Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna La Soffitta 2002 MUSICA - Concerti
 
 
musica
30 gennaio - 19 maggio
a cura di Giuseppina La Face Bianconi
alma mater studiorum
università di bologna
dipartimento di musica e spettacolo
la soffitta
centro di promozione teatrale
Mercoledì 27 marzo 2002, ore 21
AULA ABSIDALE DI S. LUCIA
via de’ Chiari 23a
 
Languidi sguardi e teneri tormenti
Gloria Banditelli mezzosoprano
Roberto Calidori clavicembalo
.
presentazione
di
Maurizio Amadori, Luigia Bencivenga
 
ingresso gratuito
 

PROGRAMMA

Giulio Caccini (1550 - 1618)
Perfidissimo volto
Odi, Euterpe, il dolce canto
dalle Nuove musiche (1601)
 
Girolamo Frescobaldi (1583 - 1643)
Toccata VII
dal Secondo libro di toccate (1627)
Ai miei pianti alfine un dì
Voi partite, mio sole
dal Secondo libro d’arie musicali (1630)
Se l’aura spira tutta vezzosa
dal Primo libro d’arie musicali (1630)
 
Sigismondo D’India (1580 ca. - ?1629)
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
dal Terzo libro delle musiche (1618)
Torna il sereno Zefiro
dal Quinto libro delle musiche (1623)
 
Bernardo Storace (sec. XVII)
Ciaccona
da Selva di varie compositioni d’intavolatura
per cimbalo ed organo (1664)
 
Giovanni Felice Sances (1600 - 1679)
Usurpator tiranno
dalle Cantade, libro secondo (1633)
 
Bellerofonte Castaldi (1581 ca. - 1649)
Colei che tanto tormentami
dal Primo mazzetto di fiori musicalmente colti
dal giardino bellerofonteo (1623)
Chi vide più lieto
da un manoscritto della Biblioteca Estense
 
Domenico Scarlatti (1685 - 1757)
Sonata in La maggiore K. 208
Sonata in Re maggiore K. 145
 
Georg Friedrich Händel (1685 - 1759)
Dolce pur d’amor l’affanno HWV 109a
cantata per contralto e basso continuo (post 1717)
 
Pietro Domenico Paradisi (1707 - 1791)
Sonata IX in La minore/La maggiore
dalle Dodici sonate di gravicembalo (1754)
 
Nicola Porpora (1686 - 1768)
Dal povero mio cor, che vuoi, Speranza?
cantata per contralto e basso continuo (1735)

Languidi sguardi e teneri tormenti

Se da sempre raccontare una storia con la musica ha valore simbolico di dar anima alla storia stessa – il binomio musica/anima dell’ethos platonico – il ‘cantare a liuto’ rinascimentale aveva mostrato come la voce solista accompagnata da uno strumento potesse esprimere al meglio i sentimenti evocati dalla poesia: il testo cantato non veniva confuso nelle fitte maglie della polifonia, e la voce sola poteva evidenziarne così le parole più ricche di affetti (passaggio rivoluzionario, quello dalla polifonia alla monodia, in quanto consacrò anche la nascita del cantante professionista). La teoria degli affetti spiegava appunto come trasmettere le emozioni con parole e musica, soprattutto tramite abbellimenti vocali quali trilli, note ribattute o prolungate, rapide scalette: tali abbellimenti, detti ‘passaggi’, venivano improvvisati dal cantante durante l’esecuzione. Resta da precisare che, se la teoria degli affetti si riferiva principalmente alle potenzialità mimetiche della musica e alla sua capacità di rappresentare la natura secondo i principii del razionalismo, nel madrigale italiano a cavallo tra il secolo XVI e il XVII la dimensione affettiva, determinata in primo luogo dal testo poetico, rimandava invece a qualcosa di più immanente all’accadere musicale, ad una sorta di espressività inscindibile dall’esecuzione, dal divenire suono, canto, e dunque sentimento.

Tra le città che nel secolo XVIII assurgono a capitali della cultura europea, un posto privilegiato spetta di sicuro a Londra. È per il pubblico teatrale londinese che Georg Friedrich Händel compone la maggior parte delle proprie opere a partire dal 1711, e sempre sulle scene londinesi il Sassone si confronta e si scontra con il nuovo gusto operistico importato da compositori come Nicola Porpora, esponente di una scuola napoletana che avrebbe spopolato sulle scene d’oltremanica, e dei cui prodotti lo stesso Händel avrebbe fatto tesoro. A questo periodo appartengono anche le due cantate "Dolce pur d’amor l’affanno" di Händel e "Dal povero mio cor" di Porpora: piccoli drammi in musica monologici, tanto che Händel trapianta tranquillamente un’aria della propria cantata nell’Alcina del 1735.

Nella Londra pervasa dallo spirito händeliano e dallo exotic entertainment dell’opera italiana vedono la luce nel 1754 le Dodici sonate di gravicembalo di Domenico Paradisi, vicine però, più che a Händel, alle istanze dello stile galante e dello stile empfindsam di cui Carl Philipp Emanuel Bach è il rappresentante preclaro. Per mano di un nobiluomo inglese, Lord Fitzwilliam, nel 1772 a Londra sarebbe arrivato anche un manoscritto contenente alcune sonate di un insigne compositore che era stato al servizio della corte spagnola. Coetaneo di Händel, a Venezia, in gioventù, si era confrontato con lui in una memorabile sfida al cembalo e ne era uscito vincitore: il suo nome era Domenico Scarlatti.

Maurizio Amadori, Luigia Bencivenga
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