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FESTIVAL DI SANTARCANGELO: DILETTANTI ALLO SBARAGLIO

Si è conclusa la quarantaduesima edizione del Festival internazionale del teatro in piazza: una moltitudine di persone “normali” coinvolte in progetti performativi dagli esiti decisamente diseguali.

© photo di Ilaria Scarpa

[m.p.] Oltre seimila biglietti venduti, trentuno compagnie, ventisette spazi allestiti, cinquanta titoli, sette progetti prodotti e co-prodotti direttamente dal festival, oltre duecento fra giornalisti, operatori e studiosi presenti. Molti teatranti (fra tutti, da ricordare il giustamente premiatissimo ensemble Menoventi, che nello spettacolo L’uomo della sabbia trasforma un racconto di E.T.A. Hoffmann in “un gioco di scatole cinesi, una narrazione senza fine in cui perdersi”), ma anche molte “chiamate ai cittadini”, adulti e bambini, per laboratori e performance, “progetti speciali in prima assoluta” con esiti, e con presupposti metodologici, notevolmente diversificati. Ha la pulizia e la forza cristallina e includente di un ready-made duchampiano la video-performance Ads (Santarcangelo) concepita e diretta da Richard Maxwell, anima della compagnia New York City Players: abitanti del paese romagnolo chiamati ad affermare pubblicamente ciò in cui credono, ponendosi nello spazio pubblico della scena senza alcuna cornice di finzione.

“Con gli anziani ho lavorato in più di un’occasione perché sono attratto non tanto dalla loro pratica, ma da quelle vibrazioni della vita di cui sono naturali portatori. Vedo adesso la bellezza in connessione alla forza che riesce a esprimere una persona comune nel compiere un’azione semplice”: così Virgilio Sieni introduce il progetto Sogni. Sono esseri favolosi, apparizioni fantastiche, cui si guarda come a certi angeli del Tiepolo, quelli che popolano questa poetica performance itinerante, immersione nel delicato immaginario del coreografo fiorentino.

Grandi aspettative (per il potenzialmente fecondissimo incontro fra arte visiva, teatro e infanzia) per Arte per nulla, progetto “sull’arte viva del bambino” ideato e condotto da Silvano Voltolina con la collaborazione di Francesco Bocchini e Istituto Benjamenta: cinque mattine di laboratorio con un gruppo di bambini tra i 7 e i 10 anni, dichiaratamente “per inventare dei giochi da fare in pubblico, perché vogliamo partecipare al festival di Santarcangelo con uno spettacolo. Uno spettacolo in cui si vede una classe al lavoro e si vedono nascere le opere d’arte dei bambini dal vivo e per gioco”. Il tutto, ispirandosi al pensiero e al lavoro di Federico Moroni, pittore e maestro elementare di Santarcangelo. È certo vero che nel Novecento il concetto di “infanzia” e la rappresentazione sociale e culturale del bambino hanno subito un profondo mutamento, e che la psicanalisi ha portato a un rovesciamento fondante: il bambino, con le sue esperienze un tempo ritenute irrilevanti, diviene al contrario matrice costitutiva dell’adulto, non più mera potenzialità, ma essere dotato di uno specifico linguaggio creativo e comunicativo. È però innegabile che far esperire ai bambini che qualunque cosa facciano, per quanto confusa, casuale e autocentrata, sia al fin meritevole dell’applauso del pubblico, significa quantomeno amplificare il connaturato “delirio di onnipotenza” infantile, fino a confondere spontaneismo con spontaneità, approssimazione con libertà conquistata.
È un’intrigante riflessione sui confini tra esperienza e rappresentazione la performance/gara di ballo ideata da Zapruder Filmmakersgroup, I topi lascino la nave (Yes, Sir, I can boogie) : su un palcoscenico in piazza Ganganelli, sormontato da file di lampadine bianche, decine di coppie di ballerini di ogni età, in un’esplosione di brillantini e chignons, si sfidano in una gara di ballo ad oltranza: la coppia che resisterà più a lungo vincerà 1000 euro. I ballerini sentono in cuffia la musica che li fa muovere, mentre al pubblico arrivano, rielaborati e amplificati, solamente i suoni dei passi sulle tavole di legno del palco. È un’immagine “che nel suo compiersi si cancella: un inchino alla bellezza della sottrazione e del vuoto”, un congedo straniante e ipnotico. Non si sa bene che cosa ci sia da vedere, eppure non si riesce a staccare gli occhi da lì: un bel risultato performativo per gente che, c’è da scommetterci, non ha neppure frequentato l’Accademia.


http://santarcangelofestival.com/sa2012/

 
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