con Sara Angelini, Nicole Arbelli, Stefano Bartolini,
Agata Castellucci, Demetrio Castellucci, Teodora Castellucci, Noemi Magnani, Nicoletta Martini, Ignazio Palazzi,
Paride Piccinini, Vincenzo Reale, Eugenio Resta,
Giovanni Scardamaglia, Filippo Tappi,  Gaia Tombini,
Agnese Trentin, Elena Turci, Marco Villari
Claudia Castellucci, insegnante 


Il ballo sviluppa i tre modi essenziali della lotta: con sé, con l’altro, con l’insieme.
La morfologia cerebrale, scissa in due emisferi, cova il primo momento del duello.
I passi lo percorrono, spinti ora qua, ora là; i salti lo inalberano, in una magnetica incertezza terrestre. Il tempo non è più la misura di una distanza percorsa, ma è durata. Questo principio distingue il ballo dalla danza. Il ballo vuole considerare lo spazio non come un campo da solcare con traiettorie, ma come un recipiente che contiene già tutte le forme di cui è capace. E il ballo pure dovrà esserlo, capace, in quell’impassibilità dell’espressione che è agonia di tutte le prefigurazioni, come quella dell’atleta prima di un salto mortale.
Lo sport è chiaramente evocato, o forse è meglio dire che viene fatto, perché dallo sport si mutua l’assenza totale di spessore filosofico e di ricerca d’apatia, non tanto morale, quanto espressiva.