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INVENTIO, FANTASIA E COSTRUZIONE

Ilaria e Stefania Ganeri, due pianoforti
Musiche di Ferruccio Busoni e Johannes Brahms

dove: Laboratori delle Arti/Auditorium
quando: martedì 21 marzo, ore 21


Invenzione ed elaborazione contrappuntistica e motivico-tematica si fondono in modo magistrale nelle due opere in programma, entrambe di raro ascolto. La Fantasia contrappuntistica di Busoni – qui presentata nella sua quarta versione – nacque dalla volontà del suo autore di completare l’ultima fuga incompiuta dell’Arte della fuga di Johann Sebastian Bach, ed è opera di straordinaria complessità costruttiva, ove il contrappunto rigoroso si unisce ad una variegata libertà formale. La Sonata op. 34 bis di Brahms costituisce la versione originale del Quintetto per archi e pianoforte op. 34, molto più noto del suo archetipo pianistico. La sonata, benché poco frequentata nell’ambito dei consueti programmi concertistici, si impone per la varietà e la ricchezza delle idee musicali, per gli intrecci polifonici e le ombreggiature coloristiche di particolare forza espressiva, e per talune soluzioni armonico-tonali particolarmente ardite ed innovative rispetto al linguaggio compositivo degli anni ’60 dell’Ottocento.

 

Programma

Ferruccio Busoni (1866 – 1924)
Fantasia contrappuntistica (versione per due pianoforti, 1921)

Variazioni su Corale:
Introduzione, Corale e variazioni, Transizione
Fuga I
Fuga II
Fuga III
Intermezzo
Variatio I
Variatio II
Variatio III
Cadenza
Fuga IV
Corale
Stretta

*****

Johannes Brahms (1833 – 1897)
Sonata per due pianoforti op. 34bis

Allegro non troppo
Andante, un poco Adagio
Scherzo: Allegro
Finale: Poco sostenuto, Allegro non troppo
, Presto non troppo




Stefania e Ilaria Ganeri svolgono da anni un’intensa attività concertistica, affiancando all’interpretazione del noto repertorio classico e romantico un lavoro di ricerca che ha portato all’esecuzione di musiche rare e poco conosciute, a prime esecuzioni moderne di autori dimenticati, e a prime assolute di composizioni scritte appositamente per il duo. Il loro repertorio annovera opere per due pianoforti di compositori italiani attivi dalla fine dell’’800 fino ai giorni nostri; in particolare eseguono la versione originale per due pianoforti del Tema con variazioni op. 58 di Giuseppe Martucci, e i Wasserklavier di Luciano Berio, oltre a programmi monografici dedicati a Busoni e a trascrizioni d’autore di capolavori del passato (Max Reger, Concerti brandeburghesi; Arnold Schönberg, Il Barbiere di Siviglia; Nikolaj Rimskij‑Korsakov, Ouverture da Romeo e Giulietta di Čajkovskij). Stefania e Ilaria Ganeri sono docenti di Pianoforte principale e Prassi esecutive e repertori, rispettivamente nei Conservatori “N. Sala” di Benevento e “S. Giacomantonio” di Cosenza.


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La Fantasia Contrappuntistica rappresenta, nella sua grandiosa monumentalità, la testimonianza più fulgida e artisticamente più ambiziosa dell’ammirazione profonda che Ferruccio Busoni nutrì per la musica di J. S. Bach e che manifestò in qualità di interprete, trascrittore e compositore. Per molti anni Busoni aveva accarezzato la possibilità di condurre a compimento quella fuga quadrupla che Bach aveva progettato come suggello dell’Arte della Fuga ma che la malattia e la morte avevano condannato ad una irrimediabile incompiutezza. Solo nel 1910, però, il frammento bachiano divenne il principio di una vasta composizione pianistica in cui il compositore offrì una testimonianza di straordinario equilibrio architettonico, fondato sulla conciliazione tra il rigore nello sviluppo polifonico e una libertà di concezione assai originale. Per tali motivi la Fantasia Contrappuntistica è una delle opere centrali nella produzione di Busoni e si presenta come superba sintesi dei caratteri peculiari dello stile maturo che aveva forgiato a partire dalle Elegie del 1907. Analogamente ad altre sue opere, Busoni sottopose anche la Fantasia Contrappuntistica a ripensamenti e riscritture: oltre alla Fuga del 1910 ampliata nel 1911, in quello stesso anno ne pubblicò un adattamento ad uso didattico, mentre nel 1921 compose la versione per due pianoforti proposta nel programma odierno. Le severe Variazioni sul corale ‘Ehre sei Gott in der Höhe’ sono poste a guisa di introduzione; una transizione conduce poi alla Fuga di Bach, variata ed arricchita in modo da accostare stili diversi in una successione coerente. All’elaborazione della terza fuga segue un intermezzo con variazioni basate sulle note corrispondenti, nella notazione tedesca, al nome B.A.C.H. La quarta fuga, interamente di nuova composizione, aggiunge un tema al soggetto originario dell’Arte della Fuga, offrendo una compiuta dimostrazione della peculiare maestria polifonica di Busoni. Una ripresa del Corale, che si erge etereo sopra un ritmo ostinato, funge da introduzione all’elaborata Stretta finale, fondata su un libero sviluppo dei temi precedentemente uditi.

Pochi compositori furono condizionati nel proprio percorso creativo da un severo istinto autocritico pari a quello di Johannes Brahms. Questi aveva dato prova fin dalla gioventù di una solidità tecnica e di capacità straordinarie che gli valsero l’ammirazione sincera e profetica di Robert Schumann, ma non cessò mai, nemmeno nel pieno fulgore della propria creatività, di ripensare e riscrivere le proprie creazioni alla ricerca di una perfezione artistica cui volle sempre tendere. Da ripensamenti severi sorsero alcuni dei capolavori più noti del compositore, tra cui anche il Quintetto per pianoforte e archi op. 34, di cui la Sonata per due pianoforti op. 34b rappresenta parte del tormentato processo creativo. Brahms era stato spinto alla revisione del Quintetto per archi in fa minore, composto nel 1862, dal giudizio del grande violinista e amico Joseph Joachim, che aveva mostrato perplessità riguardo alla pertinenza dell’organico a fronte di una scrittura densa e massiccia. Per tale motivo decise di ricavarne la versione per due pianoforti, che egli stesso presentò al pubblico insieme a Carl Tausig nel 1864. Benché la scrittura pianistica sia particolarmente idonea alla sostanza musicale dell’opera, tale soluzione non convinse del tutto Clara Schumann che, pur reputandone ammirevole la ricchezza, lamentò l’inadeguatezza dell’organico suggerendo una veste orchestrale. Brahms rivide dunque per l’ultima volta l’opera, riscrivendola nella forma per pianoforte e archi, mentre, distrutto l’originario Quintetto, la Sonata occupò il posto di op. 34b del suo catalogo. L’Allegro non troppo inziale spicca per la sua densa ricchezza di scrittura, ed è concepito in una forma-sonata fondata su tre idee tematiche. L’Andante, un poco Adagio è una squisita pagina di tono intimo e vagamente schubertiano, mentre il monumentale Scherzo, tripartito, rappresenta uno dei momenti più audacemente impetuosi di tutta la produzione brahmsiana. Al fine di dissipare la tensione accumulata, Brahms appose un’introduzione in tempo poco sostenuto al poderoso movimento conclusivo, in cui una torrenziale invenzione tematica è posta al servizio di un’architettura musicale assai singolare, impossibile da ricondurre a forme ereditate dalla tradizione, che dall’Allegro non troppo sfocia in un Presto non troppo di sfrenata energia.

Alessio Romeo
Laurea magistrale in Discipline della Musica e del Teatro

coordinamento e redazione
Valentina Anzani