Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Dipartimento di Musica e Spettacolo - La Soffitta 2006

LA SOFFITTA - Centro di promozione teatrale


LA SOFFITTA 2006
MUSICA
17 gennaio - 27 maggio

17 gennaio - 27 maggio

CONCERTI

marted́ 7 marzo
Aula absidale
(via de’ Chiari 25a)
ore 21

ingresso gratuito

SOTTO IL RAGGIO FIOCO
DELLA LUNA


Claudia Hasslinger, mezzosoprano
Stefano Malferrari, pianoforte




 

Robert Schumann (1810 - 1856)

Liederkreis op. 39

In der Fremde
Intermezzo
Waldesgespräch
Die Stille
Mondnacht
Schöne Fremde
Auf einer Burg
In der Fremde
Wehmuth
Zwielicht
Im Walde
Frühlingsnacht

Richard Wagner (1813 - 1883)

Wesendonck-Lieder

Der Engel
Stehe still!
Im Treibhaus
Schmerzen
Träume

 

Modest P. Musorgskij (1839 - 1881)

Canti e Danze della Morte

Ninna Nanna
Serenata
Trepak
Il Condottiere



Claudia Hasslinger

Nata a Vienna, ha studiato con Erik Werba, Terezia Blumova e Paolo Washington. Si è perfezionata con Paul von Schilhawsky nel repertorio liederistico e ha studiato danza e recitazione con Alan Wynroth, Vittorio Gassman, Eduardo De Filippo, Ferruccio Soleri. Ha debuttato al "Festival International de Vaison-la-Romaine" nelle parti di Tragedia e di Euridice nell’opera di Giulio Caccini. Svolge un’intensa attività concertistica e ha preso parte a produzioni teatrali, radiofoniche e televisive in Austria, Francia e Italia. È stata protagonista dell’azione teatrale Mito di Arianna: da Monteverdi a Strauss e nel 1998 ha interpretato, sotto la direzione di Alan Curtis, la parte di Melissa nella Liberazione di Ruggiero dall’isola di Alcina di Francesca Caccini. Si è esibita, inoltre, nel concerto di chiusura dei festeggiamenti per il IV centenario della nascita del melodramma promosso dal Comitato nazionale a Vienna e ripreso dalla ÖRF RadioTelevisione Austriaca. L’ampia estensione della voce e la padronanza di numerose lingue le permettono di affrontare un repertorio molto vasto, che spazia dalla musica barocca a quella contemporanea.

Stefano Malferrari
Ha studiato al Conservatorio "G. B. Martini" di Bologna nella classe del maestro Franco Agostini e si è diplomato sotto la guida del maestro Franco Scala. Si è perfezionato con il pianista austriaco Jörg Demus. Tiene concerti in Italia e all’estero (Svizzera, Germania, Svezia, Croazia, Islanda, Norvegia) in recital solistici e in formazioni da camera. Molto attivo nel repertorio cameristico e liederistico, si interessa anche alla musica contemporanea, di cui propone volentieri prime esecuzioni assolute. Ha inciso dischi per le case discografiche Nuova Era, Nuova Carisch, NLM. Docente al Conservatorio di Bologna, collabora come direttore e consulente artistico per associazioni culturali e musicali private e istituzionali. È uno dei fondatori dell’Ensemble Fontana MIX.



I tre cicli di questa sera appartengono a fasi diverse del Romanticismo musicale, ma si collocano in una comune ambientazione ben evocata dal titolo: Sotto il raggio fioco della luna, infatti, riproduce il metro del pentametro trocaico ampiamente frequentato dai poeti dell’Ottocento. Nel 1840 Schumann scrisse oltre un centinaio di Lieder: un’esuberanza lirica incentivata dall’entusiasmo per l’esito felice della relazione sentimentale con Clara Wieck, che, al termine di cento traversie, condusse al matrimonio il 12 settembre di quell’anno. Fino ad allora Schumann aveva composto soprattutto per pianoforte solo e non aveva considerato la musica vocale «degna di attenzione» – un’affermazione in linea con il primato che l’estetica romantica assegnava alla musica strumentale, in virtù del magico potere di alludere all’ineffabile che l’assenza di un oggetto determinato le conferiva. La contraddizione si stempera alla luce del desiderio di Schumann di “innovare” il Lied pianistico, affidando alla veste musicale, e in particolare allo strumento, il compito di esprimere l’atmosfera poetica, la Stimmung dei versi, più compiutamente di quanto non fosse consentito alle sole parole. La denominazione Liederkreis (Ciclo di Lieder) per l’op. 39 indica la ricorrenza di temi poetici, quali il fiume, la foresta, i corni da caccia, prediletti da Joseph von Eichendorff e cari alla sensibilità romantica; ma rinvia anche al ripetersi di motivi musicali, come quello che accomuna l’inizio dei nn. 7 e 8. La capacità evocativa della musica di Schumann raggiunge un vertice in Mondnacht, laddove la risoluzione sulla tonica ritardata alla decima battuta, su «die Erde», e la discesa verso il registro grave della mano sinistra al pianoforte suggellano il sublime ed erotico bacio del Cielo e della Terra.
Agli immaginari acquatici e silvestri di Eichendorff si contrappone la luce artificiale e soffocante della serra di Mathilde Wesendonck, la poetessa dilettante zurighese con cui Wagner ebbe un’intensa relazione tra il 1857 e il ’59, gli anni della composizione del Tristano. Il terzo e il quinto Lied – l’intero ciclo fu ultimato nel 1858 – sono dei veri e propri abbozzi dell’opera: il tema iniziale di Im Treibhaus (Nella serra) è lo stesso che apre il preludio del terz’atto; l’avvio di Träume (Sogni) prefigura il momento in cui i due amanti si abbandonano alla passione nel cuore della notte nel second’atto. La scrittura musicale, densa di cromatismi, tende ad una dilatazione estenuante della forma, esprimendo così il senso di disfacimento, di sublimazione del dolore nella morte, suggerito dai testi e consono al Romanticismo decadente di Wagner. La predilezione esclusiva per la forma durchkomponiert – il rifiuto della stroficità in nome di uno sviluppo musicale continuo – mira, nel Lied come nel dramma per musica, a un’intima connessione del fluire spontaneo della melodia con il libero dipanarsi dell’intreccio drammatico: un magico e ininterrotto “torrente” melodico – nel saggio Opera e dramma (1851) Wagner aveva parlato di una melodia “infinita” – salutato da Baudelaire, all’indomani della rappresentazione del Tannhäuser a Parigi (1861), come la conferma di una segreta corrispondenza tra le apparenze della natura.
Musorgskij scrisse i Canti e Danze della Morte nel 1875, un anno dopo la morte dell’intima amica Nadežda Opočinina. Il dolore del compositore rifluiva nell’aurea lugubre e tenebrosa dei versi del conte Goleniščev-Kutuzov, rispondenti ad un gusto per il macabro tipico della Russia fin de siècle. Dietro il ritorno ossessivo di una nenia inquietante, l’apparente dolcezza di una serenata, il girare a vuoto di una danza grottesca – trepak è il nome di un ballo ucraino – o di una marcia grave e pomposa, si rivela la presenza diabolica e sensuale della morte. Non vi è pietà per le sue vittime, siano esse innocenti – un bambino ancora in fasce – o patetiche – un povero contadino ubriaco.


Valentina Accardi
studente DAMS

coordinamento e redazione di
Anna Scalfaro

 


Dipartimento di Musica e Spettacolo
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