ATTORI/ATTRICI
MARISA FABBRI E ERLAND JOSEPHSON
a cura di Laura Mariani
L’attore/attrice sta tornando soggetto centrale della creazione teatrale in questa fase di ridefinizione della regia, grazie anche a scoperte scientifiche che spingono il suo sapere antico a livelli di consapevolezza nuovi, e grazie a innovazioni tecnologiche che sfidano i limiti stessi della fisicità e dunque del teatrale.
L’attore/attrice è un esperto delle emozioni e un soggetto di necessità in movimento, trasforma la padronanza del suo corpo-mente in linguaggio d’arte, diventando “scrittura vivente” e “interprete” di scritture. Ma in primis possiede una cultura professionale: una questione centrale su cui tornare a riflettere, contrastando l’attrazione italiana per l’istintivismo e la “spontaneità”.
Iniziamo da due maestri, anche se non ho voluto usare nel titolo questa parola, talora abusata. Come ha scritto Claudio Meldolesi, la differenza fra attori grandi e medi è innanzitutto di consapevolezza: il possesso del mestiere, frutto di un apprendimento che non permette scorciatoie, è imprescindibile per tutti. Ma Marisa Fabbri e Erland Josephson maestri lo sono davvero, appartenenti a due diverse tradizioni teatrali: artisti artigiani grandissimi nell’umiltà, creatori anche quando sono stati “al servizio” di registi quali Luca Ronconi (la prima) e Ingmar Bergman (il secondo), capaci di mantenere l’autonomia della propria attorialità di fronte al mezzo cinematografico e televisivo e di innovare senza ignorare le pratiche del passato. Il tempo del teatro, si sa, non è mai lineare.
Per entrare nella loro officina ho scelto delle figure di accompagnamento particolari, che non fossero solo di studiosi intellettuali ma in assoluto di artisti di teatro: dotate dunque di un’intelligenza allenata dalle leggi sceniche oltre che di una competenza specifica: tre attori e un regista. Il racconto teatrale richiede un’assunzione di responsabilità e, quando riesce, può produrre un’esperienza spettatoriale vera e propria oltre che un momento di informazione e formazione. In particolare, lo studio dell’attore non può non affiancare alla scoperta folgorante e all’impressione a caldo una dedizione dai tempi lunghi. Si può così contribuire alla permanenza delle memorie irrinunciabili della scena, quali sono appunto le abilità recitative.