giovedì 2 aprile, ore 20.30 Aula magna di s. Lucia (via Castiglione 36) ingresso libero - posti limitati Franz Joseph Haydn (1732-1809) Quartetto in Fa maggiore, op. 77 n. 2 Allegro moderato Menuet. Presto Andante Finale: Vivace assai Felix Mendelssohn Bartholdy (1809-1847) Quartetto n. 6 in Fa minore, op. 80 Allegro vivace assai Allegro assai Adagio Finale: Allegro molto Franz Schubert (1797-1828) Quartetto in Re minore D. 810 “La Morte e la Fanciulla” Allegro Andante con moto Scherzo: Allegro molto Presto Il Quartetto Aviv si è imposto nel panorama musicale internazionale come uno dei più grandi e virtuosi gruppi da camera del nostro tempo. Nell’aprile 1999 ha conseguito l’“Amadeus Quartet Prize” e nel maggio dello stesso anno ha ottenuto riconoscimenti ufficiali dai Ministri della cultura della Repubblica Federale Tedesca e dello Stato d’Israele. Il quartetto si è esibito in Europa, in Estremo Oriente, nelle Americhe, in Sud Africa e in Australia, per importanti istituzioni musicali e in numerose sedi concertistiche: Théâtre du Châtelet e Auditorium del Louvre di Parigi, Wigmore Hall e Barbican Center di Londra, Royal Concertgebouw di Amsterdam, Staatsoper di Monaco di Baviera, Carnegie Hall di New York, Festival di Dublino, Jerusalem Chamber Music Festival, Dubrovnik Festival. Ha collaborato con i Quartetti Alban Berg, Ysa˙e, Emerson e Juilliard. Ha inciso di recente per la casa discografica Naxos. |
In collaborazione con Musica insieme La morte e la sorella QUARTETTO D’ARCHI AVIV Sergey Ostrovsky e Eugenia Epshtein violini Mikhail Zimov viola Rachel Mercer violoncello Alla
committenza del principe Lobkowitz – violinista e violoncellista
dilettante – l’anziano Haydn assolse solo in parte: nel 1799 scrisse
per l’Op. 77 due soli Quartetti, e non sei come di prammatica. Nel
secondo dei due, la posizione del Minuetto è scambiata con quella del
tempo lento e nell’impianto tonale dei quattro tempi vengono
privilegiate le relazioni di terza (il Trio del Minuetto è in Re
bemolle, l’Andante in Re). L’Allegro moderato è in forma sonata: come
spesso in Haydn, il secondo tema non è che una gemmazione del primo, la
cui levigata cantabilità si fa qui più intensa. Lo sviluppo utilizza il
materiale del tema, nonché un motivo di crome ribattute in levare già
udito nella transizione e qui adoperato anche per uno “stretto”
imitativo che conduce ad un’ardita trasformazione enarmonica della nota
lasciata al basso. Col suo piglio sicuro e passo veloce, il Minuetto
pare già quasi uno Scherzo, pronto a contraddire la pulsazione “in tre”
con l’incastro ripetitivo di cellule binarie, a mo’ di un furiant
– una danza popolare cèca – che si placa nelle curve melodiche più
rilassate del Trio. È il primo violino assolo a intonare il tema
dell’Andante, mentre il violoncello ne sostiene l’incedere affabile e
un po’ caparbio. La ricchezza sempre cangiante della veste strumentale
si dispiega nelle tre variazioni seguenti, intervallate da episodi:
l’intera forma si combina dunque con quella del rondò. Il Finale –
nelle prime battute il tema saltellante e incisivo dissimula per un
attimo la scansione ternaria, poi categorica – è una forma-sonata in
passo di danza, che strizza però l’occhio al rondò: non solo il tema
secondario ma anche le tante idee motiviche sono collegate al tema
principale.
Il Quartetto op. 80 di Mendelssohn, indicato sovente anche come Requiem per la morte di Fanny, fu composto quasi di getto sul finire dell’estate 1847, risposta creativa alla scomparsa dell’amatissima sorella maggiore. La vicenda biografica condiziona senza filtri l’atto compositivo: il dolore che urge e palpita incrina le simmetrie, frammenta i temi, inchioda ben tre tempi sul Fa minore (solo l’Adagio è in La bemolle) e tormenta con dissonanze e cromatismi i percorsi armonici. L’Allegro di apertura ha una struttura in forma sonata che si palesa a fatica, fra l’emergere di sfoghi motivici che, se non giungono mai a configurare veri e propri temi, creano il clima espressivo generale e seminano schegge tematiche che riaffioreranno poi nei movimenti successivi. Il furore del tremolo d’apertura, squarciato da un’accorata apostrofe del violino cui replicano gli altri strumenti, a tratti riprende inesorabile fra sbalzi urti ventate che paiono ambire ad una dimensione orchestrale. L’inquieto dinamismo anima sia l’episodio in terzine della transizione, sia il secondo tema, in cui l’apparente rasserenamento della tonalità maggiore è minato da inquiete figurazioni sincopate. Anche lo Scherzo successivo erompe accorato fra i singulti del primo violino e il basso che sospinge il movimento generale con l’ascesa cromatica; nel Trio, un lugubre basso ostinato impedisce che il senso di oppressione si diradi. L’Adagio è una vibrante pagina elegiaca, dalla scrittura assai densa e ricca di figurazioni di eloquente espressività. L’Allegro conclusivo torna alla tonalità emotiva dei primi due movimenti, di cui riprende brandelli motivici, tremoli, scatti impetuosi e instabilità ritmiche. Nel 1817 Schubert musicò in un Lied memorabile i versi di Matthias Claudius in cui la supplice fanciulla tenta di respingere la Morte, che la invita ad abbandonarsi nelle sue braccia. Sette anni dopo, per la composizione del Quartetto in Re minore, Schubert riparte da quel Lied, di cui riprende l’introduzione pianistica, un funebre corale a quattro parti che diventa il tema dell’Andante; la tragica presenza che esso incarna pervade invero tutta l’opera. Il ritmo dattilico del corale pulsa anche nel tema principale dell’Allegro in forma sonata, col suo attacco tragico e teso che contrasta le movenze più canore e aggraziate del secondo tema e ad esso si intreccia nello sviluppo. L’Andante con moto, enunciato il tema solenne e sgomento, lo sottopone a cinque variazioni. Contrappuntato da figurazioni singhiozzanti, ripetuto in maniera ossessiva, affiancato da un controcanto riccamente ornato, il tema rimane sempre riconoscibile, immutabile sostanza pur nelle metamorfiche apparizioni; alla fine, come nel Lied, si trasfigura nella tonalità maggiore. Lo Scherzo avvia il suo giro vorticoso con una brusca figurazione sincopata declamata su un tetracordo discendente nel basso – emblema sonoro, per secoli, del lamento tragico; procede incalzando, e trascina nell’oblio la tranquillità rasserenata del Trio. Il Presto finale, un impetuoso rondò in ritmo di tarantella, rappresenta la danza macabra della morte vittoriosa. Giulio Zampieri coordinamento e redazione ingresso gratuito - posti limitati info: tel. 051 2092413; soffitta.muspe@unibo.it |