Albero senza ombra una piece teatrele in bilico tra arte e giornalismo
[ Giulia D'Amico ] Ancora una volta, una corrente di teatro civile oltre oceano attraversa l’Italia. Dopo il successo internazionale di spettacoli come i Sandali del tempo, Dentro un sole giallo e Otra vez Marcelo, il regista argentino César Brie, continua la propria missione artistica d’indagine e di denuncia sulle problematiche politiche e sociali della Bolivia, Paese in cui ha fondato il Teatro de los Andes e dove ha vissuto negli ultimi vent’anni. Già gli spettacoli precedenti erano caratterizzati da una fase di ricerca sul campo, sia conducendo interviste ad personam, sia attraverso l’analisi di fonti scritte, documenti ufficiali piuttosto che romanzi autobiografici o testimonianze. Per l’ultimo monologo Albero senza ombra le indagini hanno assunto tutte le caratteristiche di un'inchiesta giornalistica, minuziosa e accurata, dando vita, ancor prima del testo teatrale, ad un documentario audio-visivo: Tahuamanu, Morir en el Pando. Il Pando è una regione della giungla Boliviana, dove l’11 settembre 2008 si è consumato l’efferato massacro di alcuni campesinos ad opera di un gruppo di squadristi, in seno ad una manifestazione. Undici i morti accertati. Ma secondo alcune fonti decine di corpi erano stati occultati nelle foreste. La sensibilità politica di Brie, ha spinto l’artista ad indagare intorno alle omissioni dei fatti realmente accaduti, recandosi sul luogo della strage per intervistare le persone direttamente o indirettamente coinvolte e trovare una pista che lo potesse condurre alla scoperta della verità. Dopo mesi di lavoro, grazie al fondamentale contributo del medico legale Alberto Brailovsky, Brie è finalmente riuscito a fare luce sulla morte di alcuni scomparsi, sulla vera dinamica degli eventi, sull’occultamento e distorsione di prove ed infine sulla falsificazione di atti giudiziari e perizie necroscopiche. Inevitabilmente, la diffusione del documentario ha provocato delle ripercussioni sia nella vita di Brie che del medico argentino. Entrambi hanno ricevuto minacce di morte e Brailovsky è tutt’ora perseguitato dal capo della Polizia Federale Argentina Nestor Valleca, con l’accusa di aver fatto una perizia che non doveva assolutamente essere compiuta.
Viste le premesse, si potrebbe essere portati a pensare che Albero senza ombra sia semplicemente un altro strumento di comunicazione per diffondere (in un occidente saturato e snaturato dal giornalismo d’assalto) le informazioni sui quei fatti tragicamente accaduti. Al contrario delle apparenze, Albero senza ombra non è la versione teatrale del documentario. Per quanto rasenti (e a tratti riporti) i toni dell’inchiesta, il monologo non ricalca l’inchiesta, bensì ne rappresenta la trasposizione poetica, il suo correlativo nell’arte. Pochi elementi definiscono la scena. Un rettangolo di foglie incornicia lo spazio, gusci esotici e noccioli di mandorle evocano la foresta amazzonica, un poncho ed un costume tradizionale vengono utilizzati dall’artista per incarnare, di volta in volta, le persone che hanno subito la tragedia. Un susseguirsi di immagini ricreano eventi e luoghi di quella notte. Il racconto di Brie evoca le vittime, mentre sbatte violentemente per terra alcuni stracci imbevuti d'acqua. L’impressione per lo spettatore è di avere, davanti ai propri occhi, quei corpi martoriati, d’assistere ad un atto di pietas. Nel restituire un nome e dignità ai volti degli scomparsi, nel riconoscere collettivamente il dolore e la solitudine delle loro famiglie, risiede il senso profondo di questo spettacolo. Da un punto di vista drammaturgico, risulta particolarmente interessante, l’intrecciarsi della narrazione al racconto autobiografico di un uomo, quello di César Brie: padre, marito, artista, guida teatrale. In scena Brie racconta agli spettatori le varie fasi dell’inchiesta condotta ed i segni profondi che la sua passione per la ricerca della verità hanno apportato nella propria vita privata e lavorativa. Denso di dolore e autoironia, Albero senza ombra affonda le sue radici nella necessità di un artista di raccontarsi al pubblico italiano che per anni ha seguito ed acclamato i suoi successi teatrali dal sapore andino.
Chi ha visto e seguito il percorso artistico di Brie, si renderà conto che, dal punto di vista della creazione scenica, Albero senza ombra non presenta nessuna innovazione particolare. Dagli elementi scenografici, alla trattazione dello spazio e degli oggetti, all’uso della parola, tutto sembra ricalcare gli spettacoli precedenti. La nostalgia per il passato, ha ancorato il monologo ad una regia che guarda indietro, anziché avanti. Ad ogni modo, a distanza di un anno dal debutto, Albero senza ombra continua a girare i teatri del nostro Paese, diventando occasione di riflessione e di dibattito. Di recente, l’ITC Teatro di San Lazzaro (nella provincia di Bologna) ha ospitato una puntata del programma radiofonico Radio Zolfo/Fuori Porta a cui hanno partecipato lo stesso Brie ed il giornalista di Rai Tre Loris Mazzetti, dando la possibilità ai presenti in sala di approfondire sia le tematiche dello spettacolo, sia d’interrogarsi sul ruolo dell’arte e del giornalismo quando hanno il coraggio di farsi carico della ricerca della verità. Questione quanto mai rilevante nell’Italia di oggi, di ieri e di domani. |