Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna
6. Implicazioni più vaste di
un'evoluzione creativa
Dopo aver offerto alcune prospettive su come, a
livello pratico, elementi "tradizionali" e
"moderni" siano stati combinati per dar vita ad
un prodotto musicale rappresentativo - almeno in parte -
dell'estetica che ha caratterizzato l'attività musicale
professionale e semi-professionale nella Corsica degli
anni '90, torno ora ad una riflessione più teorica sui
vari dibattiti che, come citato prima, riguardano
l'evoluzione della tradizione, e ad una discussione delle
loro implicazioni nel contesto più ampio della cultura
nel suo insieme. Mentre l'opinione di alcuni che qualsiasi restrizione della creatività sia negativa e che l'evoluzione e il progresso siano fatti della vita è valida sotto molti aspetti, altri hanno espresso preoccupazioni altrettanto valide sulla direzione che molti gruppi sembrano aver preso, consapevolmente o meno. In questo senso, gli aspetti pratici, estetici, ideologici e sociologici devono essere tenuti separati. Giudicando dai suoi meriti, non c'è dubbio sul risultato della maggior parte del nuovo materiale prodotto: i suoi creatori sono riusciti a provare che la produzione della Corsica si è qualificata per condividere il palco con i migliori musicisti d'Europa. Tuttavia, a livello dell'evoluzione della cultura musicale insulare, alcune attività sollevano delle questioni che, dal punto di vista della "tradizione", meritano un'ulteriore esplorazione. Una delle considerazioni più ovvie, omessa da molti dibattiti a favore dell'evoluzione, è quella sulla funzione. Quando gli esecutori si riferiscono alla tradizione, di solito pensano al materiale stesso più che al contesto dell'esecuzione: stanno prima di tutto attenti al solo tessuto musicale e non alla questione più ampia del posto che occupa la musica nella società e, più in particolare, al suo ruolo per la popolazione nella vita di tutti i giorni. È chiaro che c'è differenza fra la musica come forma d'espressione popolare, intimamente connessa ad un'attività particolare o a un rituale, e la musica come attività artistica. La distinzione non è, tuttavia, sempre così chiara e i media, in particolare, promuovono una retorica che tratta il dinamismo della cultura del palcoscenico come la prova della vitalità della cultura nel suo insieme. A livello strettamente musicale, una certa forma di evoluzione è certamente inevitabile. C'è, però, una differenza significativa fra il ricercare un'evoluzione naturale e organica, e il fare una corte cosciente ed attiva alla modernità. Non c'è niente che possa impedire ai cantanti e ai musicisti di seguire un percorso ancor più sperimentale, ma si crea confusione quando i gruppi vogliono mantenere la loro identità "tradizionale" mentre, allo stesso tempo, i loro sviluppi implicano un'adattamento radicale, se non un orientamento completamente nuovo. In una descrizione, come quella che segue, del lavoro di un gruppo, ad esempio, è difficile immaginare quello che esattamente rimane, in termini musicali concreti, delle "radici tradizionali": "Orizonte, a somiglianza dei migliori ensemble dell'isola, è riuscito ad arrivare ad un compromesso fra l'essenza moderna della musica e le radici della tradizione. Ogni canzone ha il suo colore poiché il ritmo evoca ora i ritmi greci, ora quelli peruviani o il jazz" (Corse-Matin, 17.4.95). Alcuni spettatori del luogo hanno paura che quando i giovani che non conoscono la tradizione popolare vivente sentono questi gruppi, dicano: "questa è la tradizione". Salini ha espresso profonde riserve rispetto agli sviluppi più eclettici chiedendosi, allo stesso tempo, quanto questi sforzi siano realmente radicali, creativi e originali. Invece di celebrare la creatività vera che, secondo lei, dovrebbe sovvertire invece che seguire "la moda effimera del gusto" (1996:199), suggerisce che l'attuale eccesso di attività musicale potrebbe infatti esser visto come la possibilità di una divergenza a favore di adattamenti neo-contemporanei, nei quali l'uso di mezzi tecnologici contemporanei viene giustapposto alla natura apparentemente fortificata delle forme tradizionali (1996:207): quella che molte volte viene presa come creatività è piuttosto la promozione di un idioma musicale già stereotipico e banale, vestito di una retorica di ecumenismo (1996:199, 207). Preoccupazioni a parte, è discutibile se molte delle nuove composizioni possano, ad un certo punto nel futuro, qualificarsi come tradizionali. Se fraintendessimo "tradizionale" con "popolare", allora un vasto numero di considerazioni entrerebbe in quell'equazione che collega argomenti come il grado di diffusione nella tradizione orale, l'accessibilità a prescindere dal livello di alfabetismo musicale, la mancanza di motivazioni personali o di congetture, e la dissociazione dal contesto commerciale. Chiaramente, questi non sono i parametri secondo i quali operano molti dei gruppi di oggi. Laddove le canzoni semi-professionali, disseminate attraverso periodici culturali negli anni della guerra interna, che usavano formati testuali tradizionali adattati a varianti di melodie popolari, erano massimamente accessibili in termini musicali e potevano facilmente essere reinterpretate dai cantanti della cultura popolare, questo non è altrettanto vero per le composizioni contemporanee. Solo le canzoni più semplici con un accompagnamento limitato si prestano ad essere facilmente imparate e ri-cantate in questo modo. Molte delle prime canzoni di Canta degli anni '70 e primi anni '80 sono ora state saldamente incorporate nel repertorio di cantanti che le eseguono nei bar e a riunioni sociali, spesso accompagnandosi con la chitarra. Queste canzoni ora vengono descritte dalle nuove generazioni come "tradizionali". 'Corsica Nostra', di Jean-Paul Poletti, presa dal primo disco di Canta è ora diventata, citando le parole di un cantante, "parte del patrimonio polifonico". In casi come questo, non si trattava solo di melodie simili a quelle delle canzoni tradizionali. L'importanza politica delle canzoni giocava anche un ruolo importante nell'assicuragli il successo popolare: i cantanti parlavano a nome di una percentuale significativa della popolazione. In alcuni casi, le composizioni polifoniche a cappella che usavano testi liturgici o nuovi testi religiosi hanno anche assunto una funzione reale nella vita musicale della comunità e sono entrate a far parte dei repertori di altri cantanti. Alcuni gruppi, come gli A Filetta, hanno ideato degli arrangiamenti originali per delle parti dell'Ordinario della Messa (mantenendo il testo in latino) in occasione del matrimonio o del funerale di un amico. Non c'è motivo per cui questi pezzi, che non si distaccano poi in nessun modo radicale dall'idioma musicale familiare, non possano anch'essi essere appresi da altri cantanti direttamente dai loro dischi, nello stesso modo in cui essi apprendono dai dischi gli arrangiamenti di Messe più tradizionali. Resta da vedere, però, quante delle chanson e delle composizioni polifoniche più complesse - soprattutto quelle che sono eseguite sui dischi con una strumentazione elaborata - verranno adottate dal repertorio popolare. Malgrado rivendicazioni come quella dei Cinqui Sú di voler soprattutto produrre "una musica popolare", evitando di entrare in un "sistema elitario" che possa essere apprezzato solo da una minoranza di persone (intervista, 1995), una percentuale significativa del materiale prodotto in anni recenti è considerata dal cantante medio troppo complessa per poter essere adottata a livello popolare: può essere ascoltata ed apprezzata, ma dal punto di vista della riproduzione è giudicata troppo savant - cioè, troppo simile alla musica colta - e così troppo difficile da cantare (11). |