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Principio D’ascolto
FESTaCASA #0
di
Matteo Antonaci

Eliminare ogni linea di demarcazione tra spazio pubblico e spazio privato, lasciare insidiare la ricerca artistica all’interno di mura domestiche, cucine, bagni e piccoli angoli bui che raccontano e racchiudono l’intimo calore della propria esistenza. È questo l’intento di FESTaCASA, micro-festival ideato da Chiara Pirri e inaugurato il 19 settembre 2010 con la serata pilota dal titolo Principio D’ascolto.
Un progetto che scardina i canoni degli spazi fisici dedicati alle manifestazioni artistiche e che rompe ogni serratura per spalancare le porte della dimensione privata e lasciare libero sfogo alla creazione teatrale. A ospitare il micro-festival è, infatti, la stessa dimora di Chiara Pirri (nel quartiere Mandrione di Roma), spazio fascinoso e inusuale, accogliente per la sua intimità e allo stesso tempo quasi ostile nella sua essenza di architettura di affetti, ossia spazio permeato da significanti a se stanti, continuo stimolo per lo spettatore.

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Porsi in ascolto e forti di un equilibrio vulnerabile, inseguire un obiettivo in cammino, in solitudine e condivisione», sono queste le parole con le quali Pirri spiega il suo progetto, nato con l’intento di cercare nuove strade e nuovi modelli di produzione laddove la gestione pubblica dell’intelligenza artistica risulta insulsa quanto inesistente. E “condivisione” sembra il termine più adatto per descrivere il momento di fruizione delle performance ospitate durante la serata.

Esse è il titolo dell’opera musicale nata dalla collaborazione tra l’attrice Gabriella Rusticali e la video-maker Monica Petracci, per l’occasione plasmata e adattata ad un suggestivo squarcio del giardino di Chiara Pirri. Su una pendenza dall’alto, adornata da rocce e rovine architettoniche, stanno i musicisti che accompagnano la voce della storica attrice del Teatro Valdoca. Sola, illuminata dalla luce delle proiezioni che alternano decorazioni astratte a paesaggi materiali, strade e campagne, Gabriella Rusticali modula la sua voce in tonalità barocche, raggiungendo inediti virtuosismi. Vestita d’azzurro, scivola col corpo sulle pietre che compongono la scenografia, lascia fluire la sua voce sulle parole delle poesie di Mariangela Gualtieri, sui testi di Bene e Jeanette Winterson o, ancora, sulle canzoni di Bob Dylan e Kurt Weil. Cicala notturna dal canto stridente o lucciola accarezzata dalle ombre dei pini, l’attrice permette la formazione di una micro-comunità di fruitori che, spogliatisi dei panni di canonici spettatori, sembrano riplasmare i confini della stessa performance lasciandola apparire, improvvisamente, silenzioso convivio.

E proprio la forma di un convivio ha la performance di Andrea Cosentino, che, con l’ormai conosciutissimo Telemomò, raduna il pubblico in cucina, intorno ad un tavolo, per creare il suo particolarissimo “format televisivo”. Ponendosi dietro la cornice di una TV, aiutato da parrucche, marionette, pupazzi e giocattoli, l’attore-drammaturgo compie una spietata e divertente analisi del linguaggio mediatico e della sua strumentalizzazione da parte del potere politico. Dietro il piccolo schermo, Cosentino costruisce fiction, documentari e trasmissioni per bambini cercando di istaurare continuamente un rapporto diretto con il pubblico. La cucina diviene così l’habitat naturale di una performance che interroga prima di tutto i costumi e le modalità di approccio all’oggetto televisivo cercando di creare un continuo spaesamento nello sguardo di uno spettatore oramai irrimediabilmente educato all’immagine mediatica.

 

Di spaesamento si può parlare per il dj-set e vj-set ideato da Nephogram. Attraverso glitch anni 90 e proiezioni luminose, il gruppo scompone e destruttura un piccolo boschetto di bamboo, spazio all’interno del quale è stata modellata la performance. Il verde intenso dei tronchi delle piante scompare e riappare, frantumato o in rapido movimento, come percorso da fasci di energia, micro particelle intangibili che trasformano la materia tangibile in elemento alieno. Come in un site-specific, la scomposizione dello spazio attraverso la musica e il video riplasma la stessa storia del luogo proiettandola in un futuro fantascientifico e indefinito nella cui tridimensionalità lo sguardo dello spettatore è libero di perdersi. In questa modalità osservativa sta quel principio d’ascolto, titolo della serata pilota del progetto. E’ qui, infatti, che ogni spettatore diviene testimone di una metamorfosi, quella dell’intimità di un luogo privato che si trasforma improvvisamente in ambigua e attraente materia artistica.

 
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