LA SOFFITTA 2006
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MUSICA
17 gennaio - 27 maggio |
17 gennaio - 27 maggio
CONCERTI
marted́ 21 febbraio Aula absidale (via de’ Chiari 25a) ore 21 ingresso gratuito SERIOSO, METAMORFICO, FANTASTICOQuatuor TerpsycordesGirolamo Bottiglieri primo violinoRaya Raytcheva secondo violino Caroline Haas viola François Grin violoncello
Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)Quartetto in Fa minore op. 95Allegro con brio György Ligeti (1923)Quartetto per archi n. 1
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Tre quartetti d’archi, tre dialoghi tra strumenti ad arco di alto impegno intellettuale e sentimentale, da cui emergono le individualità di tre grandi compositori. Il Quartetto op. 95 (1810) fa l’effetto di un soliloquio, di una confessione: pubblicato da Steiner a Vienna nel 1816 e dedicato al conte ungherese Nikolaus Zmeskall Domanovecz, vecchio amico di Beethoven e valente violoncellista, il Quartetto è stato battezzato dallo stesso autore “serioso”: il carattere sdegnoso e meditativo deriverebbe anche da un avvenimento cruciale nella vita di Beethoven, cioè il crollo dei progetti matrimoniali con Teresa Malfatti, amica del compositore e dedicataria del celebre “Per Elisa”. I quattro movimenti del Quartetto sono caratterizzati da improvvisi adombramenti, da ripetute impennate e sussulti ritmici; memorabile l’Allegro d’apertura: un violento inciso all’unisono che annuncia lapidariamente il carattere travagliato e imperioso del brano. L’ambiguità crudele del secondo movimento precede il lungo e tormentato percorso armonico che caratterizza il successivo Allegro assai vivace, ma serioso, il quale sfocia poi in un finale appassionato e ribelle. Le arditezze di alcuni quartetti di Beethoven, tra qui proprio l’op. 95, aprono la strada alle composizioni della successiva generazione romantica. Nel 1842 Schumann inaugura il proprio anno dedicato alla musica da camera coi tre Quartetti dell’op. 41, benché già dal 1838 avesse dato avvio ai Quartettmorgen (mattinate quartettistiche) nella sua casa di Lipsia. Il Quartetto op. 41 n. 3 (1842) consacra l’esplorazione di un mondo sonoro nuovo, soprattutto nella forma: Schumann, diversamente dall’ultimo Beethoven, procede per sezioni formali chiuse, per episodi ben distinti e assimilabili a “situazioni poetiche”, collegate mediante una giustapposizione basata sul principio del contrasto, senza zone di transizione. Tra un episodio e l’altro, però, Schumann ama tessere una rete di reminiscenze motiviche che scaturiscono gia dal primo movimento. Nel secondo movimento, quattro variazioni si spingono nei territori più impervi dell’elaborazione tematica per giungere a un Adagio molto in cui il ritmo ostinato scandito dal secondo violino fa da sostegno a brevi frammenti melodici. A chiudere il Quartetto, un Allegro molto vivace caratterizzato da una grazia quasi rococò. In questo caleidoscopio di immagini fugaci raffinate e bizzarre si colloca il contemporaneo Ligeti. Nato in Transilvania, compone fino agli anni Cinquanta sotto l’influsso di Bartók (si dedica anche alla ricerca folklorica). Ad onta (o in virtù) dell’isolamento culturale dell’Ungheria, allora sotto la sfera d’influenza dell’Unione Sovietica, rispetto all’Occidente, Ligeti riesce a sviluppare un proprio originale linguaggio musicale: una tappa importante in questa evoluzione è rappresentata dal primo Quartetto d’archi, sottotitolato “Metamorfosi notturne” (1953-54). Nato, secondo il racconto di Ligeti, dal difficile ascolto radiofonico di musiche nuove trasmesse da emittenti occidentali, fortemente influenzato dal quarto Quartetto di Bartók (una delle opere di riferimento per il Ligeti degli anni Cinquanta) e dalla Suite lirica di Alban Berg (una delle rare partiture “occidentali” che il compositore aveva potuto leggere in Ungheria), il Quartetto sviluppa, in una continua metamorfosi appunto, una cellula generatrice di quattro note che serve da base a diverse sezioni (ve n’è anche una in tempo di valzer) che si succedono senza soluzione di continuità. Adriana Polo coordinamento e redazione di |