martedì 12 maggio, ore 21 Aula absidale di S. Lucia (via de' Chiari 25a) ingresso libero - posti limitati Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847) Trio n. 1 in Re minore op. 49 Molto Allegro agitato Andante con moto tranquillo Scherzo. Leggiero e vivace Finale. Allegro assai appassionato Trio n. 2 in Do minore op. 66 Molto Allegro agitato Andante con moto tranquillo Scherzo. Leggiero e vivace Finale. Allegro assai appassionato Amanda Favier,
la più giovane vincitrice nella storia del Concorso Bach di Lipsia, ha
tenuto il primo recital a nove anni. Perfezionatasi con Igor Ozim e con
Sir Ifrah Neaman, è vincitrice di quindici
premi internazionali e si esibisce abitualmente nelle più importanti
sale concertistiche d’Europa (Gewandhaus di Lipsia, Concertgebouw di
Amsterdam, Salle Gaveau e Cité de la Musique di Parigi), in America del
Sud e in Asia. Collabora assiduamente, tra gli altri, con Pierre
Amoyal, Hervé Joulain, Cédric Tiberghien, Anne Queffelec, François
Salque, Maurizio Baglini, Silvia Chiesa. L’associazione parigina Adami,
avendola riconosciuta come «rivelazione del 2004», le ha concesso in
uso un prestigioso violino di liuteria veneziana, un Bellosio del 1756.
Ha inciso le Sonate di Janáček e Strauss per Lyrinx e, di recente,
un’innovativa versione delle Quattro stagioni di Vivaldi che è stata insignita di diversi riconoscimenti, fra cui il "Classique d’Or" RTL. Silvia Chiesa ha debuttato come solista al Barbican Hall di Londra col Triplo concerto di Beethoven. Ha eseguito in prima assoluta composizioni di Nicola Campogrande, Aldo Clementi, Maxwell Davies, Giovanni Sollima. Ha collaborato con Mario Brunello, Bruno Canino, Rocco Filippini, Raina Kabaivanska, Alicia de Larrocha. Da solista ha suonato con Luciano Acocella, Paolo Arrivabeni, Daniele Gatti. Dal 2005 collabora stabilmente col pianista Maurizio Baglini, col quale ha inciso le sonate di Chopin, Debussy e Saint-Saëns. Violoncellista del Trio Italiano dal 1997 al 2002, ha suonato per importanti istituzioni musicali. Per l’Unione musicale di Torino ha eseguito l’integrale dei trii di Schumann; per gli Amici della Musica di Padova l’integrale dei trii di Brahms, al Teatro Bibiena di Mantova l’integrale dei trii di Beethoven registrati live dal canale televisivo RAI Sat Show. Maurizio Baglini, premiato giovanissimo nei più importanti concorsi internazionali, a 24 anni vince il “World Music Piano Master” di Montecarlo. Come solista e in formazioni cameristiche è ospite dei massimi festival di tutto il mondo. Solista con orchestre quali la Filarmonica di Montecarlo e la Baltimore Symphony, ha collaborato con direttori come Emmanuel Krivine e Armin Jordan. Ha al suo attivo una rilevante discografia che include, fra l’altro, due registrazioni degli Studi di Chopin, eseguiti su strumenti originali del sec. XIX e sul pianoforte moderno. Interprete versatile, nutre un profondo interesse per la prassi esecutiva filologica sul clavicembalo e sul fortepiano. Nel 2008 ha eseguito al Musée d’Orsay di Parigi la Nona di Beethoven nella trascrizione pianistica di Liszt. Di recente ha inciso l’integrale per pianoforte di Rolf Urs Ringger, con cinque prime assolute. |
Il Mozart del XIX secolo Amanda Favier violino Silvia Chiesa violoncello Maurizio Baglini pianoforte Fu
proprio il Trio in Re minore op. 49, uno dei più celebri capolavori di
Mendelssohn, a meritargli l’appellativo di «Mozart del XIX secolo», in
una recensione di Schumann del 1840, l’anno in cui il Trio, ultimato il
23 settembre 1839, venne eseguito per la prima volta. La composizione
si apre con un Molto Allegro agitato in
forma sonata, in cui all’intenso lirismo del primo tema si affianca –
più che opporsi – la cullante e serena cantabilità del secondo. La
sostanza melodica comune, sottolineata dal medesimo attacco in levare e
dal pari trattamento timbrico – è la calda voce del violoncello ad
annunciarli –, è ancor più evidente nello sviluppo, dove i due temi si
avvicendano con grande fluidità. Il dialogo strumentale è serrato e
sempre elegante – si noti il seducente controcanto del violino che
avvolge il tema del violoncello all’attacco della ripresa –, mentre la
parte pianistica, che in una seconda stesura beneficiò dei suggerimenti
del compositore e pianista Ferdinand Hiller, s’incarica di
intensificare l’atmosfera espressiva. Il solo pianoforte espone
l’intera melodia dell’Andante, un’autentica “Romanza senza parole”
incastonata nella grande forma. L’impianto è tripartito: nella sezione
centrale, in modo minore, il dialogo degli archi si infittisce sulla
palpitante pulsazione ternaria sino al ritorno della romanza, la cui
tessitura strumentale è nella chiusa più ricca ed ornata. Lo Scherzo –
un’aerea danza degli elfi – conferma l’inventiva raggiunta da
Mendelssohn in questo genere: il vivace turbinare dell’idea melodica
scorre inesauribile fra gli strumenti e, quasi pago di sé, intesse
l’intero movimento omettendo la consueta sezione del Trio. Il Finale è
in forma di rondò: il tema principale mostra un profilo spigoloso e un
carattere al tempo stesso inquieto e severo. L’elaborazione dei
successivi episodi raggiunge toni di più intensa concitazione
drammatica, affidata in prevalenza al virtuosismo della tastiera. A far
da contraltare, l’idea melodica, quasi inattesa, intonata dLaurea
specialistica in Discipline della musicaagli archi in ottava, che ne
riprendono l’appassionato e mediterraneo slancio nella perorazione
finale, prima della brillante coda.
Composto a Francoforte nel 1846 e dedicato a Louis Spohr, il Trio op. 66 mostra un assetto formale più ambizioso e complesso e una scrittura strumentale, specie pianistica, assai densa, quasi pre-brahmsiana (non per caso Brahms dovette ammettere la somiglianza del suo Quartetto con pianoforte in Do minore col Finale di questo Trio). L’Allegro energico, in forma sonata, presenta una prima area tematica bicefala: al moto ondoso di un oscuro e mormorante motivo d’apertura si affianca ben presto un tema enunciato dagli archi, dal più plastico profilo melodico. Con maggior quiete e rassegnazione, il secondo tema entra di sghimbescio, quando ancora non è stabilmente raggiunta l’area tonale deputata (Mi bemolle maggiore). L’ampio sviluppo elabora tutte le idee tematiche, anche con tecnica imitativa; ma l’elaborazione prosegue nella ripresa, che dispone in ordine inverso secondo tema e chiusa del primo, ripartendo da qui per combinare ancora i vari elementi tematici, espandendo la tavolozza tonale fino alla robustissima coda. Anche questo Andante, come quello del primo Trio, si apre con una “romanza” pianistica meditativa nel carattere. Il tema, sopra un tappeto continuo di accordi, passa poi al duetto degli archi, si fa accorato nella sezione centrale in modo minore, e ritorna nella sezione conclusiva in un clima vibrante, avvolto da una scrittura pianistica che, deposti i severi ispessimenti accordali, si scioglie in ricchi arpeggi. L’attacco in levare e le entrate imitative dei tre strumenti innescano un vorticoso Scherzo, i cui diversi spunti motivici si inseguono, fra guizzi capricciosi, in un movimento vivacissimo, irrefrenabile persino nella sezione del Trio, che infine si dilegua in punta di piedi. Il Finale, che sembra esordire in medias res, è un rondò basato su tre temi ben distinti: il primo, di cui è stata sottolineata l’assonanza con la giga della Suite inglese in Sol minore di Bach, disegna un melanconico eppur vivace profilo discendente; il secondo, nella tonalità maggiore relativa, lo contrasta con un più fiducioso e propositivo gesto ascendente; il terzo, la melodia del corale «Herr Gott, Dich loben alle wir», conferisce al tono generale un afflato solenne e grandioso che ben si coniuga ad un’elaborazione superba, ampliando i confini dello spazio cameristico fino alla dimensione sinfonica. Andrea Carenzi coordinamento e redazione ingresso gratuito - posti limitati info: tel. 051 2092413; soffitta.muspe@unibo.it |