Il Fondo Leibowitz di manoscritti ed
edizioni musicali
nella Biblioteca del Dipartimento di Musica e Spettacolo
dell'Università di Bologna
a cura di Gianmario Merizzi
INDICE
Torna
alla pagina del Fondo Leibowitz
La Biblioteca del Dipartimento
di Musica e Spettacolo possiede un fondo di circa 1400
edizioni musicali, manoscritti e riproduzioni fotografiche
di manoscritti provenienti della biblioteca personale di
René Leibowitz (Varsavia 1913 - Parigi, 1972),
direttore d'orchestra, musicologo e compositore, la cui fama
è soprattutto legata all'attività di
divulgazione della musica dodecafonica.
Acquisizione
del fondo
Il fondo, posto in vendita dalla
vedova Mary Jo Leibowitz van Ingen (Dilsberg, Germania),
venne acquistato dall'Università di Bologna nel 1974.
L'acquisto venne sollecitato dal defunto prof. Luigi
Rognoni, studioso di musica dodecafonica[1]
ed amico personale di René Leibowitz. Il primo stock
di volumi fu acquisito dalla Biblioteca della
Facoltà di Lettere e Filosofia, mentre le
acquisizioni successive approdarono direttamente al neonato
Istituto di Discipline della musica, che peraltro
già aveva in giacenza il primo stock di volumi
pervenuti. Gli inventari riportano le seguenti tranches di
registrazione del materiale:
n. inv. provenienza fattura in data 63129-63351 Frau Mary Jo Leibowitz van Ingen - Dilsberg 1 18.2.1974
1798-1969 id. 2 3.3.1974
2196-2446 id. 3 3.4.1974
2708-3272 id. 4 4.5.1974
La fattura n.1 è intestata
alla Biblioteca della Facoltà di Lettere e
Filosofia. Il relativo materiale venne scaricato
sull'inventario dell'Istituto di Discipline della
musica con delibera in data 10.7.1975 e registrato ai
nn. 1288-1510. In tutto si tratta di 1211 numeri di
inventario.
Una parte del materiale
acquisito, circa 150 pezzi, quasi esclusivamente manoscritti
e loro riproduzioni fotografiche, non è però
mai stato inventariato. Considerato infine il fatto che
alcuni numeri di inventario si riferiscono a buste
contenenti più di un documento, il numero totale
delle unità bibliografiche sale a circa 1400.
Rispetto alla consistenza originaria circa il 5 % del fondo
acquisito risulta attualmente disperso. Tale dispersione
è avvenuta negli anni che precedono la creazione di
una vera e propria biblioteca, che cominciò ad essere
allestita attorno al 1987 quando l'Istituto confluì
nel Dipartimento di Musica e Spettacolo.
Torna
all'indice
Descrizione e
peculiarità del fondo.
Il fondo non corrisponde all'intera
biblioteca di René Leibowitz. Parte
dell'eredità Leibowitz si trova infatti oggi
custodita presso la Paul
Sacher Stiftung di
Basilea, ed include testi, l'intera corrispondenza e una
piccola biblioteca (vedi l'inventario del fondo in
bibliografia).
La maggior parte dei
volumi reca, sul frontespizio o sulla copertina, la firma di
René Leibowitz; una minoranza riporta ancora una
etichetta con segnatura originale che si presume apposta
dallo stesso Leibowitz.
Il fondo consta per la maggior
parte di edizioni musicali. Dal punto di vista della
rilevanza storico bibliografica va registrata la presenza di
alcune edizioni ottocentesche di spartiti d'opera.
Considerevole è il numero delle riproduzioni
fotostatiche di manoscritti originali relativi a
composizioni del Novecento. Alcune di queste sono in effetti
da considerarsi edizioni preprint, distribuite in questa
forma secondo una prassi diffusa che ha interessato anche
opere di autori celeberrimi. Si aggiunge infine un piccolo
numero di manoscritti, sempre relativi a composizioni
novecentesche, alcuni di mano dello stesso Leibowitz, che
ricopiano composizioni con ogni probabilità, al
tempo, inedite. Le composizioni figurano nella quasi
totalità in partitura, spesso in formato tascabile o
di studio. Le parti o il materiale esecutivo completo sono
rari.
Dal punto di vista del contenuto
l'elemento portante della collezione è costituito
dalla tradizione musicale tedesca: da J.S. Bach (77
documenti) al classicismo viennese, Haydn (35), Mozart (158,
in assoluto il più rappresentato) e Beethoven (82),
alla tradizione romantica, Schubert (35), Schumann (20),
Brahms (30), Mahler (19), incluso il repertorio operistico,
C.M. von Weber (15) e Wagner (37), e operettistico, Johann
Strauss (10), per culminare nella produzione di Schoenberg
(88), Webern (41) e Berg (26). In posizione secondaria il
Novecento francese, Debussy (25), Ravel (20) e soprattutto
Strawinsky (43), e l'opera italiana nei suoi principali
rappresentanti, Verdi (31), Puccini (17) e Rossini (17).
A rendere questa
collezione di peculiare interesse è tuttavia la
quantità di documenti che riguardano la musica del
Novecento: oltre il 70% degli autori presenti nella raccolta
risulta infatti deceduto dopo il 1910 e quasi il 60% dopo il
1945 o ancora vivente. Tra gli autori di questo secolo,
oltre ai già citati rappresentati della scuola di
Vienna e ai compositori francesi, troviamo opere di
Bartók (16), del meno famoso Erich Itor Kahn (21),
cui Leibowitz dedicò uno studio
panegirico[2]
e soprattutto di Paul Dessau (36), con cui Leibowitz ebbe a
stringere amicizia. Del compositore
tedesco si è potuta accertare l'esistenza di tre
importanti manoscritti autografi: la bella copia del
126.
Psalm, e della
Chambermusic
XXXII, e l'unico
esemplare noto della trascrizione
per pianoforte a 4 mani di Kol
Nidre di A.
Schoenberg.[3]
Non stupisce naturalmente che il lascito di Paul Dessau
conservato presso l'Archivabteilung Musik della
Akademie
der Künste di Berlino
includa, a sua volta, autografi di René
Leibowitz.
Notevole infine il
numero degli autori minori, che figurano ciascuno con un
numero limitato di composizioni. Il totale delle opere di
autori morti dopo il 1910 è 640, di quelli morti dopo
il 1950, o viventi, è 438.
Indubbiamente sulla costituzione del fondo si riflette
l'attività musicale di Leibowitz, per cui ben
rappresentati nella collezione sono i suoi maestri
(Schoenberg, Weber, Ravel), i colleghi e amici (Dessau) e
soprattutto, come categoria complessiva, i numerosi allievi,
alcuni dei quali rimasti peraltro sconosciuti. A conferma di
questa impronta `biografica' del fondo è la presenza
su alcune partiture delle dediche autografe indirizzate a
Leibowitz da parte degli autori: Hans Erich Apostel,
Georges
Auric, Milton Babbit,
Xavier Benguerel, Herbert Brun, André Casanova, Luigi
Dallapiccola, Paul
Dessau, Antoine Duhamel,
Alberto Gentili, Rodolfo Halffter, Roman Haubenstock-Ramati,
Paul
Hindemith, Erich Itor Kahn,
Ernst Krenek, Rolf Liebermann, Arthur Lourié,
Riccardo Malipiero, Michael Philippot, Theodore Norman,
Gianni Ramous, Arthur Schnabel, Arnold
Schoenberg, Roger Session,
Josep Soler, Alexander Spitzmuller-Harmersbach, Camillo
Togni.
È invece da sottolineare la
completa assenza di composizioni dello stesso Leibowitz che
non vennero evidentemente incluse nel fondo ceduto
all'Università di Bologna e si trovano ora
conservate
presso la Paul Sacher Stiftung di
Basilea.
Accanto a questa sua vocazione
novecentesca, l'aspetto indubbiamente più
interessante del fondo è legato alle tracce che esso
conserva del lavoro interpretativo, analitico, orchestrale e
didattico che fece di Leibowitz uno dei più
prestigiosi direttori d'orchestra nonché teorici e
divulgatori della nuova musica nella prima metà del
secolo. Tali tracce hanno la forma di annotazioni di varia
natura, di mano del loro ex proprietario, a corredo di buona
parte delle partiture in possesso della Biblioteca del
Dipartimento.
La maggior parte di
queste annotazioni possiamo definirle di carattere
esecutivo, o interpretativo, e servirono come guida alla
direzione di composizioni orchestrali (vedi appendice
2a). Questo materiale
risulta interessante sia per il direttore d'orchestra che
può confrontarsi con il lavoro interpretativo di
Leibowitz, sia, naturalmente per chi intenda studiare la
figura e l'attività dello stesso Leibowitz, a partire
dalle sue scelte di repertorio. In questo senso possiamo
riesaminare le considerazioni sopra esposte relativamente al
contenuto del fondo e sovrapporre al nudo dato relativo alla
quantità di documenti appartenenti alla produzione di
un autore quello relativo alla quantità di opere che
possiamo ritenere effettivamente eseguite, o studiate in
funzione di una esecuzione, da Leibowitz in base alle
annotazioni presenti.[4]
Si tenga però presente che le particolari
penalizzazioni di certi autori sono dovute al fatto che tale
attività esecutiva riguarda quasi esclusivamente
partiture di carattere orchestrale e composizioni
cameristiche del Novecento.
Il dato principale non
sembra cambiare: è ancora la grande tradizione
tedesca ad essere privilegiata, ma sono necessarie alcune
precisazioni. Dal punto di vista cronologico le scelte
esecutive di Leibowitz non amano risalire oltre il
classicismo viennese nel cui quadro lo stesso Haydn risulta
clamorosamente trascurato: 2 soli testi annotati contro i 35
presenti (dove tuttavia forte è la componente
cameristica). Ancora più pesante la penalizzazione di
J.S. Bach (3 su 77). Quest'ultimo dato lascia pensare che
Leibowitz abbia preferito non avventurarsi in imprese
esecutive di implicazione filologica. Bach resta una figura
imprescindibile nella concezione musicale di
Leibowitz,[5]
ma la sua frequentazione è legata allo studio
più che alla riproposta. Non a caso egli costituisce
un caso eccezionale in un panorama preclassico
sostanzialmente desolato (Palestrina 1 documento presente,
C. Le Jeune 1, Baltazarini di Belgioioso (Beaujoyeux) 1, Da
Victoria 2, S. D'India 1, Monteverdi 4, Frescobaldi 1, Ph.H.
Erlebach 1, Rameau 1, Händel 3 [!], Pergolesi
1, M.G. Monn 1, Gluck 2, J.Ch. Bach 1; totale: 21)
coerentemente con la predilezione sopra indicata per gli
autori degli ultimi 150 anni[6].
Proporzionalmente al numero di documenti presenti, il numero
di partiture mozartiane che recano annotazioni esecutive,
pur essendo in assoluto il più alto, è in
effetti modesto (26, circa il 16%), e, sotto questo aspetto,
superiore risulta l'attività interpretativa dedicata
alla produzione di Beethoven (25, oltre il 30%), Schubert
(10, 29%), Schumann (10, 50%), Brahms (14, 47%), Mahler (13,
68%), degli operisti, Weber (8, 53%), Wagner (15, 41%) e J.
Strauss (10, 91%)[7].
Quest'ultimo dato appare naturalmente fuorviante, ché
se non si può negare un interesse di Leibowitz per le
partiture di Johann Strauss figlio, è altresì
palese una selettività nell'acquisizione di partiture
destinate all'esecuzione.
Beethoven, V sinfonia, secondo movimento
Brahms IV sinfonia, primo movimento (parti dei corni
aggiunte)
Sorprende a prima vista il dato
riguardante i maestri della dodecafonia: delle 88 partiture
schoenberghiane presenti solo 22 recano annotazioni
esecutive (25%); la percentuale migliora per Berg (11 su 26,
pari al 42%) ma si abbassa notevolmente per Webern (7 su 41,
pari al 17%). Il dato, apparentemente contrastante con la
rinomanza di Leibowitz come divulgatore del repertorio
dodecafonico, non appare sorprendente se consideriamo le
difficoltà di inserimento di questo repertorio in un
circuito concertistico ampio, sia per difficoltà di
recezione, quindi organizzative e di mercato, che di
esecuzione. Ma soprattutto va considerato che buona parte di
questo repertorio è per piccoli gruppi cameristici o
per strumento solista, quindi sottratta all'attività
direttoriale. Non a caso proporzionalmente maggiore risulta
l'interesse dedicato da Leibowitz a queste partiture sotto
il profilo dell'intervento analitico (vedi sotto).
Similmente il maggiore risalto che, rispetto al semplice
computo delle partiture presenti, acquista invece in questa
prospettiva esecutiva la scuola francese, a partire da
Berlioz (5 su 11, 45%), fino a Saint-Saëns (4 su 5,
80%) e soprattutto a Debussy (16 su 25, 64%), Ravel (9 su
20, 45%) e Strawinsky (14 su 43, 33%) va probabilmente
ricondotto al fatto che in Francia, dove dal 1945 Leibowitz
si era stabilito, maggiori fossero le possibilità di
fare eseguire il repertorio nazionale. L'apprezzamento per
il repertorio operistico italiano viene sostanzialmente
confermato: Rossini 6 su 17, 35%; Verdi 13 su 31, 42%;
Puccini 7 su 17, 41%.
Piuttosto rare appaiono invece le
annotazioni a corredo di partiture recenti. Contiamo in
totale una quarantina di partiture annotate di autori morti
dopo il 1945, esclusi i già citati Schoenberg,
Webern, Strawinsky. Gli autori più frequentati (B.
Bartók, P. Dessau, E.I. Kahn, E. Varése, De
Falla, A. Casanova, L. Dallapiccola, A. Schnabel, E.
Lutyens, M. Puig), non presentano più di due o tre
partiture annotate a testa. L'eccezionalità o la
totale assenza di qualsiasi annotazione su alcune partiture
di autori presenti con un numero di documenti relativamente
cospicuo (vedi per esempio F. Mannino) si spiega col fatto
che queste furono inviate in omaggio dai relativi autori al
maestro o al musicista famoso, in richiesta di giudizio o in
segno di stima. Va comunque osservato che negli ultimi
decenni l'attività di Leibowitz come portabandiera
del repertorio musicale d'avanguardia si era decisamente
affievolita e il musicista si irrigidiva su posizioni che lo
relegavano ai margini dell'evoluzione musicale più
radicale.
La maggior parte delle
annotazioni che abbiamo definito `esecutive', tendono
semplicemente a selezionare e mettere graficamente in
risalto elementi salienti del testo musicale, al fine di una
loro immediata individuazione nel corso dell'esecuzione.
Alcune partiture recano in aggiunta interventi di correzione
del testo musicale o revisioni di orchestrazione, come nel
caso delle sinfonie di Schumann, corrette secondo
l'orchestrazione di Mahler e in qualche caso ulteriormente
riviste. Interventi di questo tipo sono in qualche caso
annotati su fogli manoscritti allegati. Una decina di
documenti, per lo più relativi a composizioni per
strumento a tastiera, riportano invece appunti chiaramente
riferibili ad un progetto di orchestrazione. Tutti questi
documenti sono elencati nell'appendice
2c.
J.S. Bach, Toccata e fuga in Re minore
Altri rari casi di correzione
presentano invece un vero e proprio carattere didattico e
sono naturalmente rintracciabili sulle partiture degli
allievi.
Infine troviamo una
trentina di partiture con annotazioni di carattere analitico
(vedi appendice
2b). Potremmo forse
affermare che queste esprimano gli interessi più
personali di Leibowitz, non condizionati dalla serie di
elementi esterni che presiedono alla scelta del repertorio
concertistico. Ci troviamo nuovamente di fronte, questa
volta in modo pressoché esclusivo, alla quintessenza
della tradizione musicale tedesca con J.S. Bach, il
classicismo viennese, che conferma in Beethoven più
che in Mozart il suo centro di interesse, e la scuola
dodecafonica, passando, episodicamente, per Brahms, Franck e
Mahler. Altre tre partiture riguardano autori contemporanei.
Le analisi delle composizioni di Schoenberg e compagni
trovano riscontro nella produzione saggistica di Leibowitz
(vedi bibliografia)
e riconfermano quella centralità del repertorio
dodecafonico negli interessi di Leibowitz che il dato
relativo alle annotazioni esecutive sembrava avere posto in
dubbio.
A. Webern, Quartett, op. 22
Le considerazioni fin qui esposte
trovano conferma nella porzione del lascito Leibowitz
conservato dalla Paul Sacher Stiftung tipologicamente
corrispondente alla nostra collezione:[8]
Beethoven, Schumann e Schoenberg risultano gli autori
più rappresentati nei 34 volumi recanti annotazioni
di varia natura da parte del loro ex
proprietario.
Torna
all'indice
Organizzazione
ed accessibilità del fondo.
La quasi totalità dei volumi
provenienti dalla biblioteca di Leibowitz venne integrata al
momento della sua acquisizione nella collezione generale
dell'Istituto di Discipline della musica, di cui
costituiva la parte più cospicua, e in tal guisa
venne ereditata dalla Biblioteca del Dipartimento di
Musica e Spettacolo.
Con l'eccezione di una
parte dei manoscritti e delle riproduzioni, il materiale
venne inventariato, ordinato alfabeticamente per autore,
segnato e registrato in due volumi dattiloscritti redatti
negli anni 1974-75 a cura di Maria Vittoria Garzone sotto la
supervisione del prof. Rognoni.
All'inizio del 1996 lo scrivente ha
provveduto ad una ricostruzione del fondo, verificandone la
consistenza sulla base del suddetto registro e degli
inventari dell'estinto Istituto di Discipline dalla Musica e
della biblioteca della Facoltà di Lettere e
Filosofia, stilando un elenco del materiale originariamente
non inventariato, fornendo di timbro distintivo ogni volume,
scorporando dalla collezione generale i manoscritti, le
fotoriproduzioni e i volumi che recano annotazioni
manoscritte di Leibowitz o dediche manoscritte degli autori;
detto materiale è stato riorganizzato in un fondo
separato (da qui in poi considerato Fondo Leibowitz
in senso stretto, collocazione "M.LEIB...") che
mantiene però l'ordinamento e le segnature stabilite
nel registro Garzone, in modo da potere essere rapportato al
lascito nella sua interezza.
Il fondo è soggetto a
particolare tutela; i volumi sono consultabili su
prenotazione ed esclusi dal prestito; la riproduzione, ove
consentita dalla legge, è soggetta ad autorizzazione
da parte della biblioteca. Il materiale è catalogato
all'interno del catalogo generale della biblioteca
consultabile dall'OPAC
web. Una ricerca selettiva
è possibile attraverso un'apposita
maschera di ricerca. Parte
delle edizioni sono schedate anche in SBN.
Torna
all'indice
Torna
alla pagina del Fondo
Leibowitz
Ultimo aggiornamento
19 maggio 2006
© 1997 - 2006 -
Dipartimento di Musica e Spettacolo
Gianmario Merizzi -
merizzi@muspe.unibo.it
Attenzione! Una
versione obsoleta di questo testo, senza autorizzazione
alcuna e senza indicazione dell'autore originale, è
stata plagiata e ripubblicata in un sito parassitario:
<http://musicaclassica.biblio-net.com/artman/publish/news229.shtml>
|