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La palestra sentimentale di Pathosformel



[Carolina Ciccarelli]

In una palestra illuminata solo dalla luce che penetra prepotente dalle porte aperte alla destra di un canestro, un uomo si allena. Sembra che lo stia facendo da molte ore oramai e che la determinazione stia lasciando il posto alla stanchezza.
Palleggia, stoppa la palla, la poggia a terra, beve dell'acqua, elimina avversari immaginari, si asciuga la fronte dal sudore, accende uno stereo portatile, una vecchia canzone d'amore tedesca si diffonde nell’aria. Presentato sabato 25 febbraio da Xing all'interno di Sporting, un progetto che mira a ricollocare “l'arte della scena nei luoghi della preparazione atletica e del gioco”, An Afternoon Love dei Pathosformel, ovvero la formazione di Daniel Blanga Gubbay e Paola Villani sostenuta oramai da anni nella sua produzione da Centrale FIES all'interno di Fies Factory, pur intervenendo in maniera mimal sulla location della Palestra di Via Ca' Selvatica, impermea tuttavia il luogo di una certa rigidità. Le ombre ricreate dal cestista che sembra danzare armoniosamente con la palla sono tagliate dal rigore della luce che, dritta, penetra dalla stanza accanto dove, forse, c'è lo spogliatoio o, forse, il mondo reale, quello dove i tiri a canestro non escono così bene, mentre la musica di sottofondo, cantata da una voce femminile aspra e decisa, richiama alla mente una certa atmosfera dittatoriale degli anni trenta – quaranta, in ogni caso di un secolo già lontano. Il rumore della palla che sbatte sul pavimento sembra accompagnarne la secchezza dell'andamento e del tono di quella voce. È la rigidità della formazione – atletica, ma non solo– che prepara il corpo ad essere capace di successo. L'essenzialità della passione si mischia alla durezza dell'allenamento, che richiede fatica, tanta, al fine di migliorare la propria tecnica. È il gioco della vita ed è il gioco delle relazioni umane: nessuna buona riuscita senza impegno. Non si può essere bravi giocatori senza un costante esercizio e una totale abnegazione di fronte ad esso. La palla non può rimbalzare da sola, deve essere sospinta, lanciata, accompagnata fino alla fine, fino al punto della vittoria. Per questo, la si difende dagli avversari. Per questo la si desidera ardentemente. Il fatto che bisogna saperla maneggiare si unisce alla brama di saperlo fare in modo unico e impareggiabile, degno di confronto e di vittoria su tutti gli altri.
Joseph Kusendila, l’interprete di An afternoon love, non è un attore ma un giocatore professionista. Non si fa simbolo all'interno di una metafora, ma vive, in questa cornice rappresentativa, la sua condizione quotidiana. Lui sa la solitudine dell'atleta. Conosce lo sforzo teso al raggiungimento della perfezione. La dedizione nei confronti di un oggetto. La palla come compagna di una vita a cui è necessario dedicarsi costantemente e, sempre, intensamente. I cali di attenzione o di interesse non sono perdonati. Seduti uno al fianco dell’altra, il giocatore e la palla contemplano il canestro come la loro meta, il fine ultimo di ogni loro azione, come due innamorati, con gli occhi affissi sull'orizzonte, che pensano al futuro.
La loro è una storia d'amore e richiede – e in questo lo spettacolo, sì, che si fa metafora – le stesse attenzioni e gli stessi obblighi di una relazione umana vera, di qualsiasi genere essa sia.
Un immaginario suggestivo che non si nasconde dietro la banalità dell'allenamento del giocatore, ma che apre squarci chiari e imprevisti proprio laddove la performance – ma forse è inadatto chiamarla così - si rivela immediatamente per quella che è, cedendo subito alla ripetitività del gesto che sembra dilatare il tempo, privando lo spettatore della speranza di uno sviluppo ulteriore che lo faccia uscire, per un attimo, da una palestra in cui si sta svolgendo un puro allenamento.


Spettacolo visto il 25  febbraio 2012

 

PATHOSFORMEL
AN AFTERNOON LOVE

di Daniel Blanga Gubbay, Paola Villani
con Joseph Kusendila
e con la collaborazione di Andrea Corsi
Produzione: Pathosformel/Fies Factory
Coproduzione: Centrale FIES, Workspace Brussels, Contemporanea/Colline Prato
con il supporto di APAP network (Advancing Performing Arts Project)

 
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