Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Filosofia della musica a.a. 2002-2003
Filosofia della musica
(a.a. 2002-2003)
Prof. Paolo Gozza
PROGRAMMA
GUIDA ALLA PREPARAZIONE DELL'ESAME
CALENDARIO DELLE LEZIONI, DEGLI ESAMI E DEI RICEVIMENTI
QUADERNI PERSONALI

I modulo · 16 ottobre - 15 novembre 2002
II modulo · 11 dicembre 2002 - 31 gennaio 2003

Giovedì 17 ottobre

  • cenni biografici su Marsilio Ficino (1433-1499): si consulti un buon manuale di Storia della Filosofia o un Dizionario biografico;
  • struttura del De vita (La vita, 1489): si veda l’Introduzione (pp. IX-XIX: X-XIV) di Albano Biondi nell’edizione del De vita da lui curata e adottata per questo corso;
  • lettura del Proemio (pp. 4-9) al Libro I. Argomenti:
    - natura di Bacco: tradizione mitografica: si veda Vincenzo Cartari, Le imagini de i Dei de gli Antichi (Venezia 1556), Vicenza, Neri Pozza 1996, pp. 365-402;

    - Bacco (Libero) – Apollo: il vino vivificatore e le medicine;

    - duplicità di Bacco, duplicità di Ficino, che è medico del corpo e medico dell’anima e ha due genitori: il padre naturale, medico, e il padre elettivo, Cosimo dei Medici, che gli ha dato una seconda vita, la vita dell’anima ossia la vita sempre rinnovata della cultura;

    - genesi del De vita;

    - significato del Libro III (libro astrologico e musicale) del De vita: rapporto tra mondo e uomo, tra grande mondo (macrocosmo) e piccolo mondo (microcosmo); il mondo come un corpo vivente di cui l’uomo è membro;

    - i 3 libri del De vita come metafora dell’unità della vita: dall’unità del mondo e dell’uomo come vitalità all’unità dei 3 libri del De vita, quasi membra diverse che il genitore (Ficino) unisce armoniosamente elargendo loro la vita (de vita);

    - Lorenzo dei Medici, dedicatario del Libro, spirito divino che infonde vita alle membra del libro sulla vita, allo stesso modo in cui col suo pneuma ha infuso vita al corpo e all’anima di Ficino, tutti uniti dal vivificante vincolo pneumatico di origine celeste.
  • immagini: durante le lezioni farò di tanto in tanto ricorso ad alcune immagini per illustrare concetti o archetipi della cultura musicale del Rinascimento. Oggi ho mostrato e commentato tre immagini:

    - la prima è la tavola tratta dalla Theorica musice (Milano 1492) di Franchino Gaffurio, che illustra la scoperta pitagorica delle consonanze e i primi esperimenti musicali compiuti da Pitagora su corde, bicchieri, campane e canne. Il significato di questi esperimenti è la deduzione degli universali della musica, i numeri sonori, quel quaternario o numeri da 1 a 4 dai cui rapporti si generano le consonanze musicali; si veda l’Introduzione alla Musica nella Rivoluzione Scientifica del Seicento (1989) da me curata;

    - la seconda immagine, tratta dall’Angelicum ac divinum opus (Milano 1508) rappresenta Gaffurio in cattedra durante una lezione di teoria della musica: le parole che pronucia sono "harmonia est discordia concors", l’armonia è discordia concordante;

    - la terza immagine è il frontespizio dell’Harmonie universelle (1636-37) di Marin Mersenne, che attraverso la figura mitica di Orfeo con la lira rappresenta il potere irrazionale della musica di produrre meravigliosi effetti sulla vita del cosmo. L’immagine di Orfeo è così complementare a quella di Pitagora, e insieme stanno a rappresentare le due facce della musica che nella cultura europea si sono continuamente fronteggiate, dai Greci a Nietzsche: la razionalità matematica delle strutture musicali, la simmetria e l’armonia ordinata del cosmo e della composizione, da un lato, e, dall’altro, l’irrazionalità delle pulsioni e delle passioni che la musica può risvegliare o sedare a suo piacimento.

Suggerimenti per il lavoro individuale:

Schede

  • la lettura del testo di Cartari sull’immagine e la natura del dio Bacco apre stupendamente alla letteratura mitografica rinascimentale, alle "favole degli Antichi", che hanno profondamente influenzato l’immaginario degli uomini di cultura europei. Una scheda sul Bacco di Cartari può essere un ottimo esercizio di biografia mitologica.
  • una scheda sulle immagini mostrate a lezione è un utile esercizio di ricerca: si tratta di reperire la fonte, di scrivere due righe sull’autore, di estrapolare gli elementi di cultura musicale che l’immagine visualizza, di reperire una bibliografia su questi materiali, e così via.

Lessico

  • hanno circolato nella lezione due parole-chiave della cultura filosofica e musicale del Rinascimento, che Ficino ha contribuito a diffondere: numero sonoro e armonia. Su questi lemmi sono stati scritti libri ponderosi. Sarebbe sufficiente cominciare a circoscriverne il significato attraverso i dizionari di musica e di filosofia, o attraverso un primo sguardo alla letteratura (Leo Spitzer, John Hollander, e altri).

Mercoledì, giovedì e venerdì 23-25 ottobre

  • lettura dei capitoli I-X del De vita sana, primo libro del DV, sulla salute e il benessere degli studiosi:
    cap. I, pp. 11-15: ricordare le 9 guide degli studiosi.
    cap. II, pp. 15-17: viene introdotto il termine spirito, spiritus, lo strumento con cui chi studia può "misurare e catturare l’universo." Lo spirito medico: generazione, natura, funzione; tripartizione degli organi del corpo – fegato, cuore, cervello – e tripartizione degli spiriti: naturali, vitali e animali o psichici.
    cap. III, p. 17: il pericolo che minaccia gli studiosi: inattivi nel corpo, con la loro attività consumano la mente. Di qui la discrasia degli umori, con prevalenza di pituita e bile nera, di qui la tendenza ad affaticare a dismisura l’intelletto e a cadere nello stato malinconico: deliri, ansie, paure, fuga del pensiero.
    cap. IV, pp. 17-21: le 3 cause per cui gli studiosi diventano malinconici: celeste, naturale, umana. Quest’ultima è una descrizione del processo psico-fisiologico (le alterazione degli spiriti dovuti ai processi di combustione interna per l’intensa attività intelletuale) attraverso cui l’umor nero, o atra bile, ha il sopravvento sugli altri umori (flegma, bile gialla, sangue), generando patologie e sofferenza, nonché alterazioni dell’equilibrio psichico.
    cap. V, pp. 21-27: qui Ficino discute l’altra faccia della malinconia, la genialità dell’uomo di lettere. Questo capitolo va letto insieme al testo del XXX dei Problemi pseudo-aristotelici, inserito nella dispensa. L’associazione tra malinconia e genialità nella cultura europea parte dal problema XXX, che Ficino ha ben presente quando scrive questo capitolo del DV, e che ripropone nei suoi termini medici e filosofici alla cultura rinascimentale. Distinzione fondamentale tra due tipi di bile nera (p. 23), e loro effetti (pp. 23-25). Natura anormale della bile nera: l’impulso e la disponibilità agli estremi, e la frequentazione di tutti i punti intermedi. Da questo fondamento umorale nascono le patologie caleidoscopiche del temperamento malinconico, dall’ipocondria e dalla nera follia alla ‘mania’ profetica e alla genialità (come dal Fedro di Platone). Di qui, infine, la necessità di temperare la malinconia con gli altri umori secondo determinate proporzioni duplicate (8:2:2; vedi pp. 25-27).
    cap. VI, pp. 29-31: come l’atra bile favorisce l’ingegno: descrizione dell’alchimia dell’umore da cui gli spiriti che ne sono distillati acquistano un affinamento massimo, sono spiriti sottili, caldi, luminosi, in tutto simili all’etere adamantino, alla quinta essenza dei cieli in cui dimorano e respirano le potenze celesti. Effetti positivi degli spiriti distillati dall’umor nero. Invito ad amare la ‘splendida’ bile nera, fonte inesausta di piaceri intellettuali sconosciuti e inimmaginabili ai più, ma altresì invito a evitare nei modi che saranno indicati l’altra bile nera, la bile adusta, residuo caliginoso della combustione vitale, i cui effetti sono pessimi;
    cap.i VII e sgg., pp. 31-51: dopo avere descritto il quadro psico-fisiologico e psico-somatico della malinconia, il suo carattere instabile e ciclotimico, Ficino passa nei capitoli successivi a indicarne i rimedi. Ficino è qui medico del corpo, non dell’anima, la terapia che suggerisce è infatti un regime di vita, nonché ricette dietetiche e farmacologiche fondate sulla consonanza tra ritmo di vita e ritmo biologico del mondo, e sulla conoscenza dei medicamenti naturali – pietre, erbe, fiori, prodotti della natura – opportunamente confezionati in particolari situazioni astrali.

Alcuni commenti per cogliere le problematiche profonde del testo ficiniano

  • Nel primo libro del DV Ficino discute un nodo fondamentale, che è in definitiva l’oggetto della sua funzione di medico del corpo e di medico dell’anima: questo nodo fondamentale è il luogo interno in cui mente e corpo si incontrano e reciprocamente si influenzano, l’invisibile spazio interiore in cui ha sede l’emotività e l’affettività, la temperie psico-somatica, la distillazione e la metamorfosi incessante degli stati d’animo, l’interiore meteorologia che plasma costantemente e incessantemente sovverte la vita di ciascuno, e che tanta influenza ha dunque sul benessere fisico e mentale dell’individuo. Ficino ci conduce nell’inferno dell’interiorità, ce ne indica lo statuto e l’instabile profilo, ci pone in contatto col magma interiore per comprenderlo e progettarlo, per farne non la nostra rovina e uscita dal mondo, come negli ipocondraici e nei folli, ma la nostra forza creatrice, l’energia profonda da cui può nascere la ‘seconda’ vita, come dice Ficino, ‘rinato’ a quel ‘rinascimento’ del mondo e della cultura antica cui Cosimo de’ Medici (il Cosmo) l’ha destinato. C’è indubbiamente una forte identificazione dell’autore del DV coi tratti psicosomatici del malinconico che vi sono descritti (Ficino è naturalmente un malinconico). E, in quanto medico ‘letterato’, Ficino prende particolarmente a cuore i letterati, gli uomini di studio, che gli appaiono ‘soggetti a rischio’, costantemente in bilico tra follia e genialità, tra tetra fuga dal mondo e divino furore creativo.
  • In questa discesa nell’interiorità dell’uomo, a metà strada tra mente e corpo, nel paesaggio umido, caldo e fumoso in cui si producono continuamente gli spiriti medici (questi aerei servitori dell’anima, come Ariel nella Tempesta lo è di Prospero, il mago ficiniano), Ficino può circoscrivere e definire come in uno specchio la facoltà dell’anima che si colloca a metà strada tra mente e corpo, tra il logos (ragione discorsiva e parola-verità) e la sensibilità (i 5 sensi proiettati all’esterno): questa facoltà intermedia è l’immaginazione, la facoltà attraverso cui la mente percorre in lungo e in largo gli spazi del mondo, avvicinando e portando proporzione agli oggetti distanti, misurando come con un compasso la circoferenza dell’universo, creando e ricreando nessi analogici (non fondati sulla relazione causa-effetto), e attivando una comunicazione infra-soggettiva e inter-soggettiva che non passa attraverso la parola, ma attraverso simboli, immagini, suoni, colori, profumi, che sono poi i caratteri di quel linguaggio non-verbale che sono l’emblema della cultura rinascimentale, la sua cifra intellettuale. L’immaginazione è così la facoltà operativa del filosofo-mago, che indaga i segni delle cose e interpretandone i segni ne coglie i segreti, per poi attivare le sue segrete conoscenze nella ricerca di effetti medici e mentali positivi. È in questo contesto di relazioni simpatetiche che connettono l’uomo al cosmo che l’immaginazione opera per migliorare la vita dell’uomo di lettere; ed è precisamente in questo contesto cosmologico che la medicina dovrà lasciar posto a una scienza più profonda, che combina astrologia e musica, onde operare in profondità sull’anima quanto le ricette e le diete possono sui corpi.
  • A questa potenza cosmologica dell'immaginazione, che attraverso immagini 'buone' ordina e comanda le segrete simpatie e risonanze del cosmo, fa da contraltare l'immaginazione del malato di mente, i cui oggetti sono al contrario immagini orribili, mostruose, che risentono del caos primordiale della materia. Qui le potenze dello spirito e dell'anima, l'affetto e il pensiero, rimangono inviluppate in se stesso, in un narcisistico gioco di autodistruzione. La chiarità del pensiero e della parola non emerge a illuminare questo mondo interno avviluppato nella condizione arcaica dell'uomo confuso con le forze primiginie e naturali del cosmo.

Suggerimenti per il lavoro individuale:

Schede

  • sul testo del XXX problema ps.aristotelico riportato nella dispensa, su cui si può leggere il commento in Saturno e la malinconia;

Lessico

  • la parola chiave dei capitoli è spirito, spiritus, termine la cui storia contamina molteplici discipline e tradizioni antiche e moderne, dalla Bibbia a Hegel;
  • altro termine è malinconia, mélas colia, atra bile, nel quadro della teoria umorale galenica; e, connesso a questo, mania, furor, poi divenuto genialità (fisiognomica del genio rinascimentale).

Mercoledì 30 e giovedì 31 ottobre

Argomento dei due incontri è stato il II libro del DV, "La vita lunga." "L’arte è lunga, la vita breve," recita l’aforisma di Ippocrate che Ficino ricorda a p. 95; e poiché l’arte è lunga, "non si può conseguire se non con lunghezza di vita." Per questo scopo, Ficino colleziona nei capitoli del libro una serie cospicua di suggerimenti medici: regole sul migliore regime di vita, diete salutari, esibendo una farmacopea fondata sulla conoscenza dei trattati medievali di medicina (ad es., Arnaldo da Villanova) e sulla elencazione a volte pedante delle proprietà naturali delle piante, degli aromi, dei cordiali, rivolgendo le sue attenzioni soprattutto ai vecchi e alle loro consuetudini di vita.

Premesso questo, ci siamo occupati in particolare dei capitoli 14 e 15, nei quali Ficino immagina che due divinità, Venere e Mercurio, conversino con gli anziani promettendo loro la conservazione della vita attraverso una serie di ammonimenti in forma d’oracoli.

Il discorso di Venere invita a sanare e a conservare sano lo spirito attraverso cose primaverili (la Primavera del Botticelli era ben viva negli occhi e nel ricordo di Ficino): l’ "oracolo" di Venere è un elogio dei colori, in particolare del verde, che Ficino analizza sulla base di una teoria della visione (p. 149) fondata sull’isomorfismo tra luce e visione, tra l’oggetto della vista e l’occhio. A questa teoria della visione corrisponde poi una fisiologia dello spirito animale che attraverso la visione di colori temperati (il verde) è a sua volta ristorato e temperato, diffondendo il proprio temperamento alla mente e al corpo dell’anziano.

L’ultima parte del discorso di Venere (pp. 149-51) chiama in causa le realtà celesti, per ribadire la stretta connessione tra terra e cielo, tra sostanze terrestri, virtù celesti e lo spirito dell’uomo, la cui natura è simile alla materia del cielo, ossia l’etere luminoso.

In breve, il discorso di Venere enfatizza il piacere dei sensi materiali – tatto, odorato -- o ‘esteriori’ – la vista --: comune a tutti è l’idea che il piacere derivi dalla fruizione di oggetti temperati, ossia proporzionati, che realizzano un’armonia di opposti (il bianco e il nero nel caso del verde), in ottemperanza al canone rinascimentale del piacere come proporzione – la natura del piacere sensibile nasce dalla proporzione tra l’oggetto e il senso, e l’oggetto al pari del senso deve avere in sé proporzione.

Il discorso di Mercurio ha un altro registro. Mercurio mette in guardia dalle insidie di Venere, che promette la vita e intanto la toglie per donarla ad altri (p. 155). Quindi invita alla prudenza, all’equilibrio, a uno stile di vita e di alimentazione contemporaneamente rivolto alla mente e al corpo. Mercurio reca in dono piaceri che non riguardano il tatto o il gusto, ma soprattutto l’udito (egli è il dio dei discorsi, della parola alata, della varietà e mobilità del linguaggio). A p. 161 l’elogio degli oggetti dell’udito diventa una straordinaria descrizione del canto vivente, in atto, che induce una comunicazione pneumatica tra lo spirito del cantante e lo spirito dell’ascoltatore, temperandolo e recandogli un piacere forte e duraturo. Si tratta d’una anticipazione dei temi che Ficino analizzerà ampiamente nel cap. 21 del III Libro del DV, sui suoni e la musica.

Il cap. 18 di "La vita lunga", che discuterò la settimana successiva, riprende attraverso il tema degli odori il vincolo pneumatico tra spirito medico, aria e profumi. Alla p. 177 Ficino si preoccupa di stabilire la centralità dello spirito per la vita, ne definisce la natura, ne coglie i rapporti con la sensibilità e l’affettività dell’uomo, e sottolinea l’efficacia dei suoni e dei canti per formare e strutturare il mondo interno.

Alcuni suggerimenti

Per quanto riguarda il tema della visione e la connessa teoria, può essere utile la lettura del saggio di D.P. Walker sullo spirito musicale di Ficino, leggibile nella dispensa contenente i materiali di quest’anno.

Sul tema dei colori, in particolare gli studenti di arti visive possono cercare risonanze ficiniane nella trattatistica rinascimentale e tardo-rinascimentale della pittura (ad esempio Lomazzo), partendo dalla lettura del saggio "La forma e l’intellegibile" nel libro di Robert Klein (Torino, Einaudi 1975, pp. 150-77) che reca lo stesso titolo.

Sul tema del piacere come proporzione gli studenti di musica possono utilmente leggere il primo e il secondo capitolo del Compendio di musica di Cartesio. Il testo, tradotto dal latino e commentato, è a portata di mano: basta ‘cliccare’ di nuovo sui "supporti alla didattica" di Filosofia della musica anno accademico 2001/02, e il testo cartesiano sarà visibile e leggibile con le note esplicative relative al tema in discussione.


Mercoledì, giovedì e venerdì 6-8 novembre

Abbiamo letto e commentato passi del cap. 18 del II libro del DV, "Come si nutre lo spirito e si conserva la vita per mezzo degli odori" (pp. 171 sg.), per sottolineare la continuità che Ficino istituisce tra spirito e aria (vedi p. 173), tra pneuma vivente interiore e la natura mobile, la capacità di penetrazione e infine l’estensione dell’oceano d’aria in cui siamo immersi, che raccoglie e riflette come uno specchio le influenze delle cose inferiori e delle cose superiori, agendo da connessione tra gli elementi e le qualità del cosmo.

Il riferimento ai profumi, quindi agli odori e all’olfatto, si colloca in questo contesto pneumatico: "aria e profumo sembrano essere … delle specie di spiriti," come l’aria anche i profumi sono assimilati dal cuore ed entrano nelle arterie alimentando lo spirito vitale da cui trae origine lo spirito animale nel cervello, quindi ristorano e quasi purificano la mente attraverso gli organi sensoriali e vitali nel corpo (p. 175).

Alla p. 177 c’è poi una lucida sintesi sulla natura dello spirito, sulla sua vitalità ("è come se la vita risiedesse in quella cosa volatile che è lo spirito"), sulla sua armonia con l’anima, su come gli effetti degli eventi esterni alterino a volte bruscamente e pericolosamente lo spirito, e questo effetto traumatico si riverberi fino alla mente, mostrando così che lo spirito è la mobile e inquieta materia della sensibilità, delle emozioni, anche dei sogni che la continua agitazione degli spiriti inducono nelle menti degli uomini, sicché si può dire che la vita ha la sostanza dei sogni. Di qui infine l’invito a allietare lo spirito con suoni e canti, che sono le materie più consone e affini (omeopatia) alla natura del nostro spirito aereo.

Nella seconda ora del mercoledì siamo entrati in contatto con la musica a Firenze al tempo di Lorenzo. L’occasione è stata la lettura del testo che Ficino aveva scritto come epitaffio per il busto marmoreo di Antonio Squarcialupi (1416-1480: il busto scolpito da Benedetto da Maiano è ora nella navata sinistra in Santa Maria del Fiore), il celebre organista mediceo voluto da Cosimo de’ Medici che arricchì la vita musicale della Firenze al tempo di Lorenzo il Magnifico. L’epitaffio di Ficino è giocato sull’analogia e la continuità tra l’immagine marmorea di ‘Antonio degli organi’, lo spirito vivente, le canne dell’organo e la vita sonora che ancora spira nell’imponente strumento pneumatico. Questa complessa analogia ha consentito di introdurre un discorso sullo strumento musicale (qui l’organo) come metafora sia dell’uomo (l’idraulica sonora nelle canne dell’organo come metafora dello spirito vitale che scorre nei meati degli organi inetrni del corpo umano e nel cervello dell’uomo, per cui l’uomo è uno strumento musicale), sia del cosmo (lo spirito nelle fistole è il pendant sonoro dello spirito del mondo che agita e fa risuonare l’organo del mondo, lo strumento di Dio, per cui il mondo è uno strumento musicale). Collocato sotto la rigonfia cupola di Santa Maria del Fiore innalzata da Brunelleschi, l’organo di Squarcialupi sembra quasi l’eco della musica della volta celeste di cui la cupola brunelleschiana è l’immagine e il contenitore terreno.

Due testi possono essere utilmente consultati dallo studente come approfondimenti di questi temi. Il primo testo è il saggio di G. Giacomelli, "Ut afflatu meo quotidie resonet. Immagini dell’armonia cosmica per il conte Bardi,", in Neoplatonismo, Musica e Letteratura nel Rinascimento. I Bardi di Vernio e l’Accademia della Crusca, a cura di P. Gargiulo, A Magini e S. Toussaint, Prato 2000, pp. 173-93, che è servito per illustrare la relazione tra Ficino e Squarcialupi, tra il filosofo e l’organista della Firenze laurenziana. Il secondo testo è il saggio di Jamie C. Kassler, "L’uomo – Uno strumento musicale …", nel volume La Musica nella Rivoluzione Scientifica del Seicento, a cura di P. Gozza, Bologna, il Mulino 1989, pp. 243-57. Su entrambi questi saggi si possono redigere le schede bibliografiche (estratti) per il ‘quaderno personale di Filosofia della musica’.)

III Libro del DV, "de vita coelitus comparanda", la vita conforme al cielo. Il libro risponde alla domanda: come possiamo diventare celesti? Diventare celesti significa per Ficino diventare armoniosi, temperati, quindi sani nel corpo e nella mente, perché niente è più temperato e armonioso del cielo, la creatura di Dio. Come si diventa celesti? Rompendo i limiti, vivendo "con ampio respiro": "Tutti coloro che distribuiscono col bilancino interessi e occupazioni e li investono sempre con minuta precisione in cose minute, nel frattempo, senza neanche accorgersene, consumano miseramente la loro vita ..." (p. 443). All’opposto, continua Ficino, "niente è più ampio del cielo, niente più carico di vita… quindi viviamo in conformità al cielo e al tempo del cielo … con ampio respiro, lontani dalle strettoie soffocanti." In queste parole conclusive (pp. 443-44), Ficino spiega il significato dell’espressione che dà il titolo al III libro: la vita conforme al cielo è la vita che si apre al mondo, che ne riflette come in uno specchio la varietà e l’unità – significa desiderio e volontà di aprirsi a contenuti nuovi e capacità di contenerli armoniosamente. Perciò è attuale l’avvertenza di Pitagora: "sta attento a non lasciarti chiudere in uno spazio angusto." (p. 443)

Dalla conclusione del DV alle parole che Ficino rivolge al suo lettore all’inizio del III libro (p. 199 sgg.). Anche queste pagine sono importanti, perché definiscono una condizione preliminare della ‘terapia’ celeste che Ficino propone nel libro al lettore: questi deve mettere da parte odi e rancori, invidie e passioni negative; con vissuti negativi e distruttivi non c’è terapia, fisica o celeste, che possa avere successo. Il primo passo è dunque per Ficino il desiderio e la volontà di guarire, ossia di migliorarsi, di vivere sani e a lungo in conformità o armonia coi cieli. Il resto del paragrafo è la variazione di questo concetto fondamentale.

Il III libro del DV spiega come attrarre sulla terra le potenze del cielo per averne benefici. Prima di iniziare la lettura, ho preferito fornire uno schema utile a inquadrare come le potenze celesti operano sulle realtà mondane, e come l’immaginazione dell’operatore (mago, artista, demiurgo) interagisca positivamente con esse e le attivi nelle pratiche più diverse, che vanno dalla manipolazione di immagini e dalle incantazioni, alla creazione di immagini, di musiche, di parole e suoni. In tal modo, la teoria della magia è anche una teoria della creazione artistica e dei suoi effetti infrasoggettivi e transitivi. Ecco lo schema:

Teoria generale della magia spirituale (naturale)

  Influenze planetarie  
       
  Immaginazione
(vis imaginativa)
 
       
Immagini
(
vis imaginum)
Parole
(vis verborum)
  Musica
(vis musices)
Oggetti
(vis rerum)
1. arti visive 1. poesia, eloquenza   1. musica, canto 1. qualità
2. figure, talismani 2. parole-cose, incantazioni   2. Numeri, armonie celesti, risonanza 2. qualità occulte
       
 

Effetti

 
  Psicologici   Fisici
(su oggetti inanimati, o sui corpi)
 
Soggettivi
(sull’operatore)
  Transitivi
(su altri soggetti)

Transitivi
 
Puramente psicologici       Psicosomatici Pianeti  

Per commentare questo schema bisogna cominciare col dire che il catalizzatore delle influenze planetarie è l’immaginazione. Essa opera come un magnete che attira le influenze delle stelle (le radiazioni stellari) attraverso esche appositamente create secondo determinate regole. Le influenze celesti controllate dall’immaginazione operano attraverso immagini, parole, suoni e musiche, oggetti. Gli effetti che producono sono sia psicologici che fisici, i primi agiscono infrasoggettivamente sulla psiche dell’operatore e transitivamente sulle menti di altri soggetti (da ‘terapeuta’ a ‘paziente’), i secondi fisicamente sui corpi e persino, a ritroso, sulle stelle.

Per collocare spazialmente e visivamente nel contesto cosmico questa teoria della magia, mi sono riferito al frontespizio dell’opera di R. Fludd, Utriusque cosmi historia ("Storia dell’uno e dell’altro cosmo": 1617-21), che esibisce l’immagine dell’uomo iscritto nella circonferenza del mondo ritmato dai simboli che rappresentano i diversi piani dell’universo, dalla terra a Dio attraverso gli elementi, i pianeti, le costellazioni e le intelligenze angeliche. Per garantire al ‘paesaggio mondiale’ di Fludd la componente musicale (l’armonia del cosmo), abbiamo poi commentato un’altra immagine: quella della Practica musicae (1496) di F. Gaffurio che rappresenta la musica delle sfere partendo dal trono di Apollo Musagete che regge la lira circondato dalle tre Grazie, ai cui piedi si sviluppa la scala dei pianeti a ciascuno dei quali è associata una Musa e una nota musicale, fino alla muta Terra in basso. Il drago serpentiforme a tre teste rappresenta il tempo del mondo entro i cui rivolgimenti si dipana la vita dell’uomo, che dovrà quindi cercare di renderla quanto più possibile simile alla vicenda celeste.

È con questo paesaggio sonoro cosmico che l’immaginazione del demiurgo terreno interagisce per assorbirne vita temperata e armoniosa. Ma prima di questa azione demiurgica deve intervenirre un sostrato materiale, un collante pneumatico che metta in comunicazione l’immaginazione del demiurgo con le intelligenze celesti: questo collante è lo spirito del mondo.


Mercoledì, giovedì e venerdì 13-15 novembre

Attraverso il frontespizio dell’Utriusque cosmi historia di Fludd, che rappresenta l’uomo iscritto nella grande circoferenza del cosmo, portato in giro dalle rivoluzioni celesti e inserito nelle fitta tessitura delle radiazionie cosmiche, ci siamo chiesti come questa immagine potesse animarsi, prendere vita, tradursi nel fantasma di un mondo vivente, che respira e pulsa ritmicamente nelle sue diverse parti. Questo passaggio dall’inerte materia primordiale alla vita del mondo è il soffio divino, l’alito che agita le gran mole dell’universo, compreso l’uomo. Il concetto di spirito del mondo che Ficino introduce a partire dal terzo capitolo del DV (pp. 223 sg) è lo strumento di questa universale animazione e comunicazione pneumatica: come una radiazione luminosa, seguendo vie occulte, lo spirito del mondo trasferisce i poteri delle intelligenze astrali ai corpi e alle nature mondane. Ficino sottolinea nel capitolo la funzione dello spiritus mundi come mediatore e vincolo tra l’anima mundi e il corpo del mondo (p. 223); ne precisa la natura di "corpo eccellente, quasi non-corpo", a metà strada tra la mente divina e la materia mondana; ne argomenta la vitalità, facendone il principio della generazione (p. 223 e p. 224), come se lo spirito avesse il potere di ingravidare la materia generando le forme varie e molteplici del paesaggio terrestre(ad es., dalla pietra lo spirito può essere separato alchemicamente e generare l’oro: pp. 223-24). Il verso del VI Libro dell’Eneide riportato da Ficino alla p. 225, "Spiritus intus alit", lo Spirito aleggia internamente, conclusa dal verso "totamque infusa per artus Mens agitat molem", diffusa negli arti la Mente agita la gran mole del mondo, riassume splendidamente l’idea ficiniana di un universo vivente, che in qualche modo respira, si contrare ed espande, in cui la vita è mescolata alla vita: una concezione nella quale intervengono elementi platonici (il Timeo), neoplatonici (Plotino) e stoici (il panteismo pneumatico).

Il quarto capitolo affronta il tema della comunicazione tra vivente spirito del mondo e spirito medico dell’uomo, l’uno eco o specchio dell’altro. Ficino sottolinea qui la centralità del Sole (p. 229), cuore del mondo, fonte di vita e generazione, presupposto metafisico di quella centralità astronomica del Sole che quasi annuncia il passaggio dall’antica cosmologia aristotelico-tolemaica al mderno eliocentrismo copernicano (1543). Alla centralità del Sole, che l’astrologia associa al dio Apollo, corrisponde poi in Ficino – come vedremo leggendo il cap. XXI – la centralità della musica nel cosmo delle potenze celesti che hanno influenza sui corpi e sulle anime terrestri.

Sono poi stati letti e commentati i testi riportati qui sotto, sui rapporti tra musica e medicina. Il primo è la lettera a Canisiano, nella quale Ficino ricorre al genere retorico dell’encomio della musica per spiegare i ‘maravigliosi effetti’ della musica attraverso una raffinata analisi delle componenti interne – mentali, affettive, fantastiche, corporee – che acquistano realtà pneumatica nel canto e comunicano con lo spirito aereo dell’ascoltatore. In questa lettera Ficino delinea anche una gerarchia delle arti, o più precisamente argomenta la dipendenza dalla musica dell’oratoria, della scultura, che fanno uso delle proporzioni musicali che la musica teorizza e poi applica meravigliosamente alla materia delle voci, comunicando profondamente i propri contenuti alle menti degli ascoltatori.

Il secondo testo è tratto dal Commento di Ficino al Timeo di Platone. Qui sono interessanti le corrispondenze che Ficino istituisce tra le quattro voci del contrappunto e le qualità elementali, ne stabilisce la ‘complessione’, argomenta la superiore plasmabilità e potenza del ‘composto’ musicale sui composti medici, creati dall’arte umana com materie dense e pertanto meno docili e plastiche. In tal modo il contrappunto diventa un corpo aereo dotato di affetto e pensiero, una mobile forma o figura aritmo-geometrica che l’aria veicola ai sensi interni dell’uomo, quasi una costellazione sonora che col suo mirabile temperamento si riveste d’una qualità celeste proveniente dall’elemento etereo.

Stupefacente è poi la teoria della consonanza (la forma dell’ottava) che Ficino assimila alla figura ovale, cercandone una corrispondenza sia con l’organo dell’udito, sia con la forma degli strumenti a corda. La figura ovale della consonanza sembra qui anticipare quel passaggio dal cerchio all’ellissi che, proiettata nella volta celeste per definire le orbite planetarie, consente a Keplero nell’Harmonice mundi (1619) di rivoluzionare con l’astronomia anche la tradizionale versione pitagorico-boeziana dell’armonia delle sfere celesti.

Dalle Epistolae

Al dotto e prudente huomo M. Antonio Canisiano (ca. 1476)

Mi domandi, Canisiano mio, per che ragione con tanta sollecitudine io mescoli gli studij della Medicina con quelli della Musica, dicendo, che ha da fare la cethera con la medicina. Canisiano caro, se gli Astrologi v’havessero a rispondere, forse direbbero esser cagione perché queste due scienze stiano insieme, Giove, Mercurio e Venere, pensando che da Giove ne venga la medicina, e da Mercurio, e da Venere la musica. E gli nostri Platonici riferiscono questa cosa ad Apollo; il quale gl’antichi Theologi pensarono che fusse inventore della medicina, e maestro sopra tutti gl’altri del sonare la cethera. Questo Apollo pensò Orpheo nel suo libro de gl’Hinni che con concordare istrumenti, cioè con gli moti e con le forze sue ogni cosa temperasse, e prima con la voce grave volse, che producesse l’inverno, con l’acuta la state, e con le due mezane la primavera e l’autunno. Essendo adunque un medesimo inventore della musica, e della medicina, che maraviglia è se ambedue queste arti sono spesse volte da li medesimi huomini essercitate? A questo si aggiunge che l’anima e ‘l corpo, con una certa natural proportione tra loro commovano e ancora le parti dell’anima tra loro con quelle del corpo s’accordano, e quelle del corpo similmente con quelle dell’anima si confanno, laqual consonanza pare senza dubbio, che immitano quelli ordinati ritorni e circuiti delle febri, e de gl’humori humani, e gli moti del polso; e sì come Platone e Aristotele vogliono, e io ho ancora più volte per esperienza conosciuto, la consonanza delle parti de l’anima nostra, è conservata e al suo luogo restituita, se mai per caso alcuno ne fusse stata rimossa, non da altra cosa, che dalla Musica, e dalla medicina, e medesimamente è conservato il concento delle parti del corpo. Essendo dunque (come ho detto) il corpo, e l’anima tra loro concordanti, può facilmente un medesimo huomo esercitare il concento delle parti de l’anima, che è la musica, e quella delle parti del corpo che è la medicina. Di qui è che si dice, che Chirone essercitò l’una e l’altra arte. Di qui si legge che Davitte profeta sanò l’anima e ‘l corpo de l’insensato Saulo solamente col suono della Lira, la qual cosa Democrito e Theofrasto affermarono potersi fare così ne l’infermità del corpo, come in quelle de l’anima, e Pithagora, Empedocle e Asclepiade medico, dimostrarono questo medesimo con la pruova. Il che non è meraviglioso, percioché venendo il canto e ‘l suono, da un intimo pensero de la mente, e da un impeto de la fantasia, e da uno affettuoso diletto del cuore e percotendo insieme con l’aere già dirotto, e stemperato l’aereo spirito di che ode, il quale spirito è un nodo de l’anima e del corpo, facilmente viene a muovere la fantasia e diletta il cuore, e penetra fin dentro a l’ultime parti de la mente. Oltre di questo muove anchora e ferma gl’humori, e gli membri del corpo, la qual cosa mostrò esser vero Timoteo, quando egli col suono fece il Re Alessandro divenire furioso, e quindi col medesimo suono il placò; lascio andare i miracoli di Pithagora e di Empedocle, li quali in un subito acquetavano et frenavano con la musica la lascivia, l’ira, e ‘l furore d’altrui, e dipoi con altri canti eccitavano e svegliavano le anime […]

Ma per ritornare a proposito, la prima musica consiste nella ragione, la seconda è posta nella fantasia, la terza sta nelle parole la quale seguita il canto; il canto è seguitato dal moto delle dita nel suono; il suono poi è medesimamente seguitato dal moto di tutto ‘l corpo, overo nel ballare, overo ne l’esercitarsi. Si che noi possiamo vedere che la musica de l’animo di grado in grado discende et si conduce a tutte le membra del corpo; la quale anchora gl’ortaori, i poeti, i dipintori, gli scultori, gl’architettori ne l’opere loro vanno imitando; essendo adunque tanta similitudine tra la musica de l’animo e del corpo, che meraviglia è se un medesimo huomo cerca di temperar così il corpo come l’animo? Finalmente colui che da li Pithagorij, da li Platonicij, da Mercurio, da Aristosseno ha imparato, che così l’animo come il corpo del mondo, e di ciascun animale, è composto di musica e di concordanza. E ancora da le sacre lettere Hebree ha appreso Iddio ciascuna cosa haver disposta e ordinata con numero, con peso e con misura, costui dico non si meraviglierà ch'’gni cosa si dilette de l’armonia. Né accuserà Pithagora, Empedocle, o Socrate che nella vecchiezza loro sonassero la cithera. Ma conoscerà bene poco cortese essere stato Temistocle che essendogli in un convito portata una lira non la seppe adoperare, peroché il nostro Platone mostra nel Dialogo detto Alcibiade che la musica s’appartiene a li dotti, li quali son veri cultori de le Muse, dicendo che le Muse sono duci della Musica , e che da loro ha la musica preso il nome.

[…]

E per dire qualche cosa del vostro Marsilio, io attendo doppo gli studij de la Theologia e de la medicina al suono e al canto, solo per disprezzare ogni altro diletto, che agli sensi appresentar si potrebbe, e per scacciare ogni molestia dell’animo e del corpo, e per inalzar la mente a le cose alte, e da Iddio quanto più posso, fidatomi de la autorità di Mercurio, e di Platone gli quali dicono che la musica ci è stata concessa per domare il corpo, per temperar l’animo e per lodare Iddio, il che più che altri so io che Davitte, e Pithagora insegnarono, e penso anchora che conseguissero quello perché eglino la esercitavano. State sano.

Dal "Commento" al Timeo (1494)

Cap. 31

Come i medici abilissimi mescolano fra loro determinate sostanze in base a una regola, in virtù della quale numerose e distinte materie si uniscano in una forma nuova, e in seguito si ottenga mirabilmente una potenza elementare e al tempo stesso celeste, come avviene … nella teriaca …; così i musici espertissimi contemperano con grande arte voci gravissime come materie fredde, voci acutissime come materie calde, e ancora voci mediamente gravi come materie un po’ umide, e voci mediamente acute come materie secche, affinché da più elementi si crei una certa forma che oltre alle virtù della voce ne acquisti in più anche una celeste. Il che certo appare con evidenza da quello che Democrito e Teofrasto dicono e che Pitagora dimostrò coi fatti: si dice infatti che si possano efficacemente curare con certe musiche le malattie del corpo e della mente, cosicché non è strano che gli Antichi avessero ravvisato l’origine della medicina e della musica in qualcosa di unico, ossia il numero apollineo. Entrambe sono in effetti dei medicamenti. Ma l’una dal corpo trae la cura dell’anima, l’altra trae dall’anima la cura del corpo. Molto giustamente essi attribuirono ad Apollo, fonte della melodia, il vaticinio. Solo la melodia, trascinando via l’anima da tutto ciò che la distrae, la fa contrarre in se stessa, in un ascolto interiore col quale si percepiscono non solo le voci, ma anche le proporzioni insite in quelle voci: ed eliminate le cose che perturbano, rende simili all’armonia del cielo, e effonde oracoli divini provenienti dal cielo.

Ma affinché nessuno affermi che da una voce acuta e da una voce grave non ne possa nascere una terza forma sonora comune, bisogna considerare che le voci gravi possono mescolarsi perfettamente alle acute, come un liquido si mescola a un altro liquido. In primis perché le materie delle voci, per la loro sottigliezza (subtilitas), il continuo movimento e la loro qualità omogenea in tutti i punti del corpo aereo, con maggior facilità e quasi perfettamente si fondono in un’unica realtà unitaria, e quindi si prestano meglio a ricevere una forma nuova, molto più delle sostanze dense che sono inadatte al moto e difformi nelle qualità interne. In secondo luogo, perché lo strumento della voce, che è naturale e interno al corpo, quindi prossimo alla virtù vitale, animale e razionale, e ad essa docile, ubbidisce all’arte della musica più facilmente e perfettamente degli strumenti esterni della medicina, per realizzare in modo adeguato l’unità a cui tende. E se si suonerà con le dita la cetra, le corde ubbediranno più docilmente al desiderio del musico che non le erbe ai medici. E se sul composto d’erbe mescolate agisce, oltre all’attività e all’arte del medico, anche la natura secondo il tempo adeguato, molto più essa natura agisce immeditamente sulla materia della voce plastica e facilmente plasmabile; intendo la natura vivente, dotata di potenze celestiali, per plasmare una materia simile al cielo e quasi vivente, alla quale essa dà immediatamente una forma nuova, viva e meravigliosa, attraverso la quale applica le sue potenze al corpo e all’anima con virtù occulta. Pertanto come nel corpo, che è per natura costituito dai quattro elementi, le qualità degli elementi generano una quinta complessione (così dicono), soggetta a una virtù speciale proveniente per vie nascoste dal cielo, allo stesso modo anche molte voci ben combinate faranno risuonare un unico concerto, fondamento di una virtù nuova e straordinaria. Infatti una cetra che suona ne fa subito risuonare per simpatia un’altra similmente accordata; una corda vibrante trasmette una vibrazione analoga a un’altra corda tesa allo stesso modo; e chi può dubitare che da più voci fuse secondo una certa proporzione non ne sortisca subito una che è quasi forma comune a tutte, in virtù della quale più voci diventano una cosa sola e di conseguenza come una cosa sola viene percepita dal senso, producendovi un solo effetto?

[…]

Perciò si dice che la consonanza è la mistione uniforme di un suono grave e di uno acuto che giunge soavemente all’orecchio. E questa mistione è simile a quella che nei sapori soddisfa il gusto: un sapore molto dolce e denso è giudicato simile a una voce alquanto rilasciata e grave, un sapore molto piccante a un suono acutissimo. Ma un sapore dolce, mescolato con un po’ d’asprezza, sta per una voce moderatamente grave; mescolato col salato e col piccante pare avvicinarsi a una voce moderatamente acuta: e dunque la mescolanza riempie il senso, perché non percepita come multiforme, ma penetra mostrandosi uniforme e coerente.

Sostengono poi i fisici che il suono giunge alle orecchie con una figura circolare che gradatamente si amplia in molti cerchi, non diversamente da quando in uno stagno, gettando dall’alto un sassolino, vediamo moltiplicarsi i cerchi fino alla riva. La concordanza di voci gravi e acute è pensata come una forma unitaria, certamente rotonda, ma anche alquanto ovale, che s’insinua nelle orecchie; in questa forma l’ottava, quasi per mezzo d’un vertice più acuto, congiungendo a sé l’ampiezza del primo suono, da sé medesima e dal primo suono forma l’accordo; e come l’occhio ravvisa come un’unica forma l’ovale rotondità, sebbene da una parte sia più allungata e dall’altra meno, così l’udito percepisce come unica risultante di un suono grave e della sua ottava la voce che da una certa ampia profondità gradatamente va elevandosi verso una acutezza sublime a guisa dell’ovale. Da ciò deriva l’idea che la natura abbia dato questa figura all’organo dell’udito e all’organo della parola, e che anche l’arte, per quanto è possibile, atribuisca agli strumenti musicali la figura ovale. E certo le figure che sono più prossime alla figura ovale sono più consonanti.

La consonanza musicale si fa nell’elemento che è il mezzo di tutti (ossia l’aria) e raggiunge gli orecchi attraverso il movimento, movimento circolare: sicché non è sorprendente che essa convenga all’anima, che è sia il medio delle cose, che l’origine del moto circolare: Aggiungi che il suono musicale, più d’ogni altra cosa percepita dai sensi, trasmette, come fosse animato, emozioni e pensieri dell’anima del cantante o del musico alle anime di chi ascolta; in tal modo esso comunica eminentemente con l’anima. Inoltre, per quanto riguarda la visione, sebbene le impressioni visive siano in certo modo pure, tuttavia mancano dell’efficacia del movimento, e sono più spesso percepite per un’immagine senza realtà, perciò sogliono muovere gli animi debolmente. Odorato, gusto e tatto sono del tutto materiali, e solleticano gli organi sensoriali più che penetrare le profondità dell’anima. Invece il suono musicale col moto dell’aria muove il corpo: attraverso l’aria purificata anima lo spirito aereo che è il legame del corpo e dell’anima: col sentimento agita i sensi interni e l’anima al tempo stesso: infine, con lo stesso moto dell’aria sottile penetra con veemenza: per la sua misura fluisce pianamente, per la conformità ci invade di starordinario diletto: per la sua natura, spirituale e materiale, subito rapisce e rivendica a sé tutto l’uomo.

Suggerimenti

-- la nozione medica dello spiritus è integrata dalla variante cosmologica di uno spiritus mundi, che diventa il presupposto dell’astro-biologia ficiniana, e del rapporto che il DV istituisce tra medicina e astrologia;

-- risonanza simpatetica: Ficino ricorre di frequente all’immagine dei due liuti che risuonano a distanza quando corde consonanti siano pizzicate (la somiglianza è amica…; simpatia e antipatia come categorie dell’universo magico ne indicano la componente musicale). Questo modello acustico è anche il modello dell’azione pneumatica e comunicativa a distanza, tra astri e nature terrene, tra menti e corpi, tra gli strumenti musicali e l’uomo come animale sonoro.

-- consonanza: nell’ "Introduzione" all’antologia La musica nella rivoluzione scientifica…c’è una discussione sintetica delle principali teorie della consonanza tra Rinascimento e Modernità: teoria aritmetica (pitagorico-zarliniana), geometrica (Cartesio, Keplero) efisico-matematica (da Benedetti a Galileo). Potrebbe essere il tema di una scheda o di una voce lessicale ben circoscritta.

-- sulle novità introdotte da Keplero nella storia millenaria dell’armonia delle sfere, sempre nell’antologia La musica nella rivoluzione scientifica…c’è un bellissimo ma non semplice saggio di D.P. Walker, consigliabile solo ai maggiorenni.

Teniamo infine conto delle corrispondenze che Ficino istuisce tra le materie vocali e gli elementi e le qualità, utili a collocare le materie vocali tra gli agenti atmosferici e psicodinamici del macrocosmo e del microcosmo:

      Corrispondenze      
  acuto       grave  

 

voci acutissime   voci moderatamente acute   voci moderatamente gravi   voci gravissime
materie calde   materie secche   materie umide   materie fredde
fuoco   aria   acqua   terra
piccante   salato-piccante   aspro-dolce   dolce-denso
velocissime mediamente veloci   mediamente lente lentissime
  alterazione       alterazione  
         
  infiammazione

 

raffreddamento  
      atrabile-melancolia      

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Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna