martedì 8 maggio, h 21 | Aula absidale
PER PIANOFORTE E (MINIMA) ORCHESTRA
Leone Magiera, pianoforte
Harmonicus Concentus
L’Adagio e Fuga in Do minore K. 546, composto nel 1788, è in realtà la trascrizione per archi di una Fuga per due pianoforti (K. 426) risalente al 1783, cui Mozart antepose con funzione di preludio un esteso, imponente Adagio dai toni drammatici. L’opera si inscrive nel segno di Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Händel, di cui Mozart aveva intrapreso uno studio approfondito su sollecitazione dell’amico barone Gottfried van Swieten, per apprenderne lo stile e l’arte del contrappunto. Più vicino alla solennità händeliana è l’Adagio introduttivo, dominato dal vigoroso ritmo puntato tipico del compositore sassone, mentre un omaggio al contrappunto bachiano appare la Fuga, aperta da un soggetto di granitica incisività.
Il Quartetto in Mi bemolle maggiore D. 87, pubblicato postumo come op. 125 n. 1, è considerato forse il più raffinato dei cinque composti da Schubert tra il 1813 e il 1816. In quest’opera giovanile è chiaramente avvertibile l’influenza dei modelli haydniani e mozartiani, sia nel trattamento della forma, sia nei contrasti che solcano il percorso dei quattro movimenti. Il brano iniziale rispetta i canoni della forma sonata, con due temi dai caratteri divergenti: delicato ma ritmicamente incisivo il primo, più leggero e danzante il secondo. Vivaci abbellimenti e ampi, bruschi salti intervallari fanno del secondo movimento, Scherzo, un brano penetrante, cui si oppone la parentesi del Trio centrale, dominata da una spossata cantilena. Segue l’Adagio tripartito, una pagina di intenso, quasi religioso raccoglimento. L’Allegro finale, di nuovo in forma sonata, è un brano incantevole e brillante, col suo tambureggiante moto a crome e i vorticosi passaggi in terzine, mentre il leggiadro secondo tema già esibisce la grazia peculiare del maturo stile schubertiano.
Considerato dallo stesso Chopin un banco di prova per l’abilità tecnica dell’interprete, il Concerto per pianoforte e orchestra in Mi minore fu eseguito nel 1830 nell’esibizione d’addio del compositore al pubblico di Varsavia prima della partenza per Vienna. La misura del suo successo furono le repliche, numerose in tutta Europa. Il primo movimento, Allegro maestoso, è in forma sonata, con un’esposizione basata su tre temi; il primo compare subito all’attacco del preludio orchestrale, seguito da una malinconica melodia esposta dai violini primi che contrasta col più aperto terzo tema. L’ingresso del pianoforte dà l’avvio alla tradizionale seconda esposizione del materiale, arricchita ora dai virtuosismi del solista, che rimane protagonista assoluto anche nello sviluppo – in cui il secondo tema appare una sorta di pretesto per le continue divagazioni del pianoforte – e nella ripresa. Una struggente melodia continuamente variata caratterizza il secondo movimento, Romance. Il ventenne Chopin lo descrisse così in una lettera all’amico Tytus Woyciechowski: «...deve dare l’impressione di un dolce sguardo rivolto ad un luogo che suscita nel pensiero mille piacevoli ricordi. Si tratta di una fantasticheria, al bel tempo di primavera, ma con la luna». Il brano conclusivo, notevole per le funamboliche figurazioni pianistiche, è un rondò di ardua esecuzione, che riecheggia la krakowiak, tipica danza polacca caratterizzata da andamenti sincopati. Il Concerto verrà eseguito nella rara versione per pianoforte e ensemble da camera.
Francesco Maria Ranzato
Laurea magistrale in Discipline della Musica
coordinamento e redazione
Sara Elisa Stangalino