Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna
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STAGIONE 2001 - le
linee della scena teatro |
19 marzo / 7 aprile PENSARE IL NOVECENTO
Molteplici e intrecciati sono i fili che collegano, fin dal sottotitolo, questo progetto a quello da me curato l'anno scorso: Dopo i maestri: un secolo di pedagogia teatrale, con il quale, a partire dalla scomparsa recente di Jerzy Grotowski e di Jacques Lecoq, si cercò di avviare un bilancio provvisorio e orientato del Novecento teatrale e in particolare delle esperienze pedagogiche che lo hanno caratterizzato. In realtà, il nucleo del progetto era rappresentato da una riflessione e da una verifica sui modi in cui oggi ci si può appropriare attivamente di una tradizione, dell'insegnamento di un maestro, del suo lascito, per trasmetterlo-tradirlo; o comunque per fecondare una visione o una pratica teatrale. Questo fu il compito del laboratorio intensivo tenuto da Steven Wasson (del Théâtre de l'Ange Fou, di Londra) sull'Ispettore generale di Gogol, rivisitato creativamente (assieme a un gruppo di nostri studenti) a partire dalla tradizione del mimo corporeo di Etienne Decroux. Quest'anno il cuore del progetto, con le stesse finalità, sarà rappresentato dal laboratorio intensivo, con saggio finale, su Artaud dal titolo Nalpas, che Michele Monetta terrà (sempre in collaborazione con il CIMES) con un gruppo selezionato di nostri studenti. Se, nella scorsa edizione, la scommessa consisteva nel forzare la grammatica e l'estetica di Decroux oltre i limiti del mimo e della dimensione pedagogica, questa volta essa si presenta ancora più difficile e affascinante: affrontare un lavoro pratico, artigianale ed artistico, a partire dal grande visionario francese, sul quale da sempre gravano, in proposito, forti pregiudizi e scetticismi radicati. Brook ha scritto negli anni Sessanta che "Artaud messo in pratica è Artaud tradito", mentre Grotowski affermava sulla stessa lunghezza d'onda che egli "non era completamente se stesso". Un fatto è certo: è molto raro assistere a spettacoli ispirati a o da Artaud, basati su suoi testi o sulla sua figura, che risultino convincenti o almeno accettabili. I rischi opposti e simmetrici del mimetismo, ovvero del rifare (come) Artaud, da un lato, e della reverenza all'icona del "suicidato della società", con il vero e proprio "effetto intimidatorio" che ne discende, dall'altro, sono sempre in agguato in questi casi. La piccola ma significativa "Artaud-Renaissance" cui ci è stato dato di assistere in anni recenti (certamente anche grazie agli anniversari: centenario della nascita nel 96, cinquantenario della morte nel 98), dimostra tuttavia che tali rischi possono essere evitati se, invece di voler mimare Artaud o di subirlo passivamente, facendosene intimidire, si cerca di reagire-rispondere allo straordinario teorico della Crudeltà, scavando con rispetto e rigore, ma senza conformismo deferente, nel tesoro anche pratico, anche tecnico, delle sue visioni di teatro e della sua scrittura vocale. In questo senso, sorprende fino a un certo punto, confermandoci anzi in ipotesi formulate in sede storico-critica, che sia proprio l'ultimo Artaud, quello apparentemente inutilizzabile della follia, a rivelarsi il più fecondo, e non soltanto sul piano artistico, come hanno dimostrato fra gli altri la Societas Raffaello Sanzio, Enzo Moscato, Stefano Vercelli, Nicola Dentamaro, Valeria Vitali, Claudio di Scanno e appunto Michele Monetta. Questi, per l'occasione, contestualmente al saggio spettacolare degli allievi, proporrà alla Soffitta una "azione scenica ispirata a frammenti scritti da Antonin Artaud", dal titolo Il cielo obliquo. Campo di grano con volo di corvi, che fa riferimento all'opera dipinta da Van Gogh venti giorni prima del suicidio. Il progetto, introdotto da una conferenza dello studioso e critico francese Georges Banu, sarà completato dalla presentazione del libro di Marco De Marinis, In cerca dell'attore. Un bilancio del Novecento teatrale, Bulzoni, 2000, e del numero 2/3 della rivista "Culture Teatrali", edita dai Quaderni del Battello Ebbro e dedicata a Quarant'anni di Nuovo Teatro italiano (con testi di e su Leo de Berardinis, Antonio Neiwiller, Giuliano Scabia, Societas Raffaello Sanzio, Le Albe, Teatro della Valdoca, Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa, Rino Sudano). Marco De Marinis |