Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna La Soffitta - Teatro 97/1 - Marcido

La compagnia Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa debutta nel 1986 con un testo tratto da Les Bonnes di Jean Genet. Da questo primo studio deriva uno spettacolo più ampio, Le serve, una danza di guerra, che ottiene il premio "Giovin Italia". E' dello stesso periodo Ricreazione, recital di Marco Isidori su testi poetici dello stesso Isidori e di Dino Campana. Prende corpo il riferimento esplicito alla lezione espressiva di Carmelo Bene.

Una giostra: l'Agamennone (da Eschilo) ha una prima versione nell'88; la critica vi legge un'indagine sulle ascendenze della tragedia che prosegue idealmente il lavoro su Genet: vero e proprio scandaglio sul senso del tragico. Il percorso acquista nitidezza e spessore critico con Canzonetta, da I Persiani di Eschilo, nel 1990. I lavori successivi del gruppo sono Palcoscenico ed Inno, dalla Sirenetta di Andersen (Premio Speciale Ubu 1991), Musica per una Fedra moderna, da Seneca (1992) e Spettacolo, da I Persiani di Eschilo (1993), con cui si chiude il ciclo delle esperienze sulla tragedia classica.

In seguito, Il cielo in una stanza (1994) e Gengis Khan (debutto rimandato al 1999) aprono una nuova fase di scrittura testuale.

A cinque anni dal suo esordio, la ripresa dell'Agamennone (in cartellone alla Soffitta nell'aprile del 1994) è spiegata dai Marcido come «manifestazione di fedeltà alla forma di un teatro che non si esaurisca nel singolo avvenimento scenico e si distenda invece nel tempo», potendo perciò «parlare del nostro mondo e col nostro mondo». Un percorso a ritroso, per ritrovare nella reggia degli Atridi quel perimetro sacro, oltre i confini del quotidiano, che permetta una ricognizione accurata delle ragioni originarie del fare teatro.

Le ultime produzioni della compagnia, La Locandiera di Carlo Goldoni è inciampata nel teatrino dei Marcido: conseguenze... (1995) e L'Isi si fa Pinocchio, ma sfar lo mondo desierebbe in ver (1996) [dove l'Isi è Marco Isidori, regista e fondatore dei Marcido] rivelano, con l' ironica supponenza dei titoli, l'intenzione di tracciare una sorta di autobiografia di gruppo attraverso il ciclo degli spettacoli, che toccano favole e miti, tragedie e commedie per scoprire il nucleo necessario e crudele dell'incontro (ossia del gioco) col teatro: "rovente duello con la lingua" (scriveva Giuseppe Bartolucci a proposito de Le Serve), dove la storia si misura col linguaggio e questo si fa narrazione collettiva continuando ad attingere dal coro arcaico le proprie ragioni e modalità.

(C.V.)


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