28 febbraio/2 marzo a cura di Marco De Marinis Il figlio di Gertrude (una storia di Napoli) con Lorenzo Gleijeses regia di Julia Varley 28 febbraio, ore 21 Laboratori DMS – Teatro Laboratorio condotto da Julia Varley e Lorenzo Gleijeses 1-2 marzo Laboratori DMS – Teatro a numero chiuso; riservato a studenti DAMS; iscrizioni dal 12 al 23 febbraio ore 10-13 presso i Laboratori DMS Incontro con Julia Varley e Lorenzo Gleijeses in occasione della presentazione del libro di Julia Varley Pietre d’acqua (Edizioni Ubulibri, 2006) coordina Marco De Marinis 2 marzo, ore 17 Laboratori DMS – Auditorium Julia Varley dirige Lorenzo Gleijeses dimostrazione/spettacolo 2 marzo, ore 21 Laboratori DMS - Teatro |
28 febbraio, ore 21 Laboratori DMS - Teatro Il figlio di Gertrude una storia di Napoli con Lorenzo Gleijses voce registrata di Julia Varely regia di Julia Varley brani estratti da Una storia in Danimarca di John Updike scelti da Julia Varley e da Amleto di William Shakespeare; Hamletmachine di Heiner Müller; Mal-d’-Amlè di Enzo Moscato; Mamma, Piccole tragedie minimali di Annibale Ruccello scelti da Lorenzo Gleijeses Nel corso delle prove ho scoperto che ancora una volta, nonostante lavori con un attore maschile, sono le tematiche femminili ad interessarmi. Dove sceglie di andare una donna – per cui, come milioni di altre donne, sono le relazioni d’amore ad occupare il centro della propria vita – quando diventa consapevole di essere sola, cioè indipendente e libera da responsabilità? Dove va Gertrude, quando non è figlia, né sposa, né madre, né amante, ma solo lei? Ancora non lo so. Solo vedo che rifiuta la finzione a cui si era sottomessa ed esce di scena.
Julia Varley
Un giovane dialoga da solo con
le persone che hanno significato qualcosa nella sua vita. Il padre
è morto. Il suo ricordo è un fantasma idealizzato da
raggiungere o l’immagine da annientare per poter finalmente
crescere. La madre vedova è accusata di volersi rifare una vita.
La donna amata è derisa per poterla tenere a distanza.
L’amico è da piangere come un altro morto. Il pubblico
è il sostegno per mostrarsi forte dietro la maschera
dell’attore. Nessuno può debellare il senso di solitudine,
nemmeno la madre che alla fine lo abbandona per liberarsi dal peso di
un ruolo che non ha scelto. Rimangono o’pazzariello, le canzoni napoletane e la fantasia per essere tanti e assieme, in solitudine, dietro la barricata.
Il processo di preparazione di questo spettacolo è durato tre anni. Il tema non è più lo stesso dell'inizio. Ora emerge la figura di Amleto, il giovane che si pone domande, ma nonostante i riferimenti alla Danimarca e ai personaggi che ruotano attorno ad Amleto, Il figlio di Gertrude è una storia di Napoli. Siamo nel sud dell’Italia, in una parte del mondo in cui si parla e si canta in dialetto, i fiori sono di plastica, le finestre di alluminio, le luci al neon e la violenza quotidiana. Siamo nella città che esibisce una identità che già sa di aver perso, in una realtà che offre ai giovani disoccupazione o emigrazione, e la scelta di esprimersi attraverso la protesta esasperata, il tifo per la squadra di pallone o il coltello a serramanico. Più che allo svolgimento di una storia, siamo messi così di fronte ai frammenti essenziali di questa storia, una storia - come tutti i miti - destinata a ripetersi sempre, e sempre in forme diverse, in relazione con i diversi tempi storici; ma nessuno si era prefissato il compito di fare di Amleto l'eroe straziato e, al tempo stesso divertito, in un assolo virtuosistico in cui le più accreditate interpretazioni del personaggio confluiscono nell'ambito di una prova dell'attore concepita come dimostrazione assoluta di tutte le virtualità dell'eroe. |