In una vasta area del mondo (in Indonesia, Nepal, India, Iraq, Turchia, Kosovo e Macedonia, Italia, Portogallo, Marocco) è documentata, in passato o ancora al giorno d’oggi, l’esistenza di riti femminili officiati da uomini effeminati, spesso vestiti da donna, che in occasione di nascite, circoncisioni, matrimoni, funerali danzano e suonano il tamburello per le danze delle donne o per il loro intrattenimento. Antecedenti storici di queste tradizioni sono i riti dedicati a divinità femminili, in specie a Cibele, i cui officianti, detti in latino appunto effeminati, si vestivano da donna e suonavano il tamburello. Le tracce archeologiche e letterarie di queste tradizioni risalgono all’VIII sec. a. C., e interessano un’area che va dalla Persia a tutto il Mediterraneo. Ulteriori diffusioni e riplasmazioni di questi riti sono dovuti, in area ottomana, alla cultura dell’harem e al ruolo degli eunuchi nell’intrattenimento femminile.

Attori di questi riti sono spesso dei marginali: non soltanto in ragione della inversione di ruolo, che corrisponde a orientamenti sessuali personali e, in qualche caso, arriva alla transessualità, ma anche in ragione della collocazione sociale delle comunità di effeminati: che in Kosovo, in Macedonia e spesso in Turchia sono rom, e altrove sono mendicanti, musicisti di strada, gente che vive con difficoltà e con perizia sul confine tra mondi diversi.

Pure questi “marginali tra i marginali” sono custodi, per sé e per gli altri, di memorie profonde, interpreti di riti necessari all’intera comunità. La marginalità, in questo caso in modo più evidente che in altri, è caratteristica imprescindibile di ruoli culturalmente rilevanti, componente necessaria di quel che, d’altra parte, si potrebbe definire una centralità nascosta. E quel che si è soliti ritenere esclusivamente un orientamento sessuale, del tutto personale e indipendente dal tessuto sociale in cui si collocano gli individui, ha invece una dimensione condivisa, agisce all’interno della società, la modella e ne è a sua volta orientata. Senza effeminati e travestiti la nostra concezione del femminile e del maschile, del sacro, di aspetti rilevanti della danza e della musica sarebbe diversa, e assai più povera.

Questo fenomeno, apparentemente secondario e irrilevante, percorre da secoli la nostra cultura, ne è parte fondante. E in quest’epoca difficile, sul piano delle identità e delle interazioni tra gente diversa, può costituire un elemento utile di riflessione.

Nel corso della giornata verranno analizzate e messe in scena alcune di queste tradizioni. Il programma dettagliato verrà precisato più avanti: il coinvolgimento di questi musicisti e danzatori, non rappresentati da impresari né avvezzi ai palcoscenici, spesso privi di passaporto, cauti nel rapporto con gli altri, è operazione difficile e delicata. Si confida nella comprensione del pubblico.

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