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DRAMOPHONE>III edizione

I luoghi del teatro, gli spazi delle drammaturgie
Bologna, 28>29 maggio, 3>4 giugno 2012


[Silvia Mei] Dramophone non è semplicemente una microrassegna di teatro e letteratura negli spazi cittadini di Bologna. É piuttosto l’attestazione di un’esistenza e di una poetica – quella di Teatro Reon fondato e attivo a Bologna dal 1990 – applicata al territorio che si fa luogo di memoria, coagulo di diverse socialità, grumo di vissuti.
Dalla prima edizione (2010), svoltasi nel cuore pulsante del Quartiere Navile, la Bolognina, oggi un’area in riqualificazione, coacervo di nuove identità e meticciati fertili, alla seconda (2011), tessendo una teatralità frammentata nel parco di villa Angeletti, fino a quest'ultima, che si snoda nel centro storico dalla Libreria delle Moline al Circolo di Condominio di via Paglietta presso Porta San Mamolo, Dramophone si elegge come un progetto che continua l’inevasa ricerca di una stanzialità, di un’identità sociale nell’occupazione o nella riscoperta di uno spazio che è prima di tutto un luogo. Questo progetto è soprattutto la resistenza di Teatro Reon alla marginalità che un teatro senza casa si trova a scontare. Quella ricerca che Fulvio Ianneo – drammaturgo, regista e direttore artistico di Dramophone, cofondatore con l’attrice Anna Amadori, di Teatro Reon – definisce “una funzione sociale per essere riconoscibile. Perché una compagnia non si deve esprimere come ospite della propria città ma come realtà stabile”.

Il rodaggio sul territorio, secondo una visione unitaria di centro e periferia, inizia per Reon nel 1998 a Calderara di Reno, quartiere dormitorio e periferia a rischio dell’hinterland bolognese, nota al più per fatti di cronaca nera: una serie di appuntamenti in un progetto di drammaturgia dei luoghi e di affettività territoriali viene svolto invitando compagnie e gruppi come Teatro del Lemming e Accademia degli Artefatti. Poi nel 2000 il festival Transictus. Teatri e culture del cambiamento liceizzava il problema dell’identità ad un’aspirante metropoli come Bologna, guardando ad est, quell’est europeo, immigrato, non ancora integrato, pensato come un equilibratore della rinnovata Europa.
Fino al 2006 si succedono edizioni e ideazioni di rassegne originali sostanziate da una vocazione sociale come urgenza poetica. Identità, memoria, luoghi, comunità sono leitmotiv per Fulvio Ianneo che col suo teatro continua pervicacemente a far precipitare in forma di progetti culturali per un’autentica esperienza estetica e umana.
Dramophone – insieme all’altro progetto metropolitano di Reon, Memory Party, in gennaio – si inserisce in questo continuum artistico-culturale mosso alla densificazione degli affetti in spazi del quotidiano. E lancia la sfida di una programmazione non commerciale estiva, promuovendo il circuito indipendente Bologna Off, una rassegna di progetti autoprodotti di compagnie indipendenti operanti in seno alla rifunzionalizzazione del territorio e alla costruzione di una community.


Ma questa antica relazione di teatro e città, rilanciata qui nella modalità del teatro dei luoghi, si declina nelle forme della letteratura per il teatro o della letteratura tout court, rendendo il servizio di portare a emersione una drammaturgia nazionale e straniera, continentale e atlantica, defilata, poco nota, addirittura inedita.
Questa terza edizione costruisce un unico percorso, con tre storie da attraversare a due diverse velocità, a piedi o in bicicletta, in tre zone del centro, che corrispondono a differenti temperature: la Libreria delle Moline è uno scenario naturale per la storia accesa da Tanino De Rosa dal romanzo di Maurizio Matrone Il commissario incantato. Wilma, la libraria protagonista, ma solo evocata nella mise en espace di De Rosa, è un personaggio bolognese realmente esistito, figura provvidenziale per l’ascesa del genere noir a Bologna, che pare abbia incoraggiato, sostenuto e promosso. Tra gli scaffali della Libreria delle Moline il sapore di questa storia ravviva la figura di Gregorio, il suo fondatore recentemente scomparso, uno dei pochi librai di mestiere, un intellettuale militante, la sigaretta sempre accesa, e decine di libri sulla scrivania. Per chi ha frequentato questo luogo la memoria si è felicemente sorpresa.
Blind resurrection è invece la nuova produzione di Teatro Reon ideata e lavorata nel nuovo spazio Future Dimore in via del Pratello 3, tratta dalla collezione di racconti di Grazia Verasani, Tracce del tuo passaggio, che Ianneo ha ricucito e riadattato. In una stanza inamidata di un bianco ospedaliero, con uno squarcio di poesia nel telo di canapa che oscura un lucernaio, due donne (Veronica Caissiols e Elisa Naike Blecich), diversamente ferite, si affrontano nel loro dolore, fisico e morale, nelle violenze materiali e spirituali subite, che possono curare in una vicinanza oltre le barriere linguistiche, culturali e biografiche.
Real Story chiude il percorso di Dramophone con un work in progress della quotata compagnia thailandese All Sound Production, drammaturgia di Ulf Pilblad, qui in scena con Maurizio Mistretta, italiano emigrato a Bangkok, regia di Patchanee Poonthong. Nell’atmosfera ambigua del retrobottega di un bar, oriente e occidente impattano tra la luce asettica di un neon e la liturgia di candele votive e decorazioni natalizie. Ma la fusion operata tra incenso, schiuma da barba e il mortaio odoroso di una massaggiatrice locale, istruita fin da piccola a tecniche di manipolazione, si esalta nella tragedia dello tsunami del 2004. É appunto una storia vera quella proposta da Real Story nella scena di fotografie di parenti e amici scomparsi o dispersi, appuntati come post-it su una bacheca reliquiario; la storia che i tre attori in scena ma testimoni nella vita continuano ancora oggi a rivivere ed elaborare.

Dramophone è un lavoro di drammaturgia che interviene sugli spazi: spazi dei luoghi, spazi della scrittura e soprattutto spazio dello spettatore. Si può riattivare una relazione umana autentica e tessere una liaison spazio-temporale appunto nel percorso tra le diverse location, secondo un itinerario che non è transito, ma un’occasione per riannodare dei fili: nello scorcio mai notato di un portico, nella chiacchiera col compagno di strada, nella condivisione di cibi, fragranze, ricordi.

 
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