tradizione il teatro polacco è un teatro psicologico, più stanislawskiano che brecthiano, e per questa ragione mi sembra molto interessante che negli ultimi anni molti registi polacchi siano rimasti affascinati dall’estetica tedesca, da quel teatro che mette fuori l’emozione ed utilizza solo la forma e il movimento, che dà importanza al modo in cui si prova a trasmettere il testo non utilizzando solo la parola. Il campo di ricerca dei giovani artisti polacchi è più o meno quello che definisce Lehemman quando parla di teatro post-drammatico: il testo frammentato e sfruttato indirettamente sulla scena, utilizzando al suo posto la drammaturgia del corpo, del suono, delle luci.

Quanto c’è di locale, di polacco, di storia nazionale nel teatro di oggi, e quanto invece di globale?

L’essenza polacca è nei soggetti di tutti gli spettacoli più recenti perché sono scritti da artisti giovanissimi, attori e registi che hanno tra i venticinque e i trent’anni e che utilizzano “forme” più che parole per comunicare. I problemi che attirano l’attenzione degli artisti della nuova generazione polacca sono: sesso, corpo, religione. Ci si interroga su che importanza può avere ancora la religione nella società contemporanea, cosa vuol dire essere il padrone del corpo di qualcuno, quale sia il ruolo della donna nella società polacca, temi che sono allo stesso tempo internazionali ma anche molto importanti per ciò che sta avvenendo adesso in Polonia. Dal ‘97 perciò assistiamo al ritorno del teatro a temi che interessano la società polacca, un teatro impegnato, che si interessa a ciò che accade, che parla di storia, di memoria. Questo è un momento di cambiamento importantissimo. Il teatro polacco contemporaneo non smette di interrogarsi sul metodo di costruzione dell’identità polacca a cui ora concorrono non più solo la cultura e la storia, ma anche la lingua, la sessualità e la religione. Il paradosso del teatro polacco dell’ultimo ventennio consiste nel fatto che la crisi teatrale che lo ha colpito negli anni ’90 era dovuta all’incapacità del teatro di rispondere alla necessità, fortemente avvertita dai polacchi, di creare una nuova identità. Il successo del teatro contemporaneo è dovuto alla sua capacità di contestare o decostruire costantemente questa identità formata con grande sforzo sulla scia delle trasformazioni storiche e politiche.

Il teatro continua dunque a svolgere un ruolo sociale e politico…

C’è interesse riguardo al teatro ed abbiamo una bella tradizione critica.

Durante il comunismo la cultura era ciò che sosteneva la libertà, l’unica zona a cui il sistema concedeva quella libertà che non aveva chi faceva l’operaio ad esempio.

Si pensa dunque che il teatro possa essere almeno un punto di partenza di discorsi importanti. Per esempio qualche mese fa un drammaturgo polacco Tadeusz Słobodzianek ha vinto il più prestigioso premio letterario in Polonia. È stata la prima volta che un drammaturgo si è aggiudicato questo premio, che solitamente andava a romanzieri, poeti. Słobodzianek ha vinto grazie ad un dramma intitolato “La nostra classe” (con evidente richiamo a “La classe morta”), che narra la storia privata di una classe di giovani polacchi, dal ’39, prima della seconda guerra mondiale, fino agli anni ’90. Affronta quindi le esperienze della guerra, il ’68, anno in cui in seguito ad un brutto episodio gli ebrei sono stati cacciati dalla Polonia, avvenimento scandaloso dopo l’olocausto, ed ancora: la trasformazione economica degli anni Novanta. A partire dal testo ha avuto origine un gran dibattito pubblico sulla memoria, su ciò che del nostro passato includiamo o escludiamo dal ricordo pubblico. Secondo me questo premio è stato dato non solo al testo drammaturgico ma simbolicamente a tutto il teatro, che ha sempre svolto e mosso discussioni politiche e sociali.

Quindi se un testo drammatico ha scatenato una riflessione così importante vuol dire che il teatro e l’arte in generale hanno ancora un ruolo importante in Polonia.

Altro esempio che definisce il rapporto tra cultura teatrale e pensiero politico-sociale in Polonia, è il fatto che, nella memoria dei polacchi, la fine del comunismo coincida con l’annuncio che ne fece una famosa attrice polacca durante il telegiornale, mettendo in atto il gesto simbolico necessario affinché, ciò che era teoricamente già avvenuto con la caduta del muro, divenisse realtà anche in Polonia. E quando tutti si accorsero che nonostante lei avesse annunciato la morte del comunismo attraverso il medium da sempre gestito dal regime, nessuno avesse osato torcerle un capello, si convinsero che ciò che aveva detto era verità. Il teatro e l’arte sono importanti per i movimenti socio politici perché possono fare azioni simboliche.

Di ritorno dalla Francia qualche mese fa, mettendo a confronto lo stato della ricerca italiana e francese, in ambito teatrale, sia dal punto di vista delle pratiche che del sistema organizzativo in cui queste si esprimono, mi sono resa conto di un apparente paradosso. Laddove lo stato sostiene ed alimenta l’arte attraverso politiche culturali illuminate, la ricerca è importata, manca un fervore artistico di idee innovative, come se l’arte nascesse fervida solo in uno stato di necessità, di bisogno, e di malattia anche in un certo senso. In Italia il pensiero perverso che la politica ha della cultura e la conseguente carenza di finanziamenti si accompagna ad una produzione innovativa, spesso sostenuta da paesi stranieri, la Francia soprattutto. Da ciò che hai raccontato riscontro un ulteriore esempio di ciò nell’importanza del ruolo che l’arte ha assunto durante il comunismo come ultimo baluardo di libertà. Quale è il motore di quest’ultima ondata di rinnovamento? Qual è l’urgenza di questi giovanissimi artisti?

Secondo me la recente spinta all’innovazione in Polonia nasce per contrastare il teatro medio, per riportare il teatro al centro di discussioni politiche. In Polonia spetta al teatro reagire ai cambiamenti socio-politici che avvengono attorno a noi. Anche se il teatro perde sempre la lotta con la tv che è il mezzo di comunicazione più veloce ed offre inoltre la possibilità dello scontro personale, grazie al quale ha un ruolo preponderante nella vita quotidiana polacca.

Che tipo di pubblico ha il teatro di ricerca in Polonia?

In Polonia c’è tanto pubblico e siccome la ricerca si fa nei teatri statali spesso vi assistono anche gli anziani abbonati oltre agli studenti e alla gente di sinistra. Nel mio teatro a volte mi ritrovo a essere il più giovane e non conoscere nessuno. Coloro che fanno parte dell’ambito teatrale, artisti ed addetti ai lavori, in Polonia non sono tantissimi. Al Dams di Cracovia ci sono un ottantina di studenti, alla scuola di teatro un centinaio: 180 persone non bastano per riempire tutti i teatri che abbiamo a Cracovia.

 
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