Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Dipartimento di Musica e Spettacolo - La Soffitta 2006

LA SOFFITTA - Centro di promozione teatrale


LA SOFFITTA 2006
MUSICA
17 gennaio - 27 maggio

17 gennaio - 27 maggio

CONCERTI

martedì 11 aprile
Aula absidale
(via de’ Chiari 25a)
ore 21

ingresso gratuito

IL CANTO DEL PASTORE


Studenti dell'Istituto musicale pareggiato “Giuseppe Verdi” di Ravenna

Silvia Marini flauto
Nicoletta Bassetti violino
Michela Gardini violoncello
Maria Grazia Amato e Mirko Maltoni pianoforte


 

Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)


Sonata in Fa maggiore op. 24 “La primavera”
per violino e pianoforte

Allegro
Adagio molto espressivo
Scherzo: Allegro molto
Rondò: Allegro ma non troppo

Franz Schubert (1797 - 1828)

Sonata in Re maggiore op. 137 n. 1 D. 384
per violino e pianoforte

Allegro molto
Andante
Allegro vivace

 

Carl Maria von Weber (1786 - 1826)

Trio in Sol minore op. 63
per flauto, violoncello e pianoforte

Allegro moderato
Scherzo: Allegro vivace
Schäfers Klage: Andante espressivo
Finale: Allegro





Tra le collaborazioni attuate dalla Soffitta nella stagione 2006 risaltano, come già nel 2005, i due concerti realizzati dall’Istituto musicale pareggiato “Giuseppe Verdi” di Ravenna (il primo s’è tenuto il 28 febbraio). La preparazione del concerto odierno è stata curata dai docenti Vanni Montanari, Maria Francesca Baldi, Luca Falasca e Luciano Bertoni.


La letteratura sonatistica del classicismo viennese ricerca l’omogeneità delle parti: le funzioni di melodia e accompagnamento sono sempre chiaramente riconoscibili, come nello stile galante di metà Settecento, ma circolano fra le varie voci, che vengono ad assumere pari importanza. Questo principio viene perseguito in qualsivoglia organico, anche nel duo violino e clavicembalo o pianoforte, cosicché, se fino a pochi anni prima la melodia è sempre al violino e l’accompagnamento allo strumento a tastiera, tra la fine del Settecento e nel primo Ottocento la melodia emerge dal dialogo tra i due strumenti. Ludwig van Beethoven, che per tutta la vita coltivò col pianoforte un rapporto d’elezione, portò a pieno sviluppo questa nuova concezione del tessuto musicale. Egli scrisse le sue prime sonate per violino e pianoforte tra il 1797 e il 1801. Tra le predilette dagli interpreti e dal pubblico è la quinta, l’op. 24 in Fa maggiore, detta La primavera, composta nel 1800 e data alle stampe a Vienna l’anno successivo assieme all’op. 23 per il medesimo organico. Il titolo non è di Beethoven, e pare si debba ad Anton Schindler, devoto segretario tuttofare del Maestro; entrata stabilmente nell’uso, la dicitura evoca lo straordinario incipit della sonata: una melodia piena di slancio giovanile, plasmata sulle corde del violino, e pervasa da una cantabilità ancora mozartiana. Per altri aspetti – ad esempio il contrasto tematico, la varietà del ritmo e la struttura formale – la Sonata è già tutta beethoveniana. Quest’opera leggiadra e scorrevole, caratterizzata da una grazia serena, è la prima sonata per violino e pianoforte di Beethoven ad essere strutturata in quattro movimenti. L’Allegro iniziale, assai elaborato, è seguito da un Adagio molto espressivo distesamente lirico e da un fulmineo Scherzo. Il rondò conclusivo, che inizia con l’enunciazione del motivo principale al pianoforte, s’ispira forse, come omaggio all’amato Mozart, al tema dell’aria di Vitellia «Non più di fiori», dalla Clemenza di Tito (1791).
Un rispetto ancora più ossequioso dei modelli di Haydn e Mozart si nota nella Sonata in Re maggiore op. 137 n. 1 D. 384 di Franz Schubert, la prima di una triade di sonate per violino e pianoforte scritte nel 1816 e pubblicate, postume, dall’editore Diabelli vent’anni più tardi col titolo di “sonatine”. Sono opere periferiche nella produzione cameristica di Schubert, ascrivibili al genere della Hausmusik, musica a destinazione domestica, normalmente senza grandi pretese di virtuosismo strumentale. Non si conoscono le circostanze della genesi dell’op. 137, ma è plausibile pensare ad una schubertiade, con l’autore che accompagna al pianoforte gli amici.
Un’opera d’ampio respiro è invece il Trio op. 63 in Sol minore per flauto, violoncello e pianoforte di Carl Maria von Weber, che rivela, come la restante produzione cameristica del grande operista tedesco, l’interesse per la policromia dei timbri e la predilezione per gli strumenti a fiato, oltre che per il pianoforte. Il Trio si apre con un Allegro moderato, che ad alcuni è potuto parere l’allegro di sonata più riuscito di Weber. Il carattere spiccatamente romantico della composizione è confermato dal terzo movimento, Andante espressivo, sottotitolato Schäfers Klage (Il lamento del pastore). Il tema elegiaco dell’Andante espressivo risale ad una composizione precedente; il Trio fu portato a termine nel 1819, durante un soggiorno estivo a Klein-Hosterwitz e dedicato a Philipp Jungh, appassionato di musica ed eccellente violoncellista.



Nadia Malavolti
studentessa dell’Istituto “Giuseppe Verdi”
di Ravenna

coordinamento e redazione di
Saverio Lamacchia

 


Dipartimento di Musica e Spettacolo
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