martedì 6 febbraio, ore 21
Aula absidale (via de' Chiari 25a)
ingresso gratuito - posti limitati
Ludwig van
Beethoven
(1770 - 1827)
Sonata
in Re
minore op. 31 n. 2
“La tempesta”
Largo - Allegro
Adagio
Allegretto
Sonata
in Fa
maggiore op. 54
In tempo d’un
Menuetto
Allegretto
Sonata
in Fa
minore op. 57 “Appassionata”
Allegro assai
Andante con moto
Allegro ma non troppo
Oliver Kern. Dopo essersi diplomato con lode in pianoforte,
direzione
d’orchestra e direzione di coro all’Accademia di
Stoccarda, si
perfeziona in pianoforte all’Accademia di Basilea e al
Mozarteum di
Salisburgo. S’impone all’attenzione della critica
vincendo due
famosi concorsi: l’ARD di Monaco di Baviera nel 1999, e il
Beethoven di Vienna nel 2001; in quest’ultimo, ottiene anche
il
premio speciale per la migliore interpretazione delle Sonate di
Beethoven, unico tedesco ad aver raggiunto tale traguardo. Ha
eseguito gli opera omnia pianistici di Brahms al Classix Festival
2003 di Braunschweig e a Seul. Si è esibito in sale
importanti
quali il Musikverein di Vienna, l’Auditorium di Santa Cecilia
a
Roma, lo Schauspielhaus di Berlino, la Musikhalle di Amburgo, lo
Herkulessaal di Monaco di Baviera, la Salle Gaveau di Parigi, il
Saitama Arts Centre di Tokyo. Ha suonato con orchestre quali la New
Japan Philharmonic Orchestra, la China National Symphony Orchestra,
le Orchestre sinfoniche della Radio di Berlino, Monaco di Baviera,
Hannover e Vienna. Ha inciso per la radio e la televisione tedesca,
austriaca, francese, italiana e giapponese e per la casa discografica
“Realsound”. Oliver Kern, inoltre, insegna
pianoforte in corsi
internazionali di alto perfezionamento ed è spesso invitato
come membro di giuria in concorsi pianistici internazionali.
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Umor
socratico e romantiche passioni
Oliver
Kern pianoforte
Le
tre Sonate op. 31 di Ludwig van Beethoven sono del 1802, e si collocano
all’inizio del cosiddetto “periodo
eroico”. È un momento cruciale nella sua parabola
umana e creativa: il musicista si rende conto di quanto sia grave e
irreversibile la malattia che lo condurrà alla
sordità. Una testimonianza sconvolgente è il
cosiddetto “testamento di Heiligenstadt”, uno
sfogo-confessione nel quale rivela che quella che ai più
pare misantropia cela invece la disperazione per
l’infermità, tanto più devastante per
un musicista. Stando al resoconto del suo allievo Carl Czerny,
Beethoven avrebbe detto, dopo aver composto la Sonata op. 28 (1801), di
essere «solo parzialmente soddisfatto delle opere che ho
scritto finora. D’ora in avanti batterò una nuova
via». Di tale «nuova via» la Sonata op.
31 n. 2 in Re minore (l’unica in questa tonalità)
è tra gli esempi più fulgidi. Il titolo
“La tempesta” non è autentico ma si
può ricondurre all’autore: ad un interlocutore che
trovava strana la forma della Sonata il compositore avrebbe detto che
per capirla «basta leggere “La
tempesta!”» (il riferimento è ovviamente
alla commedia di Shakespeare). La peculiarità della forma
emerge già dalle prime note: la Sonata inizia in forma
semi-improvvisatoria, con un gesto preludiante interrogativo
più che con un tema affermativo: solo ex post
l’arpeggio iniziale rivelerà la sua sostanza
tematica.
Beethoven compone la breve Sonata
op. 54 in Fa maggiore nel 1804. Essa presenta caratteristiche formali
ancora più singolari della precedente: è una
paradossale sonata in due soli movimenti, nessuno dei due in forma
sonata. Non meno peculiare è la sua temperie espressiva: il
critico Donald Tovey ne colse un “Socratic humour”,
che contrasta con le accensioni romantiche delle due sonate
più lunghe e complesse in programma quest’oggi, in
mezzo alle quali essa fa la figura d’un brillante
divertissement. L’idea-guida della Sonata op. 54 è
il forte senso di propulsione ritmica. Il primo movimento è
In tempo d’un Menuetto. A un primo disegno melodico dal
carattere elegante e aggraziato, “femminile”
(è appunto una mossa coreografica, che emerge in maniera
molto lirica e suadente dal basso) segue una seconda idea dal carattere
energico, “maschile”, in vigorose ottave, sempre
forte e staccato. Quest’idea fortemente contrastante, che si
alterna a più riprese al tema iniziale, fa almeno idealmente
le veci del Trio in un minuetto classico. L’Allegretto si
caratterizza per l’andamento rapido e scorrevole, un
perpetuum mobile che si apparenta più all’antica
toccata clavicembalistica che non alla forma sonata, per quanto si
possono cogliere un’esposizione, uno sviluppo cromatico
relativamente lungo e ricco di modulazioni, una ripresa e infine una
coda ancora più brillante. Quest’ultima accelera
il moto perpetuo in un furioso Più Allegro.
Composta tra il 1804 e il 1805, la
Sonata op. 57 in Fa minore è una tra le sue opere
più note e rappresentative (e da egli stesso più
amate), e ci conduce al cuore dello “stile eroico”
beethoveniano. La rinnovata poetica beethoveniana e le nuove
potenzialità del pianoforte, in profonda evoluzione tecnica
in quegli anni, contribuiscono a creare sonorità mai udite
prima. Come nel caso della “Tempesta”, il titolo
“Appassionata” è apocrifo ma non
inappropriato. Il tono tragico della Sonata ha sollecitato associazioni
con l’Inferno dantesco, e con Re Lear e Macbeth,
nonché col monumento più illustre del mito
prometeico beethoveniano, la Quinta Sinfonia.
Dora Fragale
studentessa Laurea specialistica
in Discipline della musica
coordinamento e redazione
Saverio Lamacchia
ingresso gratuito - posti limitati
info:
tel. 051 2092413; soffitta.muspe@unibo.it
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