- 3
marzo/11 aprile 2003
- Compagnia
Pippo Delbono
- IL TEATRO/VITA
DI PIPPO DELBONO
- a
cura di Marco De Marinis
- spettacolo
presentato in collaborazione con
Arena del Sole - Nuova Scena -
Teatro Stabile di Bologna
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- Gente di
plastica
- ideazione
e regia di Pippo Delbono
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- con
Dolly Albertin, Gianluca
Ballarè, Bobò, Enkeleda Cekani,
Margherita Clemente, Piero Corso,
Pippo Delbono, Lucia Della
Ferrera, Fausto Ferraiuolo,
Gustavo Giacosa, Simone Goggiano,
Elena Guerrini, Mario Intruglio,
Nelson Lariccia, Maura Monzani,
Pepe Robledo
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- produzione
Emilia Romagna Teatro Fondazione
- in
collaborazione con Teatro
Metastasio Stabile della Toscana
- Arena
del Sole - Sala Grande, 3/4/5
marzo - ore 21
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- 3/4/5
marzo - ore 21
- Arena del
Sole - Sala Grande
- Gente di
plastica
Plastic
People!
Oh,
baby, now You're such a
drag
I'm
sure that love Will never be A
product of Plasticity
A
product of Plasticity
A
product of Plasticity
PLASTIC,
PLASTIC PEOPLE
You
Are PLA-HA-HA-HA-HA-PLASTIC
(Gente
di Plastica! / Oh, bambina,
ora / Sei una
scocciatura /
/ sono sicuro
che l'amore / Non sarà mai / Un
prodotto di Plasticità / Un
prodotto di Plasticità / Un
prodotto di Plasticità / PLASTICA,
GENTE DI
PLASTICA / Tu / Sei / PLA-HA-HA-HA-HA-PLASTICA)
Frank Zappa, Plastic
People, 1967
- Plastic
people è il titolo di una
canzone di Frank Zappa.
- È
difficile per me parlare di uno
spettacolo appena nato.
- Cè
il mondo ironico e spietato di
Frank Zappa, che ho inseguito per
anni, ci sono le parole di Sarah
Kane che ho incontrato e amato a
poco a poco. Cè stato lo
scendere con lei nel dolore -
forse lo spettacolo è un omaggio
a lei -, ci sono stati diversi
finali (come finire, dove
finire?), cè stata la
voglia di speranza, ma prima la
necessità di coscienza.
- Cè
verso la fine una canzone dei
King Crimson - Starless.
- Cè
la voglia di ironia, la paura, la
confusione, la necessità di
aspettare ancora per capire di
più.
-
il
tempo forse
Pippo Delbono
Quella
felicità da incubo
Seduto dietro il vetro di
una specie di cabina di regia che si
illumina a tratti sul fondo, dietro lo
spazio della scena, Pippo Delbono
annuncia brani musicali, li commenta, ne
scandisce con fare suadente le parole,
legge testi di tutt'altro genere e tono,
come il rassicurante conduttore di un
programma radiofonico di intrattenimento
notturno. Intanto fuori di lì, a pochi
passi dal pubblico, la sua bizzarra
compagnia raccolta ai margini della vita,
dà vita a incongrue figurazioni,
spingendo oltre le soglie del grottesco
ogni immagine artificiosa di bellezza e
perfezione esistenziale. In Gente di
plastica, la nuova creazione
realizzata per Emilia Romagna Teatro,
Delbono lavora principalmente su due
linee, le canzoni di Frank Zappa coi loro
sarcastici paesaggi di stucchevole
idillio famigliare e i resoconti
dell'angosciante viaggio nella
depressione di Sarah Kane, l'autrice
inglese morta suicida a soli ventotto
anni. E i sorprendenti attori-non attori
evocano silenziosi quadretti da telefilm
americani anni Sessanta, amorevoli
genitori intenti al breakfast, figli
sorridenti, e soavi deliri pubblicitari,
e sfilate di moda con ancheggianti
signori in mutande dorate e improbabili
giovanotti in tanga.
C'è qualcosa di
deflagrante, di profondamente crudele e
insieme di velenosamente liberatorio
nell'idea di far incarnare ideali di
felicità domestica e di eleganza forzata
da persone palesemente troppo brutte o
inadeguate e fuori luogo per reggere il
confronto con modelli astratti e
inarrivabili. E questo itinerario nel
vuoto dell'apparenza, filtrato da Zappa e
sospinto in un aspro contrasto con la
disperazione della Kane, scivola sempre
più verso un'esasperazione da incubo,
figure in nero con surreali maschere
animali, sgradevoli danze di ragazzi
maialini nudi, fino a quell'enigmatica
presenza conclusiva dal volto di
cartapesta che ossessivamente cambia una
parrucca dopo l'altra.
Rispetto alle tentazioni
retoriche e autoreferenziali di qualche
precedente spettacolo, Gente di
plastica sembra proiettare l'apporto
dei suoi atipici interpreti in un
contesto espressivo più complesso e
articolato, che soprattutto sul piano
visivo tocca livelli di sconvolgente
intensità. Certo è pur sempre un teatro
dall'elementare struttura drammaturgica e
dall'impatto emotivo violento ma quasi
primordiale, sottolineato dalla scelta di
Delbono di uscire a urlare nel microfono
i pensieri, già di per sé strazianti,
della Kane: ma l'enfasi è riscattata da
una cupa ironia, e la visceralità si
compone in un curatissimo impianto
stilistico.
Renato Palazzi
(IL SOLE 24 ORE, 27 gennaio 2002)
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