Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Filosofia della musica a.a. 2002-2003
Filosofia della musica
(a.a. 2002-2003)
Prof. Paolo Gozza
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dai ‘quaderni’ personali

Estratti   Proemio   Lessico   Lettera a Vespucci e Buoninsegni  
   
I · II · III-VI · VII-X · XIV · XV · III · IV-V · XI · XVI · XVII · XX · XXI · XXII · XXIII · XXIV

Estratti

B. Boccadoro, Musica, medicina e temperamenti, "Enciclopedia della musica", diretta da J.J. Nattiez, con la collaborazione di M. Bent, R. Dalmonte, M. Baroni, vol.II, Torino, Einaudi, 2002, pp. 361-386.

Il presente saggio di Boccadoro intende offrire un veloce aperçu sul rapporto intrattenuto dalla musica e dagli affetti nel corso della storia, con particolare riferimento al periodo rinascimentale e all’opera di Marsilio Ficino.
Lo studio prende le mosse dalla nota relazione che, nella Grecia antica, legava i modi musicali ai temperamenti e mette in luce come la trasformazione della prassi musicale non sia andata di pari passo con una eventuale trasformazione della teoria degli affetti. Se la polifonia cinquecentesca usa strutture musicali che si differenziano nettamente da quelle tramandate dalla tradizione greca, l’uso stesso di termini linguistici quali ‘temperamento’ o ‘elemento’ con doppio valore medico-corporeo/musicale testimonia l’esistenza di un filo rosso che collega queste due tradizioni. La veloce analisi linguistica dell’autore sui concetti di ‘logos’, ‘elemento’ e ‘melodia’ vuole quindi comprovare l’esistenza di una sorta di "osmosi", perlomeno semantica, fra campi oggi distinti quali: medicina, fisiognomia e musica.
Boccadoro in seguito illustra le modalità del processo cognitivo in M.Ficino, sottolineando la funzione conoscitiva assunta dall’armonia attraverso l’affermazione dell’ "idea di una metemsomatosi della fantasia nelle arti.[…]I sensi interni del compositore prenderanno corpo nel contrappunto, convertendolo in un omuncolo dotato di tutte le facoltà psico-fisiologiche degli esseri viventi" (p. 364).
Elementi fondamentali del processo cognitivo sono: spirito, immaginazione e fantasia, intelletto e ragione ed infine memoria. Immaginazione e fantasia mettono in attività lo spirito, e con esso i temperamenti, attraverso il sistema circolatorio. Ragione ed intelletto intervengono a "disciplinare" le impressioni prodotte e sono portatrici di un guidizio critico che permette di accedere alla conoscenza di realtà superiori. La memoria permette di cogliere relazioni diacroniche, e risulta assolutamente fondamentale in relazione alla pratica (ma anche alla teoria…) musicale del contrappunto.
 
Una seconda parte del saggio, denominata ‘Il contrappunto’, è destinata alla trattazione delle consonanze e dissonanze numerico-musicali, e della loro commistione proporzionata come "formula" per alcuni affetti.
La riflessione muove dall’equiparazione, operata da Ficino stesso, tra le qualità dei quattro elementi e le quattro voci del contrappunto, per poi soffermarsi sui rapporti numerici che si generano a partire dal dispari (il principio di identità) e il pari (la diade, l’indeterminato).
Tra le varie classi di proporzioni, le consonanze più perfette sono quelle del genus multiplex (es.2/1) poiché l’estremo maggiore contiene il minore in una proporzione a numeri interi. Nel genus superparticulare (es.3/2) invece la conciliazione per numeri interi dei termini della proporzione non è possibile. La proporzione 8:4:2:1 si ritrova nel Commento al Timeo di M.Ficino, in relazione al rapporto che devono intrattenere tra loro gli umori "per un buon mantenimento del corpo" (op.cit., p. 377). Possiamo notare come tale rapporto ci restituisca continuamente l’ottava che quindi, in quanto consonanza perfetta, ci fornisce una "sorta di grado zero dell’apatia o di norma espressiva partendo dalla quale è possibile misurare tutti gli scarti possibili, tutte le dissonanze" (ibidem).
Interessanti le annotazioni riguardo al rapporto che codificherebbe il temperamento melancolico, il quale è costituito da 8:4, ossia da due termini soli, senza medi.Proprio l’assenza di questa "mediazione" sarebbe la cifra della malinconia, sempre raffigurata come caratterizzata dall’extremitas.
 
L’epilogo del saggio vuole ripercorrere in sintesi, e criticamente, le vicende della considerazione del rapporto musica/affetti nel periodo posteriore a quello rinascimentale. Boccadoro attribuisce a Galilei e Zarlino, ma soprattutto a Cartesio la paternità di una scissione quasi humeiana tra cause ed effetti della musica, in cui le prime non sono più rintracciabili all’interno del materiale musicale.
La necessità di svincolare la musica dal rapporto causa/effetto con gli stati d’animo seguenti al suo ascolto viene, secondo l’autore, principalmente dall’attribuzione alla composizione di caratteristiche quali "l’originalità dell’opera, la democrazia dei gusti, il riconoscimento dello stile personale come qualità positiva, il conflitto fra il genio e le regole […] (p. 383).Queste caratteristiche, nel loro utilizzo dogmatico, porterebbero a quella che Boccadoro interpreta come mancanza di buon senso circa il "significato della musica come valore psicologico individuale di cui non est disputandum" (p. 384).
 
Considerazioni a margine
Singolare come alla requisitoria condotta contro correnti musicologiche che non mettono in relazione etica e musica, e dopo aver dipinto un quadro di "desolante incomprensione affettiva" della musica nella modernità, l’autore non abbia voluto regalare uno squarcio di positività al lettore tramite un accenno a tutte le discipline, quali ad esempio la psicologia della percezione o la semiotica della musica che, cercando una motivazione (entre autre) proprio alla corrispondenza causa musicale/effetto affettivo, non solo la ammettono, ma addirittura la presuppongono.
MS

Daniel P. Walker, Le chant orphique de Marsile Ficin, "Music, Spirit and Language in the Renaissance", Londra, Variorum Reprints, 1985, VII pp.17-28.

All’interno di questo saggio, Walker tenta di fornire una spiegazione del legame esistente nella cultura rinascimentale tra tre diverse teorie: la teoria degli effetti religiosi della musica, la teoria dei quattro furori platonici e la teoria della prisca theologia. Alcuni scritti di Marsilio Ficino, tra cui il De Vita, costituiscono il punto di partenza di questa riflessione.

Ficino nell’illustrare gli effetti della musica mette in luce la centralità del concetto di spiritus, che costituisce il mezzo di comunicazione tra musica e uomo. I diversi significati attribuiti al termine ‘spiritus’ sono stati trattati da Walker in più articoli. Da un lato esiste un’accezione del termine nella tradizione medica che rimanda:

all’idea della necessità di un "real attempt to bridge the gap, to overcome the dualism of mind and matter 1)"
all’idea di una funzione di stimolazione dell’immaginazione e da questa di un passaggio al ragionamento astratto 2)
all’associazione "of medical spirits with the substance of the heavens and the heavenly bodies, the quintessence" 3).
 
Dall’altro esiste una teoria che istituisce un’analogia tra musica e organo auditivo attraverso un elemento, l’aria, cui entrambi appartengono 4). La musica riesce dunque a penetrare nell’uomo attraverso l’aria, la quale nell’orecchio diventa spiritus aereus e poi, grazie all’accezione di spiritus come "vapore sanguigno", passa nel sistema circolatorio 5).
Tuttavia, evidenzia Walker, la musica senza il concorso di un testo si limiterebbe a coinvolgere l’anima animale. È solo grazie al testo che la musica giunge sino all’anima razionale.
Altra ricca fonte di spiritus per l’uomo è il mondo delle sfere: "il faut que [l’homme] choisisse la musique propre à la planéte dont il veut recevoir l’influence, et qu’il emploie aussi la lumière, l’odeur, le vin, qui appartiennent à cette planète" 6).
 
I canti di Ficino paiono esser stati il più delle volte rivolti al Sole, con l’ausilio della sua lyra orphica. Tale appellativo sembra poter derivare sia dal fatto che lo strumento ficiniano recava una pittura rappresentante Orfeo nell’atto di incantare fiere e rocce, sia per la natura dei testi cantati: gli Inni Orfici. Secondo una testimonianza di Pico della Mirandola gli Inni Orfici erano cantati in un modo particolare e per determinati fini magici. Ficino tratta lo stesso argomento spiegando come lo spirito dell’astro prescelto, generalmente il Sole nel caso dei filosofi platonici, potesse informare di sé lo spirito dell’uomo attraverso l’associazione di un determinato modo del canto e di determinati odori.
Proprio la figura di Orfeo offre il trait d’union per mezzo del quale Walker riesce a connettere le teorie citate in apertura. Orfeo infatti è connesso alla teoria della prisca theologia,in quanto figura della serie dei teologi antichi e maestro di Pitagora. Allo stesso modo egli risulta anche l’immagine stessa del vero poeta ispirato dai furori poetico, bacchico, profetico e amoroso secondo Ficino, il quale cercherà di trasmettere al suo modo di concepire la musica tutti questi tratti.
Il saggio si chiude con vari esempi di come queste teorie abbiano avuto un seguito anche nel periodo posteriore alla Contro-Riforma, nelle opere di Tyard, La Boderie e Ronsard. In particolare in quest’ultimo autore viene illustrata la trasformazione del rapporto tra testo e musica, in una direzione che portò il primo ad esercitare una tale supremazia sulla seconda tale da renderla del tutto indeterminata. La musica non sarà più, come in Ficino, diversa a seconda delle intelligenze celesti cui ci si rivolge, ma diverrà semplicemente uno sfondo, un tappeto sonoro indistinto la cui unica funzione è quella di amplificare l’effetto del testo, qualunque esso sia.
MS
 
NOTE
1) Daniel P. Walker, Medical Spirits in Philosophy and Theology from Ficino to Newton, "Music, Spirit and Language in the Renaissance", Londra, Variorum Reprints, 1985, XI, p.288.
2) Ibidem.
3) Ibidem.
4) Il che ricorda da vicino un’analoga teoria esposta da Platone nel Timeo, non a proposito della percezione auditiva, bensì a proposito di quella visiva. Platone scrive : prima di ogni altro organo [gli dèi] fecero gli occhi, i quali portano luce e li attaccarono in tal modo: di tutto quel fuoco che non ha la proprietà di bruciare, ma che procura la mite luce propria di ogni giorno, fecero in modo che vi fosse un corpo. Quindi il fuoco puro che è dentro di noi, e che è come fratello del fuoco esterno, lo fecero scorrere liscio e denso attraverso gli occhi, comprimendo tutte le parti degli occhi, ma soprattutto la parte centrale, perché trattenessero tutto quanto è più grasso, e lasciassero passare solo quello puro. […] Quando il fuoco del giorno scompare dalla notte, il fuoco della vista si separa dal suo affine: uscendo fuori dagli occhi e imbattendosi nel dissimile, si altera e si spegne, non essendo più della stessa natura dell’aria circostante, poiché essa non ha più fuoco. (Timeo, 45b sg.)
Il fuoco è così per Platone il mezzo che permette la comunicazione tra luce e occhio, come l’aria è per Ficino il mezzo che permette la comunicazione tra stimolo sonoro e orecchio.
5) Daniel P. Walker, La teoria dello spirito musicale in Ficino, "La musica nella Rivoluzione Scientifica del Seicento", a cura di P. Gozza, Bologna, il Mulino, 1989, pp.89-95.
6) Daniel P. Walker, Le chant orphique de Marsile Ficin, ed.cit., p.19.

Lessico

Monocordo. Strumento costituito da una corda fissata alle estremità su un piano o supporto di legno, con un ponticello mobile per divederne e misurarne le diverse lunghezze in corrispondenz ai diversi suoni prodotti; fu utilizzato dai teorici musicali antichi e medievali nella rilevazione del rapporto tra la lunghezza della corda e l’altezza dei suoni. Il filosofo e medico inglese Robert Fludd (1547 – 1637) tramite l’immagine del monocordo teorizzò "la corrispondenza tra uomo e cosmo in termini musicali" intendendo come Monocordo del mondo lo strumento musicale dell’universo, "dai cori angelici alla muta terra".

Numero sonoro. "I cosiddetti Pitagorici, avendo cominciato ad occuparsi di ricerche matematiche ed essendo grandemente progrediti in esse, furono condotti da questi loro studi ad assumere come principi di tutte le cose esistenti quelli di cui fanno uso le scienze matematiche. (…) Avendo poi riconosciuto che le proprietà e le relazioni delle armonie musicali corrispondono a rapporti numerici, e che in altri fenomeni naturali si riscontrano analoghe corrispondenze coi numeri, furono tanto più indotti ad ammettere che i numeri siano gli elementi di tutte le cose esistenti e che tutto il cielo sia proporzione e armonia." La tradizione assegna a Pitagora la scoperta dei rapporti delle consonanze musicali dall’ascolto, presso l’officina di un fabbro, dei suoni emessi da martelli di diverso peso. Dall’utilizzo di canne, bicchieri e corde di diverse lunghezze Pitagora dimostrò il rapporto tra il suono emesso dalla corda e la lunghezza della corda, sostenendo che agli stessi rapporti corrispondono le stesse consonanze. Il legame del linguaggio musicale alla proporzionalità numerica consacrò la musica a disciplina razionale (v. Quadrivium), compartecipe dell’ordine matematico-musicale che permea l’universo.

Quadrivium. Gruppo delle quattro arti liberali: aritmetica, geometria, musica e astronomia, che assieme al trivium (grammatica, dialettica e retorica) introducevano alla Teologia nell’insegnamento scolastico, sino alla cultura illuminista. La musica era ascritta alle discipline ‘scientifiche’ per le sue proprietà aritmetiche, come testimoniano gli studi pitagorici.

Spirito. Parola dalle numerose accezioni lungo l’intero pensiero occidentale. L’accezione medica del termine è ampiamente documentata nella letteratura medica, da Erisistrato a Galeno: "vapore del sangue puro, sottile, caldo e luminescente. Creato sulla parte più sottile del sangue dal calore stesso del cuore, esso vola al cervello e nel cervello l’anima lo utilizza continuamente per tenere attivi i sensi, sia quelli interni che quelli esterni: di conseguenza, il sangue serve allo spirito, lo spirito ai sensi, i sensi infine all’attività razionale:" così Ficino in un testo del De vita. Pertanto lo spirito ha un aspetto materiale, fisiologico, e contemporaneamente un aspetto psichico che ordina le funzioni psicosomatiche dell’essere umano, ponte fra corpo e anima. Un’altra accezione del termine in Marsilio Ficino ha matrice stoica e configura la quinta essenza mediana tra il corpo e l’anima dell’universo che "dà vita a tutte le cose"; essendo poi le anime degli individui rivestite delle medesime proprietà, lo spirito del mondo (spiritus mundi) connette e vincola le intelligenze e i corpi celesti alla terra e agli esseri viventi.
GR

Proemio

Nelle parole del proemio Ficino chiarisce subito finalità e destinatario principale della sua opera. Il destinatario è Lorenzo de’ Medici, la finalità è quella di garantire la salute corporea dell’uomo di lettere.
Il proemio esordisce con una metafora mitologica che Ficino istituisce fra sé e Bacco. Secondo quanto narra Ovidio nelle sue Metamorfosi la madre di Bacco, Semele, era stata ingannata da Giunone la quale, travestita, l’aveva indotta a domandare a Giove di apparirle come appariva ad essa. Giove, avendo giurato di esaudire il desiderio che Semele avesse espresso, fu costretto a vestirsi di fulmini, ma il corpo di Semele non resse l’impatto ed ella morì. Semele era incinta e Giove, per salvare il figlio, Bacco, se lo cucì nella coscia fino al termine del periodo di gestazione. Così Bacco risultò nato due volte,dal grembo materno e dalla coscia paterna. Allo stesso modo Ficino riconosce di aver avuto due padri, uno naturale ed uno acquisito, l’uno, essendo medico, lo affidò a Galeno, l’altro, Cosimo de’ Medici, lo affidò a Platone, commissionandogli la traduzione in latino del corpus delle opere del filosofo greco.
Oltre a Bacco, fanno capolino nel proemio altre due divinità destinate a tornare nel corso dell’opera: Febo e Venere, entrambi legati secondo la tradizione a musica e medicina. Proprio in relazione a Febo viene subito sottolineata la potenza del mezzo musicale, tale dio infatti "ci comunica la sua vita non tanto per mezzo delle erbe, quanto con la musica e il canto" 1). Quale sia il processo grazie al quale la musica comunica sarà discusso in seguito.

Lettera a Vespucci e Buoninsegni

Nel finale della lettera ancora una volta Ficino rende espliciti quelli che sono i propri riferimenti culturali, ma con l’aggiunta significativa, rispetto al proemio, dell’orizzonte cristiano a quello medico e filosofico derivanti dalla tradizione ippocratea e socratica. La salvezza dell’anima e del corpo sono fornite infatti solo da colui che disse "venite a me voi tutti che siete in fatica ed oppressione e io vi ristorerò, perché io sono la via, la verità e la vita". In realtà l’accenno alla salvezza cristiana è destinato a rimanere in sordina nel resto dell’opera, e una stessa conciliazione dei due orizzonti pagano e cristiano non appare semplice. Nel suo saggio su Ficino intitolato "Synoptic Art" 2), M. Allen getta luce sull’importanza della sintesi tomista nel pensiero ficiniano che emerge dalle citazioni incorporate nei suoi commenti ai testi platonici, il riferimento a tale auctoritas fu presumibilmente la causa della sua assoluzione dall’accusa di eresia, mossa proprio in seguito ai contenuti del terzo libro del De Vita.

I

L’autore indica nove guide per il viaggio verso il tempio delle Muse. Il numero non è certo casuale, oltre infatti ad essere pari a quello delle Muse stesse è un numero il cui alto valore simbolico era già stato illustrato da Dante nella Vita Nuova con queste parole:

secondo Tolomeo e secondo la cristiana veritade, nove siano li cieli
che si muovono, e, secondo comune oppinione astrologa, li detti cieli
adoperino qua giuso secondo la loro abitudine insieme […] Lo numero tre è
la radice del nove, però che, senza numero altro alcuno, per se medesimo fa
nove […], e lo fattore per se medesimo de li miracoli è tre, cioè Padre e
Figlio e Spirito Santo, li quali sono tre e uno […] 3).
Proprio tre sono le categorie in cui tali nove guide vengono suddivise, le guide: celesti, dell’anima e terrene.
Tra le guide celesti sono Mercurio, Febo e Venere. Di Mercurio viene ricordata la funzione di ‘ricerca’. Il legame instaurato tra Mercurio e il concetto di ‘ricerca’ è giustificato dalla funzione di trasmettitore ed interprete dei messaggi divini che gli era propria nel mondo greco ed appare evidente ancora oggi nel caso in cui si faccia caso alla comune radice del nome greco del dio ‘Hermes’ e della disciplina dell’ermeneutica. Febo, divinità solare, illumina e rende chiaro l’oggetto della ricerca mentre Venere, madre delle Grazie, lo rende piacevole poiché, come ebbe a dire Aristotele, 4).
Le guide dell’anima sono: volontà ardente, acutezza d’ingegno e memoria tenace. Le tre terrene: un saggio padre di famiglia, un buon precettore e un "medico di molta esperienza" 5). Proprio a quest’ultimo livello, quello del medico esperto, intende collocare la propria attività Ficino.

II

Qui Ficino condensa in poche righe uno dei concetti fondamentali per la comprensione dell’opera: il concetto di spiritus 6). Da ciò che è scritto in questo capitolo si ricava che lo spirito è un "vapore del sangue" 7), generato dal calore del cuore, che sale fino al cervello e mantiene attivi i sensi, stabilendo così un legame con l’attività contemplativa. La collocazione dell’attività contemplativa e della specie più importante dell’anima nel capo sono ampiamente descritte da Platone nel Timeo in cui il filosofo greco, parlando dell’anima razionale la definisce uno "spirito (daimon) tutelare", dono divino che "ci solleva da terra verso la nostra affinità celeste" 8).

III-VI

Viene introdotto il tema della malinconia: umore associato all’eccesso di bile nera che offusca le capacità di giudizio dell’uomo che ne è preda.
Tre sono le cause della malinconia, di ordine celeste, naturale e umano. La causa celeste è data dalle caratteristiche "fisiche" degli astri che influiscono sul letterato: Mercurio e Saturno sono freddi e secchi, come la bile nera.
La causa naturale è data dal movimento che il letterato compie nel rivolgersi agli studi, un movimento centripeto, proprio dell’elemento terreno cui la bile nera è associata.
La causa di ordine umano è costituita dal fatto che la fucina del pensiero essicca quanto vi è di umido nel cervello, aumentandone la componente terrestre e muovendo eccessivamente gli spiriti ne provoca la dissoluzione.
La malinconia viene galenicamente scomposta in due generi diversi: una naturale, che costituisce la parte più secca del sangue, e una prodotta per combustione di uno dei quattro umori. L’unica bile nera che può portare alla saggezza è quella naturale.
In seguito Ficino fornisce i numeri delle giuste proporzioni tra gli umori e dimostra numericamente il carattere estremo della malinconia 9). La descrizione di tale carattere è anche ricavata dal XXX dei Problemi pseudo-aristotelici, in cui viene messo in relazione alla malinconia il temperamento geniale. Producendo infatti la malinconia stati d’animo estremi, provoca una sorta di "uscita" dallo stato umano normale e può quindi portare al prodotto artistico: "Maraco di Siracusa era effettivamente miglior poeta quando era fuori di senno" 10). Un’attività equilibrata è invece ciò che permette agli spiriti di ritemprarsi e al filosofo di rivolgersi al proprio interno alla ricerca delle verità divine.

VII-X

Cinque sono i nemici del letterato: la pituita, la bile nera, l’esercizio della sessualità, l’eccesso di cibo e vino, la veglia notturna.
Per quanto riguarda il cibo è da notare come la considerazione di tale eccesso, nel mondo antico e in quello medievale, dovesse essere particolarmente severa. Platone nel Timeo si sofferma a lungo sull’importanza della funzione del fegato quale limitatore dell’impulso che spinge l’uomo a mangiare e che ne diminuisce allo stesso tempo le capacità razionali. Dante nella sua Divina Commedia immerge i golosi col volto nel fango maledorante, sotto un’incessante pioggia e nel momento in cui il dannato con cui aveva parlato, Ciacco, è costretto a lasciarlo Dante lo descrive così:
 
Li dritti occhi torse allora in biechi;
guardommi un poco e poi chinò la testa:
cadde con essa a par de li altri ciechi 11).

I golosi sono ciechi, privi della luce di Dio, così come in vita si sono dedicati solo alle cose terrene e non hanno rivolto il loro pensiero alle verità razionali.

Segue una dettagliata descrizione del rituale mattutino dello studioso comportante: esercizi fisici, dieta alimentare, uso di essenze e odori specifici, vista frequente di determinati colori. L’importanza della cura di anima e corpo allo stesso tempo viene anche ricordata da Platone, sempre nel Timeo 12):

Chi dunque si applica alla scienza o a qualche altra impegnata attività intellettuale deve dedicarsi anche ai movimenti del corpo, praticando la ginnastica, viceversa chi dedica le proprie attenzioni a modellare il corpo deve anche preoccuparsi di esercitare l’anima, coltivando la musica e tutta la filosofia, se vuole giustamente che lo si chiami bello e buono a un tempo. In questo modo bisogna curarsi delle parti del corpo, imitando la forma dell’universo.

XIV

Questa parte dell’opera di Ficino è dedicata ai mezzi di prolungamento della vita. Qui Venere, essendo principio vivificatore, viene messa in rapporto alla natura e al colore verde. Tale colore costituisce un giusto mezzo per la vista, senza rapirla del tutto per troppa luminescenza e senza farla fuggire come le tenebre 13), e ritempra lo spirito. Tale funzione è svolta, oltre che dai colori, anche dalle sostanze aromatiche, come lo zafferano, da pietre, oro e argento.

XV

Mercurio cerca di distogliere i lettori in età matura dai precetti di Venere, cui sono legati i sensi più bassi: tatto e gusto. Ciò che promette Mercurio si rivolge a cinque attitudini conoscitive: odorato, udito, vista, immaginazione e ragione. Coltivando con moderazione ciò che stimola queste cinque unità "più in lungo tirate i fili della vostra vita" 14), seguendo sempre il precetto ‘ne quid nimis’.
Riprendendo poi in parte il discorso di Venere sull’influsso esercitato sull’uomo da elementi del mondo vegetale e minerale Mercurio apostrofa il suo interlocutore chiedendogli:
 
E infine, se è vero che giovano tanto alla vostra vita vapori che esalano da una vita solo vegetale, quanto pensate che debbano giovare i canti […]? Dunque, io consegno a voi questa lira, e con essa il canto sacro a Febo, consolazione delle fatiche e pegno di vita duratura 15). […]
Quando voi accordate le corde sulla lira e i toni della voce, dovete pensare che assieme a voi accordate, dentro di voi, il vostro spirito.
 
La musica "è stata data dalle Muse per ordinare e rendere consono con se stesso il circolo della nostra anima che fosse diventato discorde. E il ritmo è stato dato da quelle per lo stesso motivo, vale a dire per ovviare a quella condizione che interessa la maggior parte di noi e che consiste nella mancanza di misura e di grazia" 16).
Se dunque il conseguimento di una vita lunga si ottiene mediante una certa temperanza, e se la musica si caratterizza come foriera di armonia, allora il rapporto tra le due sarà da ritenersi fondamentale.
Nel passo sopra citato, Ficino sembra riferirsi ad un duplice dono divino che coinvolge indissolubilmente musica e testo. Secondo quanto riportato da Walker in un suo articolo 17) i testi cantati da Ficino nelle sue performances erano con tutta probabilità degli Inni Orfici. Fra questi un ruolo predominante doveva avere quello dedicato al Sole, astro particolarmente caro ai filosofi neoplatonici, il cui nome tornerà ripetutamente nel corso del III libro del De Vita. A questo inno è associato il profumo di grani d’incenso, in esso ricorrono termini appartenenti all’ambito della percezione visiva (chiarezza, luminosità, ecc.) ma anche alla nozione di temperanza e giustizia, alla padronanza sul tempo e alla dimensione musicale del dio crusolurh 18) e surikta 19).
Nel corso del III libro del terrestre, portando varie prove al suo ragionamento e manifestando una volontà che potremmo modernamente chiamare "scientifica" nel suo affermare con perentorietà:De Vita Ficino si sofferma in particolar modo sul tema dell’influenza astrale sulla vita
 
poiché qui si insegnano medicine, non filtri 20).

III

Diversamente dall’approcio tenuto da Platone nel Timeo, in cui si partiva dall’universale per arrivare al particolare, dal divino sino a giungere al terreno, Ficino dopo aver già introdotto nel I libro il concetto di anima, corpo e spirito in rapporto alla dimensione umana, ora ci introduce alla loro versione oltremondana. Lo spirito del mondo è la quinta essenza, l’etere, che da vita a tutte le cose. Essendo una quinta essenza esso non è composto dai quattro elementi come lo spirito umano, Platone descrive la creazione dell’anima da parte del demiurgo in questi termini:

Il dio prima del corpo formò l’anima e la generò più vecchia per generazione e per virtù, in modo che fosse padrona del corpo e
questi obbedisse. La generò formata da tali elementi e in base a tale criterio: dell’essenza indivisibile e che è sempre allo stesso
modo e di quella div

solo parzialmente, di una natura corporea.

IV-V

Sforzo di chi seguirà i precetti ficiniani sarà divenire un ricettacolo dello spirito del mondo. Questo potrà avvenire solo tramite un processo che porti lo spirito umano ad elevarsi sino ad una dimensione celeste. Il primo astro ad esercitare il suo benefico influsso su di noi sarà il Sole che tutto irradia con la sua luce, per riceverlo ci dovremo tenere "lontano da cose tristi, dense, fosche e [ci stringeremo] alle cose luminose e liete 21)".
Gli altri due astri sono Giove e Venere i quali, col Sole, vanno a formare le "tre Grazie". Dei tre, Giove è quello che risulta più affine ad entrambi, costituendone una sorta di essenza media.

XI

In queste pagine Ficino fonda una sorta di "teoria sinestetica dello spirito": odori, suoni, colori, figure, tutto concorre alla ricreazione del nostro spirito e al suo processo di ascesa celeste. Tuttavia non qualsiasi odore, non qualsiasi suono risulterà appropriato al nostro spirito: ogni spirito ha un suo patrono.

XVI

Ficino comincia a dare le prime spiegazioni circa l’influsso solare sul mondo terreno. Innanzitutto il raggio celeste non è direttamente paragonabile a quello prodotto dal fuoco terreno, non è detto dunque che le loro caratteristiche siano identiche. I raggi sono "vivi e dotati di senso 22)" comunicano energia ed influiscono sugli oggetti. A questa asserzione segue una lunga serie di domande retoriche rivolte al lettore per dimostrargli la logicità di un tale ragionamento. In fondo, sostiene Ficino, se la madre incinta, per semplice forza di volontà, imprime sul figlio il marchio della prorpia voglia, perché non credere nell’incidenza dei raggi, dotati anche di natura sensibile?
In queste righe Ficino fa anche riferimento a "gli amori violenti che divampano di colpo come effetto dei raggi degli occhi 23)", teoria che, così formulata, ricorda molto da vicino quella elaborata in epoca stilnovista, secondo la quale nel processo di innamoramento degli spiriti passavano dagli occhi della donna a quelli dell’uomo insediandosi nel suo cuore:
 
O donna mia, non vedestù colui
che ‘n su lo core mi tenea la mano
quando ti rispondea fiochetto e piano
per la temenza de li colpi suoi?
 
E' fu Amore, che, trovando noi,
meco ristette, che venia lontano,
in guisa d’un arcier presto soriano
acconcio sol per uccider altrui.
 
E' trasse poi de li occhi tuo’ sospiri,
i qua’ me saettò nel cor sì forte,
ch’i’ mi partì’ sbigotito fuggendo.
 
Allor m’aparve di sicur la Morte,
acompagnata di quelli martiri
che soglion consumare altru’ piangendo 24).

XVII

Luce, colore, numero e figura sono le realtà primarie del mondo sovra-lunare e vanno a costituire le specie naturali influenzandole esattamente come "la combinazione armoniosa di voci, attraverso i suoi numeri e le sue proporzioni, ha straordinaria efficacia nel fermare o muovere o atteggiare in vari sensi spirito, anima e corpo 25)". I differenti influssi della musica sullo spirito sono già ampiamente documentati nella cultura greca, la quale deve esser stata particolarmente sensibile ai suoi effetti se Platone nella Repubblica svolge tutta una accurata diesamina circa gli strumenti, i metri, i ritmi e i modi consentiti all’interno del suo Stato ideale e ha anche modo di dire che "l’educazione musicale […] non è forse di estrema importanza per il fatto che il ritmo e l’armonia penetrano nel più profondo dell’anima e vi si apprendono con la massima tenacia, conferendole decoro, e infondendo dignità in chi abbia ricevuto una corretta educazione […]? 26)" Aristotele stesso tornerà sulla questione della dimensione etica della musica dedicando quasi per intero all’educazione musicale l’ultimo libro della Politica.
Altra prova di ordine musicale messa in campo da Ficino è quella che dimostra, tramite il fenomeno della risonanza, come non sia strano pensare che alcuni prodotti umani siano soggetti all’influsso celeste a causa di una loro affinità formale con la loro figura celeste. Così come le corde di due strumenti affini entrano in risonanza, così una figura terrestre affine ad una celeste ne subirà l’influsso.

XX

Continua qui il processo di giustificazione di Ficino della propria teoria rispetto ad altre ritenute "meno credibili". Ciò che differenzia la sua arte da altre del passato e del presente è che essa cerca di fondarsi su fenomeni tangibili. Gli influssi dei pianeti non sono qualcosa di astratto, bensì qualcosa che conosce un sostrato materiale. Per questo Ficino ammette che di avere "difficoltà a capire come le immagini possano esercitare alcun effetto su cose distanti, ma sospetto che su chi le porta qualche efficacia ce l’abbiano 27)".
Interessante è anche la riflessione del filosofo su un fenomeno oggi comunemente accettato: l’enorme potere della suggestione. Ficino sottolinea come, anche nel caso in cui le immagini non abbiano alcun potere intrinseco sugli esseri, il fatto che in alcune culture, Ficino cita qui la tradizione araba, si riponga fiducia in tale potere, le porta ad assumere comunque il valore a loro attribuito. La proprietà che il fruitore attribuisce all’oggetto della sua fruizione, diviene proprietà dell’oggetto stesso 28). Se tutto ciò, sostiene l’autore, è valido e si manifesta per ciò che riguarda oggetti terreni, l’effetto di un amor fidesque coeleste donum 29) dovrà essere allora tanto maggiore.

XXI

Ogni astro possiede diverse peculiarità e ha dunque un influsso in ambiti differenti. Ficino associa ad ogni pianeta un proprio "ambito di pertinenza":

Luna   Pietre, metalli
Mercurio   Erbe, frutti
Venere   Odori, unguenti
Apollo   Parole, suoni
Marte   Immaginazione
Giove   Ragionevolezza
Saturno   Realtà divine

Questi ambiti tuttavia non vanno separati, restiamo sempre nell’ambito della percezione sinestetica, piuttosto essi vanno "composti" e resi "congruenti" 30). I toni dei canti dovranno essere composti da più elementi differenti, scelti in base alle stelle, e in seguito dotati di armonia. Il processo che permette la mimesi del canto stellare conosce tre momenti:

1) coordinazione delle caratteristiche della stella con gli attributi che ne verranno esaltati nel corpo del testo cantato 31).

2) coordinazione del tono e del canto in base all’astro che governa le regioni in cui ci troviamo e le persone con cui abbiamo a che fare.

3) osservare con attenzione il tipo di relazione che si instaura tra le posizioni degli astri e la vita umana quotidiana, per poi tentare di riprodurne delle eco che possano "piacere al cielo" 32).

A questo punto Ficino tesse il più profondo ed esplicito elogio del canto che si trova nel De Vita, tanto da definirlo un "animal quoddam aerium et rationale" 33). Il canto è posseduto da una potenza imitativa trascinatrice, che rende attivo non solo il cantante, ma anche l’ascoltatore. Il canto plasma e trasforma, questo il motivo per cui bisogna cercare di carpirne le logiche: nel momento in cui col canto possiamo imitare le cose celesti, possiamo indurre l’uomo a rivolgere il proprio spirito verso quell’influsso.

XXII

Alla corrispondenza istituita in precedenza tra pianeti e loro "ambiti di pertinenza", come li ho voluti chiamare, segue una loro coordinazione da un punto di vista cognitivo. Ogni cosa viene colta secondo le proprie possibilità, le quali dipendono direttamente dall’ambito di pertinenza dell’astro di riferimento.

Ampliando dunque la precedente tabella otterremo:

Luna
Pietre, metalli
cognizione secondo immagini armoniche
Mercurio
Erbe, frutti
cognizione secondo medicine temperate
Venere
Odori, unguenti
cognizione secondo vapori e odori
Apollo
Parole, suoni
cognizione secondo canti e suoni
Marte
Immaginazione
cognizione secondo creazioni della immaginazion
Giove
Ragionevolezza
cognizione secondo i procedimenti discorsivi della ragione
Saturno
Realtà divine
cognizione secondo le serene contemplazioni della mente

In chiusura di capitolo Ficino riespone i capisaldi della sua teoria: le influenze divine intervengono su di noi grazie alla funzione mediatrice dello spirito, preparato nei vari modi discussi. L’accoglimento degli influssi celesti è inoltre una "electione arbitrii liberi", l’uomo non è soggetto a tali influssi se il suo animo si chiude a loro.

XXIII

L’uomo d’altro canto non è del tutto privo di vincoli. Il cielo infatti lo ha generato destinandolo ad un particolare compito. Egli non è obbligato a perseguire lo scopo che gli è stato assegnato, ma qualsiasi altra attività egli decida di svolgere non sarà sentita come naturale e piacevole, non sarà "connaturata". Così come l’attività personale, anche il luogo di residenza "naturale" sarà uno solo e sarà quello in cui "non appena metti piede, il tuo spirito in qualche modo rivive, il senso si mantiene più vivace, la condizione complessiva del corpo è più robusta […]".La dissonanza che si produrrà in noi nel caso in cui avvenga una dissociazione tra l’attività predestinata e quella effettiva, è oltretutto giustificata dal fatto che a quel punto il demone che ci custodisce non sarà più uno solo. Demone connaturato e demone acquisito ci renderanno la vita faticosa e tormentata.

XXIV

Qui il pensiero di Ficino si rivolge direttamente ai letterati: essi si devono ricordare di essere dei mercuriali e solari. Apollo, Giove, Venere ed eventualmente Saturno saranno gli astri il cui benefico influsso egli dovrà apprestarsi a ricevere.

In particolare a Febo, Apollo musageta, il letterato si dovrà richiamare e coltiverà il proprio corpo, più leggero dei corpi "comuni", con quattro elementi anch’essi leggeri, ad esso appropriati: vino, profumo, canto e luce.

Si ritorna dunque agli esordi dell’opera, all’evocazione di Bacco e a quella di Febo, quasi ad attribuire al letterato una doppia natura, dionisiaca e apollinea allo stesso tempo, temperantesi vicendevolmente secondo dosi armoniche e restituendo un’unità in sé coerente e ordinata.
MS

NOTE

1) Marsilio Ficino, De Vita, a cura di A. Biondi e G. Pisani, Pordenone, Biblioteca dell’immagine, 1991, p.7 (in seguito De Vita).
2) Michael J.B. Allen, Synoptic Art: Marsilio Ficino on the History of Platonic Interpretation, Firenze, Olschki, 1998, pp.3 sg.
3) Dante Alighieri, Vita Nuova, XXIX.
4) Aristotele, Etica Nicomachea, X, 4, 1174b 31-2. Trad:"il piacere perfeziona l’attività".
5) De Vita, p.13.
6) Per una più completa discussione della nozione rimando alle pp. X-x del medesimo Quaderno.
7) De Vita, p.15.
8) Platone, Timeo, 90 a.
9) Per una spiegazione più diffusa rimando alle pp. X-x del Quaderno.
10) R. Klibansky, E. Panofsky, F. Saxl, Saturno e la melanconia, Torino, Einaudi, 1983, p.25.
11) Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, canto VI, vv.91-3.
12) Platone, Timeo, 88c.
13) Per la descrizione del processo visivo in Platone vedi nota 4 a p. x.
14) De Vita, p.157.
15) De Vita, p. 161.
16) Platone, Timeo, 47d-47e.
17) Daniel P. Walker, Le chant orphique de Marsile Ficin, "Music, Spirit and Language in the Renaissance", Londra, Variorum Reprints, 1985, VII pp.17-28.
18) "dalla lira d’oro".
19) "suonatore di siringa".
20) De Vita, p.365…rendendo dunque manifesto il desiderio di distanziarsi da quel tipo di magia cui probabilmente pensava Umberto Eco nell’atto di scrivere il proprio articolo nel quotidiano "Repubblica" discusso a lezione.
21) De Vita, p.229.
22) De Vita, p.319.
23) De Vita, p.321.
24) Guido cavalcanti, O donna mia, non vedestù colui.
25) De Vita, p.329.
26) Platone, Repubblica, 401d-401e.
27) De Vita, p.359.
28) De Vita, p.363 "Peraltro io sono del parere che l’intenzione dell’immaginazione abbia il suo peso su immagini e medicine, non tanto al momento della preparazione, quanto in quello dell’applicazione."
29) Ibidem.
30) De Vita, p.367 "Sic ex tonis primo quidem ad stellarum normam electis, deinde ad earundem congruitatem inter se compositis, communem quasi formam fieri, atque in ea coelestem aliquam suboriri virtutem." (Grassetto mio)
31) Il che ricorda da vicino ciò che accade negli Inni Orfici in cui la divinità viene evocata con tutta la serie di epiteti che le convengono.
32) De Vita, p.369.
33) De Vita

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