DRISS KSIKES |
TEATRO, MEDIA, CITTADINANZA CRITICA
[Erica Faccioli] E’ all’interno del progetto Dramaturgie Arabe Contemporaine di La friche belle de mai di Marsiglia, uno dei maggiori poli culturali della Région PACA, che il 26 novembre 2013 sarà presentato per la prima volta al pubblico il nuovo testo di Driss Ksikes, N’enterrez pas trop vite Big Brother (regia di Catherine Marnas, Compagnie Dramatique Parnas). A seguito di una selezione biennale nel contesto di 10 paesi arabi (Palestina, Egitto, Giordania, Libano, Marocco, Algeria, Iraq, Tunisia, Siria, Kuwait), Ksikes ottiene l’ennesimo riconoscimento internazionale in qualità di drammaturgo, dopo essere stato segnalato tra i 6 migliori drammaturghi già nel 2011, dal National Studio Theatre di Londra e Arterial Network, per il testo Le Match. Figura paradigmatica nell’ambito dei paesi arabi, Driss Ksikes (Rabat, 1968) prima di imporsi sulla scena internazionale come drammaturgo, è emerso come scrittore (del suo primo romanzo: Ma boîte noire, pubblicato a Casablanca dall’editore Tarik e a Parigi da Le grand souffle), come giornalista freelance di diverse testate internazionali e in qualità di direttore della celebre rivista marocchina francofone “TelQuel”. Da quest’ultimo incarico si è dimesso nel 2006, dopo essere stato condannato per “aver diffamato l’Islam e danneggiato la morale”, a causa della pubblicazione di una parodia del defunto Re Assan II e quindi dell’Islam. Dopo questa esperienza ha deciso di esprimere il suo pensiero indipendente attraverso il teatro.Driss Ksikes è un intellettuale postmoderno che, in una recente intervista, citando Gramsci, si è definito un “connettore organico”: co-fondatore, insieme al regista Jaouad Essounani, di Dabateatr Citoyen, un laboratorio teatrale civile in Marocco, promotore del blog “Citoyen critique”, direttore di un centro di ricerca in studi sociali, economici e manageriali (CESEM) presso il prestigioso Institut des Hautes Etudes de Management (HEM), professore di Metodologia, Media e Cultura, scrittore, drammaturgo (Pas de memoire… memoire de pas, IL, Le saint des incertains, Le Match). In quest’ultima veste è veicolo del profondo e inevitabile cambiamento della società e della cultura araba, ed emerge come interprete di tematiche contemporanee che si inseriscono nel contesto dei mutamenti globali.
E.F. Nel 2009 hai iniziato a collaborare con Dabateatr, compagnia fondata a Rabat dal regista Jaouad Essounani nel 2004. Credo si tratti di un’esperienza unica nel panorama dei paesi arabi: un collettivo con componenti di diversa provenienza che mette in moto un laboratorio permanente delle arti. Qual è il tuo ruolo in DAabateatr? Come vedi il futuro del teatro in Marocco? D.K. Quando, nel 2008, ho proposto a Jaouad, giovane regista amante dei grandi spazi e del lavoro sul gesto, di mettere in scena il mio testo IL, intimista e assurdo, egli ha accettato la sfida. In seguito abbiamo iniziato a considerare l’idea di realizzare una collaborazione più stabile, che andasse al di là dell’avvenimento estemporaneo, per dare vita alla ritualizzazione di una pratica nel cuore della città. Nel 2009 abbiamo concepito insieme il progetto Dabateatr Citoyen, dove, con l’assunto di fondare un laboratorio permanente, io dirigevo un laboratorio di scrittura con i cittadini, mentre lui formava un collettivo di artisti. Ciò ci ha permesso di dar vita ogni mese a esperienze teatrali insolite che partivano dall’attualità. Oggi, seguo la compagnia proponendo dei testi e attraverso lo scambio con gli artisti della scena. La scena teatrale in Marocco è in ebollizione, ma ha bisogno di essere meglio strutturata e sostenuta affinché questi progetti innovativi possano sopravvivere nel tempo. E.F. Quando affermi che “il teatro è politica” fai allusione a modalità d’esistenza del teatro contemporaneo in Marocco o a un concetto più generale?
E.F. Vorrei parlare del tuo ultimo testo teatrale, N’enterrez pas trop vite Big Brother, scritto su invito di Catherine Marnas, a seguito di una residenza alla Chartreuse de Villeneuve Les Avignon. Il testo compone una atmosfera sospesa nel tempo, è il frutto di un incontro organizzato virtualmente. Hai definito questo dramma come testo sulla “memoria di una rivolta impossibile”. Cosa significa? La “memoria” e il “virtuale” possono essere i paradigmi della società contemporanea rappresentata sulla scena?
E.F. Ti sei ispirato alla Primavera araba del Marocco? C’è una relazione tra l’insurrezione marocchina e questo testo? E.F. L’ultima domanda riguarda le tue attività teatrali e drammaturgiche: nel panorama mondiale della cultura, dove le collochi? Senti che sono in dialogo con la cultura europea?
(http://osservatorioiraq.it/punti-di-vista/marocco-arte-politica-e-cittadinanza-critica-intervista) http://www.lafriche.org/content/n%E2%80%99enterrez-pas-trop-vite-big-brother |