Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Fotogenia 3a - Una voce plurale

Una voce plurale

 

di Leonardo Quaresima

 

La scrittura è distruzione di ogni voce, di ogni origine. La scrittura è quel dato neutro, composito, obliquo in cui si rifugia il nostro soggetto, il nero-su-bianco in cui si perde ogni identità, a cominciare da quella stessa del corpo che scrive. [...] Lo "scrittore" moderno - il soggetto della scrittura - nasce [...] contemporaneamente al proprio testo; non è in alcun modo dotato di un essere che precederebbe o travalicherebbe la sua scrittura, non è affatto il soggetto di un libro che ne costituirebbe il predicato. [...] Il fatto è che scrivere [designa] ciò che i linguisti [...] chiamano un performativo. [...] È stato senza dubbio sempre cosi: non appena un fatto è raccontato [...] la voce perde la sua origine, l'autore entra nella propria morte, la scrittura comincia. (1)

La traccia dello scrittore sta solo nella singolarità della sua assenza; a lui spetta il ruolo del morto nel gioco della scrittura. Tutto questo è noto; da tempo ormai la critica e la filologia hanno preso atto di questa scomparsa e di questa morte dell'autore. (2)

Ecco i punti di partenza - schematizzando - per questo e il precedente fascicolo di Fotogenia.

Si tratta di testi chiave, è ben noto. Dai riferimenti in questione, e dal lavoro che li ha accompagnati, hanno preso avvio sviluppi ben più complessi: il "post-strutturalismo" e il decostruzionismo americano, in particolare, hanno assegnato ad essi il ruolo di veri e propri passaggi inaugurali. Il saggio di Foucault, del resto, non solo avanza la critica più radicale alla nozione di autore, ma anche a quella di opera (per cui si nega l'esistenza di una teoria) e di scrittura (categoria che appare allo studioso francese come "trasposizione in anonimato trascendentale dei caratteri empirici dell'autore" (3)).

Spunto di avvio - più precisamente - per tali due numeri della rivista è stato la sfasatura tra questi aspetti del dibattito culturale, tra gli indirizzi della ricerca e i modelli, le metodologie in essa coinvolti, e lo stato dei discorsi sul cinema. In essi, malgrado le trasformazioni radicali di questi ultimi anni, che hanno portato a un "oggetto cinema" totalmente nuovo e diverso rispetto a quelli del passato (per via di modificazioni sul piano tecnico e linguistico, per via dell'affermarsi di nuovi statuti comunicativi, per via del legame con nuovi processi simbolici, per via di mutati rapporti con gli altri sistemi "delle arti"); nei discorsi sul cinema (all'interno dell'istituzione critica, in particolar modo) la nozione di "autore" ha continuato a mantenere una sua forte presenza e generalizzata operatività: quasi automatica e "naturale", ovvero agguerrita quanto ingenuamente ancorata alle teorizzazioni della politique des auteurs.

30.jpg (13256 byte) Ma: il cinema contemporaneo (non solo quello "postmoderno", o tecnologicamente "mutato"; anche la commedia più "innocua" - il film italiano più artigianale e naïf) è - torno a dire - cosa completamente altra rispetto a quello in cui si muovevano i protagonisti di quella politique (e di cui, peraltro, già la fine degli anni '60, aveva completamente mutato il quadro). Nel sistema teorico di altri ambiti, ovvero all'interno di una teoria generale dei segni, il modello e la nozione di autore ha subito le relativizzazioni più forti: quali le ragioni della resistenza dei riferimenti e dei parametri di analisi nel campo del cinema?
A chi scrive una revisione appare tanto più urgente se si tiene conto di come, in altri contesti, la stessa nozione di testo (lo si ricordava) sia stata messa in discussione e rifondata.

È quanto è avvenuto all'interno delle pur varie correnti critiche reader-oriented, in cui la valorizzazione del ruolo del lettore ha avuto per effetto non solo la destituzione dell'autore (lo aveva anticipato lo stesso Barthes: "L'uni-tà di un testo non sta nella sua origine ma nella sua destinazione. [...] Prezzo della nascita del lettore non può essere che la morte dell'Autore" (4)), ma anche l'indebolimento e la messa in crisi del testo: si pensi al modello di Fish - tanto per fare un esempio. (5)

Nello stesso tempo il sistema cinematografico (ne accennavano anche Alberto Boschi e Giacomo Manzoli nell'introduzione al n. 2 di Fotogenia) sconta forti scompensi discronici, dovuti all'applicazione a ritroso di nozioni strettamente legate a un particolare stadio di sviluppo, a una configurazione particolare del quadro. La tendenza è dunque, ad esempio, ad interpretare il cinema degli anni '10, o quello del decennio seguente, (6) attraverso nozioni di "regista" o di "autore" messe a punto in epoche successive (quella di autore, sostanzialmente, nell'ambito della Nouvelle Vague), e soprattutto in riferimento a un campo che non trova nessun corrispondente nei periodi precedenti.

Il progetto si è mosso dunque su queste direttrici: promuovere una riflessione che sul piano teorico accogliesse gli sviluppi metodologici suggeriti da aree limitrofe; sollecitare un'indagine sulle varie materializzazioni della figura dell'autore nelle varie fasi della storia del cinema - contro le semplificazioni o le utilizzazioni improprie così diffuse nella tradizione storiografica. Si tratta, anche in quest'ultimo caso, di un settore che necessita di un enorme lavoro di ricerca. Uno studio recente riferito alla situazione francese (7) (una ricostruzione dello statuto e dei ruoli dell'autore cinematografico dalle origini alla scena contemporanea, con una particolare attenzione alle problematiche relative al copyright e alla legislazione) ha evidenziato con grande nettezza le lacune esistenti e la grandissima produttività di tale tipo di indagini.

Certo, la persistenza così tenace della nozione di "autore" nel campo degli studi cinematografici non sarà senza ragione. La saldezza della sua posizione può essere motivata dall'"exigence sociale d'une figure porteuse qui médiatiserait l'acces à l'oeuvre". (8) O da un bisogno antropologico, determinato dall'esigenza "di una figura d'autore con il bisogno da parte del comune spettatore, del cinefilo o dello studioso di attribuire parte della responsabilità comunicativa ad un soggetto antropomorfo altro da sé". (9) Oppure dalla relazione che si stabilisce "entre la jouissance filmique et la reconnaissance du Nom", dal ruolo dell'autore come "garant pour le libre cours du plaisir" dello spettatore, in quanto luogo della coesistenza di novità e ripetizione. (10)

In riferimento ad una delle sue forme storiche più forti ed efficaci, la politique des auteurs corrisponde a un'esigenza di "iscrizione della soggettività all'interno di un sistema di produzione" e di mediazione tra sistema produttivo europeo e hollywoodiano, oltre che di rifondazione di un "universalismo" del cinema.(11)

E altrettanto vero che una messa in discussione della nozione di autore coinvolge una serie molteplice di ambiti e livelli. Costringe ad aprire nuovi settori di ricerca sul piano storiografico e a riesaminare (lo si accennava più sopra) interi capitoli della storia del cinema. Si tratta di un'operazione che chiama in causa aspetti metodologici e teorici (la liceità - anche ad essa si è già fatto riferimento - di applicazioni "discroniche" di determinate categorie). Ancora: coinvolta è la sfera dell'estetica (la ridefinizione della categoria di "opera"); quella della storia della critica (per i diversi ruoli strategici svolti al suo interno dalla nozione di autore); quella della filologia (relativamente alla definizione delle operazioni cui si deve l'impronta di un film, che ne sigillano l'edizione definitiva ed autentica); oltre che il piano della legislazione.

Rispetto a tutti questi punti i contributi raccolti in questi due fascicoli aprono prospettive di ricerca, talora inedite, e offrono già alcuni significativi approdi. Il panorama della proposta si allarga ulteriormente con il volume che raccoglie gli Atti del III "Convegno Internazionale di Studi sul Cinema" di Udine, all'interno del quale alcuni degli stessi interventi qui pubblicati erano stati presentati. (12)

La proposta è sul piano della storia. Da una prospettiva comparativa emerge un inaspettato parallelismo, relativamente alla evoluzione di determinati modelli e gradi di "autorialità" con il sistema della pittura. (13) Già al debutto del cinema lo statuto delle "vedute" ci viene mostrato oscillante tra una condizione di anonimato e un'altra, diversa, che presuppone un'istanza emittente, un principio di responsabilità (foss'anche nella forma di un marchio di fabbrica): la qual cosa si può ritenere all'origine della affermazione, nonostante tutto, dei Lumière in quanto autori. (14)

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Il cinema italiano ci appare un grande, operosissimo laboratorio contrassegnato dalla mobilità delle funzioni, dei ruoli e delle figure cui è assegnato statuto autoriale. L'iperbole di Cabiria, con Pastrone disposto ad acquistare ad ogni prezzo un involucro ed una garanzia "d'autore" per il suo film, testimonia al contempo con la massima eloquenza il valore strategico svolto in una certa fase da modelli autoriali. (15) La ricostruzione della carriera di Feuillade consente di cogliere uno dei momenti inaugurali della nascita di una figura cinematografica in grado di riassumere su di sé diverse fasi del processo realizzativo (quella della sceneggiatura e della mise en scène), ma al tempo stesso evidenzia la non necessaria coincidenza di essa con ciò che chiameremmo centro di "espressione di un universo personale" (laddove semmai il cineasta in questione si manifesta piuttosto come portavoce di un immaginario popolare (16)).

Altri passaggi importanti sono rimasti in ombra: il progetto vertoviano di un cinema collettivo, estraneo ai modelli autoriali e alla stessa sfera dell'estetica (peraltro una delle proposte e delle esperienze su cui fin qui maggiormente si è appuntata l'attenzione); la caratterizzazione "plurale" delle esperienze legate ai movimenti del "Nuovo cinema" negli anni '60 e del modello (ad essi connesso) delle "cinematografie nazionali"; il riemergere di analoghi moduli in fenomeni successivi, ancora segnati dall'esigenza di una costruzione comune, dalla necessità di dar vita a un macrotesto, elaborato attraverso elementi analoghi e ricorrenti (e per ciò stesso più forte, in una situazione di debolezza enunciativa): come nel caso del "cinema africano", analizzato in questa luce da Gardies. (17)

In ombra è rimasto soprattutto il sistema dei generi, intesi come manifestazioni, anch'essi, di un testo plurale, e tradizionale campo di articolazione di voci individuali e logiche "impersonali": forme, stili, canoni narrativi, sistemi mitologici. Possiamo ritenere, egualmente, questo ambito un oggetto consueto di studio - anche se una teoria dei generi cinematografici appare quanto mai debole e lacunosa (per quanto alcuni lavori recenti segnalino un ritorno di interesse su questo terreno (18)) e forse proprio per il suo intreccio assai stretto con la nozione di "autore". Ma si tratta certamente di un settore che richiede un'indagine autonoma.

La proposta avanzata da questi due numeri della rivista offre una serie di formulazioni originali anche sul piano teorico, relativamente alla messa a punto di modelli che analizzino la "funzione autore" (per riprendere l'espressione di Fou-cault) e l'insieme di spinte, matrici, funzioni che si celano dietro un'idea ingenua (umanistica, romantica) dell'autore/creatore.

Particolarmente produttiva mi sembra l'applicazione delle nozioni di allografia e autografia (derivate da Nelson Goodman attraverso Genette). (19) Se Rondolino rivendica l'indissolubilità del connubio opera/autore, (20) questa è messa in discussione da Chion, che arriva a istituire una opposizione tra gli stessi due termini, prospettando una totale indipendenza (e vita propria) del film ("l'autore del film è il film stesso") e la necessità di una "politica dell'opera". (21)

Una opposizione tra lingua del cinema e autore emergerebbe invece dalle riflessioni di Epstein. L'idea sarebbe quella di una autonomia della lingua del cinema, che "mal si presta ad essere piegata alle necessità espressive di un autore, [...] anzi trova il suo spazio proprio nel momento in cui il soggetto vacilla". (22) Una ridefinizione dello statuto dell'autore, includendo in esso anche la configurazione del suo interlocutore (il pubblico, ovvero "il mondo del cinema") è operata da Sorlin, prendendo le mosse dal neorealismo italiano e dalla necessità di ripensarne i tratti "autoriali". (23) L'importanza e la produttività della nozione di "dispositivo", messa a punto da Foucault, è evidenziata nell'intervento di Bell, (24) che si pone inoltre direttamente il problema di riformulare la nozione di autore/regista alla luce degli sviluppi del post-strutturalismo. Col che l'esigenza da cui eravamo partiti trova una risposta diretta - e originale (nella rilettura in questa chiave anche degli scritti pasoliniani).

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Altre ancora potrebbero essere le vie che conducono ad una messa in questione dell'autore. Sviluppi fecondi potrebbe avere un modello di analisi basato sulla nozione di stile e sull'indagine delle dinamiche di ampi sistemi (sulla scorta, ad esempio, del lavoro di Bordwell, Staiger e Thompson (25)), un modello che a partire dalle proposte degli studi di Wolfflin o Focillon potrebbe offrire ricchissime prospettive di sviluppo. Alla teoria dei generi si è già fatto riferimento, Ed è possibile, forse, ipotizzare la rilevanza di sistemi intermedi (tra stile e genere), più mobili, trasversali rispetto a questi e ai singoli testi: aggregati di stili, unità semantiche, modalità enunciative, modi di produzione, il cui campo potrebbe anche coincidere con quello individuato dalle "poetiche d'autore", ma la cui natura e estensione rimarrebbe completamente diversa. (26)

Sviluppi importanti possono venire anche da una prospettiva che guardi al cinema come sistema comunicativo, mezzo di costruzione di processi simbolici e luogo di istituzione di rapporti sociali. (27)

La stessa filologia cinematografica, con la sua attenzione ai problemi del restauro e della conservazione, agli aspetti materiali del film, spinge, a ben vedere, verso una relativizzazione dell'autore. Così come la bibliography (studio del "modo in cui le forme materiali attraverso le quali i testi sono trasmessi ai lettori (o agli ascoltatori) influenzano il processo di costruzione del senso": D. F. McKen-zie) in campo letterario ha lavorato alla "eliminazione dell'autore", (28) spinte analoghe produce, ne sia consapevole o meno, il fervore di studi filologici che caratterizza la scena contemporanea. La storia dell'"oggetto" film, lo studio delle sue varianti, preme per lasciare in ombra i principi autentificanti e portare in primo piano l'autonomia, l'indipendenza, la "soggettività" del singolo testo - e le sue relazioni con altri, attraverso altri canali e parametri, che non coincidono con quelli dell'autore/proprietario.

Morte dell'autore? Invito, certo, a una maggiore precisione storica, relativamente allo sviluppo e alle incarnazioni di tale figura. Invito anche a considerarla una figura complessa, intrisa di soggettività, ma svincolata dalla chiusura e dal controllo di un soggetto anagrafico.

L'espressione segnala un gesto forte, cruento. Può trasformarsi in gesto di apertura, di liberazione; di moltiplicazione e dispersione di nuclei e tratti "autoriali" al di là dei confini dell'opera e delle "poetiche".


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