IN RICORDO DI LUIGI SQUARZINA |
L’intellettuale illuminato Con la scomparsa di Luigi Squarzina se n’è andata non solo una delle figure più importanti del teatro italiano del Novecento, ma proprio uno dei padri fondatori della nostra scena nazionale. Si dice che sia stato Vittorio Gassman a convincerlo ad iscriversi all’Accademia nazionale d’Arte Drammatica, la allora nuova scuola per attori e registi creata da Silvio D’Amico. Squarzina, mentre si laureava con lode in Giurisprudenza, si diplomava come regista all’Accademia. Squarzina è stato l’autore di spettacoli memorabili: ricordiamo il Molière-Bulgakov, per avere risolto in maniera stupefacente il problema, in quegli anni ’70 molto conflittuale, fra “scrittura scenica” e “scrittura drammaturgica”; il mirabile Goldoni di I due gemelli veneziani, con uno strepitoso Alberto Lionello; un’indimenticabile Madre Courage, con Lina Volonghi, in cui veniva superbamente indicata una originale “via italiana” per gli allestimenti brechtiani. Si è anche confrontato con testi “classici” e con autori come Sartre, Pirandello, Miller, O’Neill, e col teatro d’opera. Regista televisivo, autore di sceneggiature cinematografiche, perfino attore per il Caso Mattei di Francesco Rosi, autore drammatico e studioso insigne, oggi lo ricordiamo anche per le oltre cinquecento pagine del saggio Il romanzo della regia, sottotitolo Duecento anni di trionfi e sconfitte (edito nel 2005) in cui sono raccolte le sue più alte e acute riflessioni sulla vita del teatro e sul teatro come vita. Importante anche la sua attività di drammaturgo, con testi come La romagnola, Cinque giorni al porto, Rosa Luxemburg, Tre quarti di luna, Emmetì, Siamo momentaneamente assenti. Ora che ci ha lasciato, a nome di tutti coloro che amano il lavoro di palcoscenico e quello nato fra “sudate carte”, un grazie per quanto ci ha regalato nel corso della sua luminosa attività intellettuale e artistica. Grazie dagli spettatori, dai colleghi e dagli studenti, a un uomo di teatro burbero e generoso, capace di vivere nel lavoro di tutti i giorni la sua utopia di un teatro essenzialmente pedagogico e civile.
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