VISIONI |
ROUL E IL SUO DOPPIO Thiérrée affascina la platea londinese del Barbican di Giulia D'Amico - Al centro di un modo cupo e misterioso un solo uomo, Raoul, alle prese col proprio alter-ego e con la dura lotta alla sopravvivenza. In scena, il danzatore-acrobata, James Thiérrée, sfida la forza di gravità, incanta e stupisce, dando vita a uno spettacolo epico e visionario, in perfetto equilibrio tra virtuosismo e immaginazione... LONDRA - James Thiérrée, nipote di Charlie Chaplin, approda a Londra, al teatro Barbican, col suo ultimo spettacolo Raoul. Considerato il più grande genio della scena circense contemporanea, è la prima volta che l’artista svizzero si cimenta nella regia d’un one-man-show, dando vita ad uno spettacolo visionario, privo di parola, in cui l’elemento circense sembra scomparire, assorbito da una messa in scena dal più ampio respiro. Sul palco, vediamo un Thiérrée in grado di coniugare e giocare con i linguaggi del teatro, della danza, del mimo, dell’acrobatica e della musica (in scena suona anche il violino), dando vita ad un’opera dalla portata epica e di difficile classificazione, una sorta di teatro totale, senza però scivolare in un uso retorico della regia.
La scena si apre con un’immensa scenografia – creata dallo stesso Thiérrée – che ricorda il relitto di una nave, ma che subito viene smantellata e ri-assemblata, in modo suggestivo, in una torre fortificata: il rifugio di Raoul. Nella propria dimora, il personaggio vive un’esistenza solitaria e tranquilla, dilettandosi fra la lettura d’un libro e l’ascolto della musica di un vecchio grammofono. Come in ogni dramma che si rispetti, la quiete viene spezzata dall’intrusione di un individuo – dalle sue stesse sembianze che sembra volergli rubare l’identità – e dall’apparizione d’una serie di animali minacciosi che lo costringono ad uscire dall’abitazione ed entrare in contatto con le insidie del mondo. Se dalla breve, ma intensa lotta col proprio alter-ego (anch’esso interpretato da Thiérrée) il vero Raoul sembra essere uscito vincitore, il tema esistenziale del doppio farà ancora la sua comparsa nell’assolo di danza con lo specchio. Raoul scopre con stupore la propria immagine riflessa, non capendone però l’entità: si tratta di sé stesso o ancora una volta, di un altro da sé, pronto a rubargli l’identità? Presto scoprirà che lo specchio è in grado di riflettere tutto il mondo circostante, compresa una realtà di cui, fino a quel momento, ignorava l’esistenza: la platea. Raoul, fra imbarazzo e pudore, trova il coraggio di guardare negli occhi il pubblico, che improvvisamente si ritrova sotto una luce piena. Così Thiérrée, rompendo la quarta parete, sembra anche fuoriuscire dalla maschera protettiva del personaggio, mostrandosi nella propria umanità. Dopo pochi istanti, con leggerezza ed eleganza, la scena si richiude dietro la quarta parete, ed il personaggio torna alla propria esistenza, senza dimenticare l’esperienza visionaria appena vissuta. Fino all’ultimo, Raoul cercherà, invano, di salvare la propria dimora tremante dai ripetuti attacchi degli animali e da un mondo misterioso le cui condizioni meteorologiche impietose non lasciano scampo alla volontà umana. A questa trama, complessa di elementi, si aggiunge un sorprendente uso dei costumi degli animali, ideati e confezionati da Victoria Chaplin (madre di Thiérrée). La lavorazione particolare delle stoffe ricrea le sembianze d’un pesce marino, d’una medusa e d’un elefante, donando alla scena una atmosfera fortemente magica. La performance di Thiérrée, in perfetto equilibrio tra virtuosismo e immaginazione, raggiunge momenti di poesia visiva in grado di stupire gli spettatori di tutte le età. Da ricordare l’assolo della scala, in cui Thiérrée scivola e s’eleva fra i pioli, con un’agilità che sembra sfidare la forza di gravità; o ancora quando, appeso ad un enorme braccio meccanico, lo si vede volteggiare con eleganza e vigore per tutto il palcoscenico. Non mancano momenti di grande umorismo, in un pieno di espliciti riferimenti alle gag di Chaplin, in grado di smorzare l’atmosfera cupa che altrimenti prevarrebbe sullo spettacolo. Al termine dell’ora e mezzo, la reazione della platea è entusiasta: tutti gli spettatori si alzano in piedi per acclamare un’artista, tecnicamente impeccabile, in grado di regalare di continuo momenti di sorpresa. (articolo pubblicato il 25/01/2010)
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