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APOLLO E DIONISO TRA VIENNA E PARIGI

Giorgia Tomassi
Gabriele Pieranunzi

Gabriele Pieranunzi, violino
Giorgia Tomassi, pianoforte
Musiche di Ludwig van Beethoven e Maurice Ravel

dove: Aula absidale di S. Lucia
quando: martedì 7 febbraio, ore 21

La partecipazione ai concerti è gratuita. L’accesso in sala sarà consentito previo ritiro dell’apposito coupon in loco, distribuito a partire da un’ora prima dell’inizio dell’evento e fino a esaurimento dei posti disponibili.

 


Nel programma del duo formatosi ad hoc per questo concerto inaugurale, composto da interpreti di primo piano del violinismo e del pianismo internazionale, sono accostati due maestri della musica d’arte, appartenenti a secoli contigui, ma tra loro diversissimi. Beethoven e Ravel sono qui accomunati dal lirismo e dall’impostazione formale classica delle due Sonate, apollinea nel primo e ironica nel secondo (poiché il compositore francese gioca in modo elusivo con le regole linguistiche musicali tradizionali). Nondimeno, differisce l’interazione fra i due strumenti, dialettica in Beethoven, per contrapposizione in Ravel. Chiude il programma un brano di trascendentale virtuosismo: la negromantica girandola raveliana di Tzigane.

Programma:

Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
Sonata per violino e pianoforte Op. 24, La primavera
Allegro
Adagio molto espressivo
Scherzo. Allegro molto
Rondò. Allegro ma non troppo

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Maurice Ravel (1875 - 1937)
Sonata n. 2 in sol maggiore per violino e pianoforte
Allegretto
Blues. Moderato
Perpetuum mobile. Allegro

Tzigane, rapsodia per violino e pianoforte
Lento, quasi cadenza

 


Gabriele Pieranunzi, già allievo di Stefan Gheorghiu, si è imposto all’attenzione del pubblico e della critica per avere vinto importanti competizioni internazionali (“N. Paganini” di Genova; “T. Varga” di Sion; “L. Spohr” di Friburgo; “R. Romanini” di Brescia; “R. Lipizer” di Gorizia; “G. B. Viotti” di Vercelli). Si è esibito per le principali istituzioni musicali italiane ed internazionali, ed ha collaborato con musicisti come Jeffrey Tate, Gianandrea Noseda, Aldo Ceccato, Alfons Kontarsky, Nelson Goerner, Bruno Canino, Rocco Filippini. Primo violino di spalla nell’orchestra del Teatro San Carlo di Napoli, ha realizzato molte incisioni discografiche, fra le quali ricordiamo il Concerto per violino e fiati op. 12 di Kurt Weill (dir. Jeffrey Tate, Concerto Classics), e l’integrale dei Quartetti per pianoforte ed archi di Mendelssohn (Decca-Universal).
Giorgia Tomassi, maturata artisticamente nell’Accademia pianistica di Imola sotto la guida di Franco Scala, si è rivelata sulla scena internazionale nel 1992 con la vittoria del Concorso “Arthur Rubinstein” di Tel Aviv. Pianista versatile impegnata sia come solista sia in formazioni cameristiche, la Tomassi ha suonato per importanti istituzioni musicali europee - Teatro alla Scala, Wighmore Hall di Londra, Santa Cecilia a Roma, Herkulessaal di Monaco, Konzerthaus di Berlino -, negli USA, in Brasile, Cile, Uruguay, Corea del Sud e Giappone. È stata partner di prestigiosi musicisti ed ensemble quali Martha Argerich, Salvatore Accardo, Domenico Norio, Geza Hossu Legocky, Roberto Cominati, Polina Leschenko, l’Ensemble Wien-Berlin, il Quartetto Artis di Vienna, nonché  in trio con Hansjörg Schellenberger e Milan Rukovic, e con Danilo Rossi e Alessandro Travaglini. Per la EMI ha registrato gli Studi di Chopin, i Concerti per pianoforte e orchestra di Nino Rota con la Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Muti.

 

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La Sonata in Fa maggiore apparve a stampa a Vienna nell’ottobre 1801, pochi mesi dopo che Beethoven aveva confidato all’amico Franz Wegeler la sua incipiente sordità. Peraltro la composizione ha un carattere brillante e sereno che non lascia presagire né il dramma personale del compositore, né il titanismo e il pathos delle opere che avrebbero fatto seguito negli anni successivi. Sebbene rientri nel cosiddetto ‘primo periodo’ beethoveniano, il brano mostra tratti innovativi, a partire dalla forma in quattro movimenti, insolita nelle sonate per violino, e dalla presenza di interessanti nessi tematici: dopo un Allegro pieno di freschezza e un Adagio espressivo e sognante, troviamo un breve, umoristico Scherzo, seguito da un Rondò che riprende il tema melodico d’esordio. Innovativa è anche la distribuzione dei temi, che favorisce il perfetto equilibrio tra due strumenti dalla sonorità così difforme da renderne difficile la collaborazione. Nell’Op. 24 Beethoven riesce a governare il carattere dei due timbri grazie ad un gioco di alternanze tematiche che dona una generale sensazione di soave e spensierata freschezza, in risalto soprattutto nel tono amabile e rilassato del primo movimento, un tono che in seguito avrebbe invogliato qualche editore a ribattezzare la composizione Sonata della primavera.

La Sonata n. 2 in sol maggiore per violino e pianoforte è l’ultima composizione cameristica di Ravel, frutto di un percorso creativo lungo e travagliato che va dal 1923 al 1927. In una forma classicamente concepita in tre movimenti, Ravel cala un contenuto musicale eccentrico, ricco di allusioni al jazz e al blues. L’Allegretto iniziale allinea temi differenti, continuamente riproponendoli e variandoli. Il primo, dal sapore pastorale, è introdotto dal pianoforte e subito ripreso dal violino; il secondo è aperto da una figura a bicordi staccati e ribattuti proposta dallo strumento ad arco; l’espressivo terzo tema è caratterizzato da austeri intervalli di quinta. Nella sezione centrale un ampio episodio dominato dal tremolo del violino introduce una nota di inquietudine. Il Blues,un Moderato in 4/4, si apre con il pizzicato del violino – una scoperta imitazione del banjo –, che poi propone una melodia languida e insinuante. Anche in questo brano sono esposte diverse idee, a costruire un contrasto crescente, in cui la stessa linea melodica dello strumento ad arco sembra ostacolata dalla meccanica percussività del pianoforte, sinché l’interazione fra i due si fa convulsa e agitata; alla fine torna il canto iniziale, in un clima di ritrovata quiete. Il finale è un breve Perpetuum mobile, aperto da un motivo quasi beffardo che si dispiega subito come un movimento ostinato, e dominato dai virtuosismi del violino, il quale relega il pianoforte al ruolo di semplice accompagnatore.

Composta all’epoca in cui Ravel lavorava alla Sonata, la Tzigane è uno dei capolavori del repertorio violinistico novecentesco. Ravel la dedicò alla celebre violinista Jelly d’Arányi, pronipote di Joseph Joachim, che ne fu anche la prima interprete (Londra, 26 aprile 1924). La rapsodia venne scritta originariamente per violino e piano-luthéal, uno strumento che ricreava una sonorità simile al cymbalom della tradizione magiara, e del resto Ravel stesso la definì «morceau de virtuosité dans le goût d'une rapsodie hongroise»: di fatto, l’apertura sulla quarta corda della lunghissima cadenza iniziale, che occupa da sola quasi metà della Tzigane, è una evidente reminiscenza delle omonime composizioni lisztiane. Nel seguito, dopo una cadenza del pianoforte, andamenti di voluttuoso erotismo si mescolano a spericolati affondi virtuosistici, in cui traspaiono echi della musica afroamericana, culminanti nella parossistica coda.

Lorenzo Bernini, Claudia Di Corcia
Laurea magistrale in Discipline della Musica e del Teatro

coordinamento e redazione
Maurizio Giani