Attorno al lago d’Orta, a fine estate, nuove esperienze di TeatroNatura, alla ricerca del genius loci.
[m.p.] Le chiacchiere pre-spettacolo via via sfumano, se non altro per la fatica della camminata in salita nel bosco. Sista Bramini, regista e drammaturga, accoglie il pubblico e con calma introduce lo spettacolo Il camminante che sta per cominciare, invita al silenzio e all’ascolto, «per cercare di incontrare questo spettacolo e questo bosco». Viene in mente la toccata che apre l’Orfeo, favola in musica di Claudio Monteverdi del 1607: allora la confusione regnava sovrana prima, durante e dopo lo spettacolo (la rivoluzione wagneriana era di là da venire), e il clangore delle trombe avvisava gli spettatori che Musica stava per arrivare, che si facesse un po’ di attenzione, insomma. Bramini, per opposta dinamica (là molto forte, qui pianissimo), cerca e ottiene lo stesso effetto. Si riprende il cammino. Uno dopo l’altro, in campi lunghi o a distanza ravvicinata, gli eccellenti attori del Teatro delle Selve (Franco Acquaviva e Anna Olivero) e di O'Thiasos TeatroNatura (Carla Taglietti e Camilla Dell'Agnola - quest'ultima anche responsabile del lavoro sulla tessitura musicale e sui canti) mettono in scena, per il pubblico e con il pubblico, nel bosco e con il bosco, questo “spettacolo itinerante con canti”, dal testo teatrale che la scrittrice Laura Pariani ha tratto dal proprio racconto Il camminante.
E’ una storia che la velatura mitico-onirica avvicina a certe atmosfere cupe ed espiative della tragedia greca. Una storia d’acqua e monti, di follia ed espiazione, di amore e di fuga, di morte e rinascita. In modo visionario, e sulla falsariga di una leggenda narrata da Gustave Flaubert (quella di S. Giuliano Ospitaliero), la Pariani costruisce un’interpretazione fantastica della oscura storia del fondatore delle comunità cusiane, quel Giulio, o Giuliano, che da un’isola della Grecia (Egina) giunge, all’alba del IV secolo, sul Cusio infestato dai draghi e dai serpenti… Lo spettacolo insegue un fantasma: prima il piccolo Julo, bambino sensitivo con occhi di colore diverso, un padre autoritario e violento e una madre succube legata al figlio da un rapporto di profonda affinità; poi lo stesso Julo da giovane, nel momento tragico in cui uccide i propri genitori; infine l’uomo fatto, negli anni di fuga ed espiazione che seguono. A evocarlo, in un cammino che attori e spettatori compiono insieme ripercorrendone il viaggio, emergono i personaggi che hanno conosciuto Julo anche solo per un poco: la moglie inconsolabile, un cinico mercante girovago, un viandante cieco dalle doti profetiche, un pittore vagabondo, uno scontroso eremita. La risposta alla domanda di Julo-Giulio-Giuliano sul senso della propria vita alla fine si rivelerà in un paesaggio - un lago tra boschi, in mezzo al quale sorge un'isola - quando la natura, da enigma impenetrabile si farà per lui mistero, chiamandolo all'umiltà delle opere. Lo spettacolo mette in scena la storia di Julo con la modalità tipica del TeatroNatura, dove la morfologia dell’ambiente di fatto modifica, di volta in volta, l’aspetto visuale dello spettacolo e l’esperienza che di esso ne fa lo spettatore, che assiste e cammina insieme agli attori, entrando fisicamente nello spazio-tempo dell’evento teatrale, nell’emozione e nel sentimento, quasi dimenticato, del percepirsi essere vivente tra altri. Lo stesso Julo troverà in questa dimensione rigenerante la chiave per la sua trasformazione. Le musiche di scena, eseguite dal vivo, testimoniano e accompagnano l’umano peregrinare del protagonista, e sono il frutto di una ricerca nella tradizione polifonica contadina, costituendo un passo ulteriore nella ricerca sull’anima del luogo, il genius loci, appunto, verso la riscoperta di una sensibilità ancora legata ai ritmi e ai colori emotivi della natura. Il percorso musicale inizia in un camminar cantando di melodie popolari del centro-nord Italia, prosegue con canti e ritmi del Mediterraneo che rievocano l’isola-infanzia di Julo, fino a raggiungere l’apice della sua evoluzione spirituale attraverso la luminosità dei canti sacri della Georgia. Lo spettacolo Il camminante è stato parte del programma di quattro giornate sul TeatroNatura, realizzate a fine estate 2012 nell’ambito di Teatri Andanti, piccolo prezioso festival che coraggiosamente resiste a tagli e distrazioni. In questa programmazione, anche lo spettacolo Sylva. Variazioni sulla foresta, dell’attrice-giardiniera Lorenza Zambon, la presentazione del libro Teatro e Natura, a cura della stessa Zambon e di Tomaso Colombo e, soprattutto, Immagin/azioni del camminare - terza edizione di Agire il paesaggio, l’incontro di studi e performance promosso dal Teatro delle Selve, in collaborazione con O’Thiasos TeatroNatura e con il Dipartimento dei Beni Culturali e dello Spettacolo dell’Università di Parma. L’incontro, caratterizzato da una struttura mista (parti performative di TeatroNatura alternate a relazioni di filosofi, geografi, studiosi di estetica, letteratura, arti visive e spettacolo, ma anche di artisti), quest'anno è stato dedicato al cammino come pratica estetica e come atto politico ed etico, e ha accolto i contributi di Enzo Cecchi|Piccolo Parallelo, Serena Gaudino, Andrea Amerio, Antonio Moresco e Gimmi Basilotta|Il Melarancio. Gli spettacoli, il libro, il convegno: iniziative che hanno coinvolto una piccola comunità di attenti, in cui si è indagata la relazione tra arte drammatica e coscienza ecologica, tra tecnica teatrale e ambiente naturale, proponendo un altro punto di vista sul teatro, un punto secondo cui la natura è spazio scenico sì, ma anche occasione d’incontro (dunque, in piena continuità con le rivoluzioni teatrali primonovecentesche). A Mantova, quattro secoli fa, l’Orfeo fu creato per un piccolo gruppo di dotti, l’Accademia degli Intronati, e da lì nacque la fortuna del genere che ha portato, nei secoli a venire, a un nuovo modo di ascoltare, via via più attento e consapevole. L'augurio è per la nascita, oggi, di una altrettanto proficua trasformazione di cui si avverte, certo, un gran bisogno.
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