Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Dipartimento di Musica e Spettacolo - La Soffitta 2006

LA SOFFITTA - Centro di promozione teatrale


LA SOFFITTA 2006
MUSICA
17 gennaio - 27 maggio

17 gennaio - 27 maggio

CONCERTI

marted́ 21 febbraio
Aula absidale
(via de’ Chiari 25a)
ore 21

ingresso gratuito

SERIOSO, METAMORFICO, FANTASTICO



Quatuor Terpsycordes
Girolamo Bottiglieri primo violino
Raya Raytcheva secondo violino
Caroline Haas viola
François Grin violoncello

 

Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)

Quartetto in Fa minore op. 95

Allegro con brio
Allegretto, ma non troppo
Allegro assai vivace, ma serioso
Larghetto espressivo – Allegretto agitato – Allegro

György Ligeti (1923)

Quartetto per archi n. 1
“Metamorfosi notturne”

 

Robert Schumann (1810 - 1856)

Quartetto in La maggiore op. 41 n. 3

Andante espressivo – Allegro molto moderato
Assai agitato
Adagio molto
Finale: Allegro molto vivace


TERRE-PSY-CORDES
: un nome che unisce la terra allo spirito, un quartetto nato dall’incontro tra un italiano, una bulgara e due svizzeri, ispirati dalla benevola attenzione della musa Tersicore.
     I quattro giovani musicisti che lo compongono formano il Quartetto Terpsycordes a Ginevra nel 1997. La loro comune passione li conduce a studiare Quartetto con Gábor Takács-Nagy al Conservatorio superiore di Ginevra, dove ottengono il primo premio in virtuosismo nel 2001. Partecipano a master classes (organizzate particolarmente in Francia dal Centro europeo per la Musica da camera “ProQuartet”) condotte dai quartetti Amadeus, Budapest, Hagen, Italiano, Lasalle, Mosaïques, Smetana, e Via Nova. Inoltre, si perfezionano al Centre de Musique ancienne di Ginevra.
     Il Quartetto Terpsycordes vince il primo premio al LVI Concorso internazionale di Ginevra nel 2001, e viene premiato anche nei concorsi di Trapani, Weimar e Graz. Forte dell’ampio consenso della critica e del pubblico, si esibisce in numerosi festival e concerti. Il suo repertorio, in continua espansione, spazia da composizioni dell’età classica, eseguite su strumenti storici, alla musica contemporanea.


Tre quartetti d’archi, tre dialoghi tra strumenti ad arco di alto impegno intellettuale e sentimentale, da cui emergono le individualità di tre grandi compositori. Il Quartetto op. 95 (1810) fa l’effetto di un soliloquio, di una confessione: pubblicato da Steiner a Vienna nel 1816 e dedicato al conte ungherese Nikolaus Zmeskall Domanovecz, vecchio amico di Beethoven e valente violoncellista, il Quartetto è stato battezzato dallo stesso autore “serioso”: il carattere sdegnoso e meditativo deriverebbe anche da un avvenimento cruciale nella vita di Beethoven, cioè il crollo dei progetti matrimoniali con Teresa Malfatti, amica del compositore e dedicataria del celebre “Per Elisa”. I quattro movimenti del Quartetto sono caratterizzati da improvvisi adombramenti, da ripetute impennate e sussulti ritmici; memorabile l’Allegro d’apertura: un violento inciso all’unisono che annuncia lapidariamente il carattere travagliato e imperioso del brano. L’ambiguità crudele del secondo movimento precede il lungo e tormentato percorso armonico che caratterizza il successivo Allegro assai vivace, ma serioso, il quale sfocia poi in un finale appassionato e ribelle.
     Le arditezze di alcuni quartetti di Beethoven, tra qui proprio l’op. 95, aprono la strada alle composizioni della successiva generazione romantica. Nel 1842 Schumann inaugura il proprio anno dedicato alla musica da camera coi tre Quartetti dell’op. 41, benché già dal 1838 avesse dato avvio ai Quartettmorgen (mattinate quartettistiche) nella sua casa di Lipsia. Il Quartetto op. 41 n. 3 (1842) consacra l’esplorazione di un mondo sonoro nuovo, soprattutto nella forma: Schumann, diversamente dall’ultimo Beethoven, procede per sezioni formali chiuse, per episodi ben distinti e assimilabili a “situazioni poetiche”, collegate mediante una giustapposizione basata sul principio del contrasto, senza zone di transizione. Tra un episodio e l’altro, però, Schumann ama tessere una rete di reminiscenze motiviche che scaturiscono gia dal primo movimento. Nel secondo movimento, quattro variazioni si spingono nei territori più impervi dell’elaborazione tematica per giungere a un Adagio molto in cui il ritmo ostinato scandito dal secondo violino fa da sostegno a brevi frammenti melodici. A chiudere il Quartetto, un Allegro molto vivace caratterizzato da una grazia quasi rococò.
     In questo caleidoscopio di immagini fugaci raffinate e bizzarre si colloca il contemporaneo Ligeti. Nato in Transilvania, compone fino agli anni Cinquanta sotto l’influsso di Bartók (si dedica anche alla ricerca folklorica). Ad onta (o in virtù) dell’isolamento culturale dell’Ungheria, allora sotto la sfera d’influenza dell’Unione Sovietica, rispetto all’Occidente, Ligeti riesce a sviluppare un proprio originale linguaggio musicale: una tappa importante in questa evoluzione è rappresentata dal primo Quartetto d’archi, sottotitolato “Metamorfosi notturne” (1953-54). Nato, secondo il racconto di Ligeti, dal difficile ascolto radiofonico di musiche nuove trasmesse da emittenti occidentali, fortemente influenzato dal quarto Quartetto di Bartók (una delle opere di riferimento per il Ligeti degli anni Cinquanta) e dalla Suite lirica di Alban Berg (una delle rare partiture “occidentali” che il compositore aveva potuto leggere in Ungheria), il Quartetto sviluppa, in una continua metamorfosi appunto, una cellula generatrice di quattro note che serve da base a diverse sezioni (ve n’è anche una in tempo di valzer) che si succedono senza soluzione di continuità.

Adriana Polo
studentessa

coordinamento e redazione di
Tarcisio Balbo

 


Dipartimento di Musica e Spettacolo
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