Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Dipartimento di Musica e Spettacolo - La Soffitta 2005

LA SOFFITTA - Centro di promozione teatrale


LA SOFFITTA 2005
TEATRO
19 gennaio - 23 maggio

1-4 marzo
I SOGNI DI LENZ. Percorso nel progetto triennale Calderón
mercoledì 2 marzo
Laboratori DMS - Teatro, ore 21


LA VITA È SOGNO

di Pedro Calderón de la Barca


traduzione, riscrittura, drammaturgia, imagoturgia
di Francesco Pititto

regia di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto

installazione scenica, liriche plastiche
di Maria Federica Maestri

musica ed elaborazioni elettroniche
di Adriano Engelbrecht e Andrea Azzali

con Giuseppe Barigazzi, Giuseppe Imprezzabile,
Elisa Orlandini, Alessandro Sciarroni,
Sandra Soncini e Barbara Voghera

disegno luci di Rocco Giansante

atto critico di Giulia Mirandola


foto di scena dello spettacolo


Il sottile margine tra vita e sogno, l’incerta linea di confine che separa, intreccia, interseca la realtà e l’irrealtà. Come diceva Artaud, si tratta di “dare alle parole all’incirca l’importanza che hanno nei sogni”. Così per Lenz Rifrazioni l’incontro con La vita è sogno di Calderón de la Barca, avvenuto per progressivi avvicinamenti già a partire dal Sogno di una notte di metà estate di Shakespeare nel 1998, rappresenta anche un approdo fondamentale: “la relazione tra reale ed irreale, tra vita e sogno, tra normalità e non normalità è diventata per Lenz Rifrazioni la questione fondante della propria visione estetica e politica del teatro. – scrive il drammaturgo e regista Francesco Pititto – Paradossalmente la condizione del protagonista del Sueño, Segismundo, sembra appartenere maggiormente alla condizione umana dell’attore diversamente abile, così come già accaduto per l’Ham-let di Lenz Rifrazioni. Il labile margine tra realtà e sogno, tra verità e finzione è meglio abitato dall’attore che abitualmente in quel margine vive la propria vita reale; “lì vi abitano i poeti” direbbe Hölderlin. L’attore dotato di piena consapevolezza ha, invece, la straordinaria opportunità di stabilire una relazione-ponte tra questi due stati, di introdursi – finalmente guidato da mani esperte – in percorsi finora oscuri e misteriosi. La capacità di lavoro comune degli attori, normalmente dotati e sensibili, sui diversi stati emozionali dei personaggi – e quindi sul linguaggio e sul senso drammaturgico profondo – si arricchisce reciprocamente, se sviluppato in situazioni di reale integrazione”. Così il lungo lavoro laboratoriale, iniziato quattro anni fa prima sul Faust di Goethe e poi su La vita è sogno, condotto con attori con disagio psichico, ha lasciato segni profondi, memorie stratificate di volti, di gesti, di parole, che si affollano nel tessuto visivo, attorale e musicale dell’opera di Lenz Rifrazioni.

Un procedere nella ricerca drammaturgica per germinazioni e concatenazioni successive, che ha visto i progetti monografici e pluriennali di Lenz Rifrazioni approdare a Calderón dopo il passaggio shakespeariano e faustiano. Dalla “piena verità della finzione” di Amleto alla dura verità del “disinganno” di Calderón. E dal Faust 2 di Goethe, ultimo approdo della ricerca faustiana di Lenz nel 2002, a La vita è sogno: “In Calderon, che non è semplicemente didattico né gelidamente concettuale, vive uno dei rari esempi di letteratura allegorica che non ha perduto il contatto con il reale, grazie ad un utilizzo molto personale di un simbolismo perfettamente adattato alle necessità della scrittura drammatica, secondo una visione in cui l'intensità filosofica, religiosa e poetica non avrà eguali se non nel Faust 2 di Goethe ”, scrive Didier Souiller nel suo saggio Calderon e il grande teatro del mondo.

Incatenati dalle maglie di un’infinita catena che si moltiplica e invade la scena insieme a elementi tubolari orizzontali e obliqui, personaggi e oggetti abitano lo scenario barocco de La vita è sogno, che si inoltra nel rococò del tempo relativo, viene lacerato dalla contemporaneità, da segni post-pop, dai costumi-involucro degli attori che si fanno tratti estetici attivi in relazione sintattica con l’intero discorso scenico.

Sigismondo rinchiuso nella torre lamenta un disperato “¡Ay mísero de mí! ¡Ay infelice!”e nella sua voce si riverberano le voci campionate e modificate di altre sofferenze, di altre miserie. Il risveglio di Sigismondo nei palazzi sontuosi del re Basilio, dove si celebrano la maestà e la pompa, prelude all’amaro ritorno nella torre, in un’implacabile e circolare alternanza di illusione e disincanto, perché “tutta la vita è sogno, e i sogni sogni sono”.

La drammaturgia del Sueño calderoniano si compenetra nell’opera di Lenz Rifrazioni all’Imagoturgia di sequenze di undici dipinti in movimento: “una sovraimpressione, somma, con/fusione degli stati della memoria, una mescolanza dei segni e dei sogni.”

Un altrove che si sovrappone al qui e ora della scena.

La drammaturgia musicale è costituita dalla scrittura e composizione di una vera e propria partitura originale, un continuum musicale che si snoda come un mosaico arboreo, dove è metronomicamente scandito il trascorrere del tempo e dove si insinuano l’iberico tango e musiche pop. Tutto il mondo sonoro de La vita è sogno nasce dalla rielaborazione di voci e rumori raccolti durante i laboratori teatrali: l’ippogrifo “corre veloce come il vento” con un galoppo ricreato a partire dal suono ritmico del battersi il petto. L’uso di situazioni riverberate crea la sonorità profonda che evoca lo stato del sogno di Sigismondo. I pianoforti romantici, allusivi di sogni kleistiani, echeggiano insieme agli archi di classici quartetti e a catene ritmate: suoni che slittano e oscillano tra la realtà scenica e la loro rappresentazione sonora in un continuo con/fondersi percettivo.

 


Dipartimento di Musica e Spettacolo
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