martedì 30 marzo 2010, ore 21 Aula absidale di S. Lucia (via de' Chiari 25a) ingresso libero - posti limitati Frédéric Chopin (1810-1849) Introduction et Polonaise brillante op. 3 in Do maggiore per violoncello e pianoforte Rondo à la Mazur op. 5 in Fa maggiore per pianoforte Trois Écossaises op. 72 n. 3 in Re maggiore n. 4 in Sol maggiore n. 5 in Re bemolle maggiore per pianoforte Grand Duo concertant sur les thèmes de “Robert le Diable” de Meyerbeer in Mi maggiore per pianoforte e violoncello Allegro de concert op. 46 in La maggiore per pianoforte Sonata op. 65 in Sol minore per violoncello e pianoforte Allegro moderato Scherzo Largo Finale: Allegro ![]() ![]() |
QUEL DIAVOLO DI CHOPIN Silvia Chiesa, violoncello Maurizio Baglini, pianoforte L’immagine
eburnea di Chopin “poeta del pianoforte” si tinge questa sera di una
punta di rosso scuro: accanto a brani pianistici meno noti figurano
composizioni destinate alla calda e suadente voce del violoncello. Dei
sei pezzi in programma, i primi tre risalgono a prima dell’arrivo di
Chopin a Parigi, settembre 1831.
La Polonaise brillante op. 3 fu concepita nel 1829 (l’Introduction fu aggiunta l’anno dopo) per il principe Antoni Radziwiłł, ottimo violoncellista dilettante, dedicatario nel 1815 dell'Ouverture Zur Namensfeier di Beethoven; a stesura ultimata Chopin, insoddisfatto del tono salottiero, volle però cancellare la dedica. Eppure risiede proprio nel carattere lieve e scintillante il fascino dell’Op. 3, basata su un gustoso alterco tra il canto disteso del violoncello e il brio del pianoforte che scalpita irrequieto. Se nell’Introduction la melodia pacata dell’assolo viene interrotta dai gesti spavaldi del pianoforte, nella Polonaise i due strumenti si rappacificano scambian-dosi un tema luminoso e brillante. Nel Rondo à la Mazur (1826) la forma-rondò s’impreziosisce con le inflessioni ritmiche e melodiche della danza polacca. Al refrain onusto di abbellimenti, esposto dapprima in ottave, si alterna un couplet più tranquillo e cantabile, in cui le quinte vuote al basso procurano la tinta sonora tipica della mazurka. Pur privilegiando le danze polacche, Chopin – come tanti altri compositori coevi – volle fare delle incursioni anche nel folklore d’altri paesi. Delle numerose écossaises abbozzate prima dei vent’anni ne rimangono tre apparse postume nell’Op. 72. Brevi e semplici nella struttura – tripartite le prime due, bipartita l’ultima –, indulgono a una scanzonata spigliatezza. Giunto di fresco a Parigi, Chopin accolse la proposta dell’editore Schlesinger di scrivere una composizione su temi di Robert le Diable: proprio nel novembre 1831 il grand opéra di Giacomo Meyerbeer era stato varato con esito trionfale. Al giovane musicista sarà piaciuta l’idea di farsi conoscere sulla scia del successo d’un’opera à la page. L’ipotesi iniziale di un ciclo di variazioni volse in un Duo per pianoforte e violoncello, scritto gomito a gomito con l’amico Auguste Franchomme, primo violon-cellista della camera del re. Dopo una sfarzosa introduzione del pianoforte, i due strumenti elaborano ed intrecciano libere divagazioni su temi favoriti dell’opera: spiccano la Romanza «Va! dit-elle, va, mon enfant» (atto I), il coro dell’Introduzione, il Terzetto «Dieu puissant, ciel propice» (atto V). Il progetto di un Concerto per due pianoforti mutò dapprima in un Concerto per pianoforte e orchestra (sarebbe stato il terzo), per poi sfociare nell’Allegro de concert del 1841. La concezione sinfonica di partenza si riconosce sia nell’ampia struttura in forma-sonata sia nell’alternanza, tutto sommato percepibile, tra sezioni dal piglio sinfonico ed episodi in cui il potenziale prim’attore si abbandona vuoi al canto spiegato vuoi all’esuberanza scintillante delle cadenze a rotta di collo. Dedicata all’amico Franchomme, la Sonata per violoncello e pianoforte (1846) pre-senta tutte le caratteristiche del tardo linguaggio chopiniano: melodie scarne ed essenziali, contrappunto libero, armonie complesse, raffinatezze timbriche lascia-rono però smarriti i contemporanei. Nell’Allegro moderato, dall’espressione intima e sofferta, i due strumenti, nonostante la densità della parte pianistica, raggiungono un equilibrio sonoro perfetto, raro nelle altre composizioni violoncellistiche di Cho-pin. Lo Scherzo ha un profilo ritmico e un accento giocoso d’impronta beethovenia-na. L’accompagnamento arpeggiato e la melodiosità dolce e languida conferiscono al Largo la tenerezza d’un Notturno. L’indole corrusca e introversa del Finale richiama il primo movimento: accanto alla sapiente scrittura armonica, Chopin vi fa sfoggio di una consumata perizia contrappuntistica. Davide De Mori coordinamento e redazione ingresso gratuito - posti limitati info: tel. 051 2092411 |