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- ODIN
TEATRET - LA RIVOLTA HA QUARANT'ANNI
Sale
basato sulla novella "Lettera
al vento"
in Si sta facendo sempre più tardi.
Romanzo in forma di lettere
di Antonio Tabucchi
adattamento scenico e regia di Eugenio
Barba
con Roberta Carreri, Jan Ferslev
musica Jan Ferslev
scenografia Antonella Diana e Odin
Teatret
costumi Odin Teatret
disegnatore luci Jesper Kongshaug
grafica Marco Donati
assistente alla regia Raúl Iaiza
consigliere letterario Nando Taviani
Laboratori DMS - Teatro, 15-16
aprile 2004 - ore 21
LA VOCE, IL CORPO
Riflessioni dopo una prova di
SALT
Davvero misteriosa,
la voce. Si capisce che Giovanni
nell'incipit del suo Vangelo gli
attribuisca potere di creazione:
in principio era il Verbo, e il
Verbo era la vita. Voce, vita. I
fonologi sostengono che la voce
imita il ritmo vitale, perché
segue il principio della
respirazione. Ogni frase che
pronunciamo nasce, cresce, si
stabilizza, decresce, muore.
Respira con noi.
La
voce crea. La voce salva. La voce
ha un potere magico. Ce lo dice
il mito greco più antico, quello
orfico. Orfeo canta, e grazie al
potere della sua voce ammansisce
i mostri degli Inferi e può
scendere nell'Ade a risvegliare
Euridice dal sonno eterno. La
voce evoca. Ex-vocare: trarre
fuori. La voce può evocare i
morti, trarli fuori delle tenebre.
Ma la voce è talmente misteriosa
che può anche prescindere dalle
onde sonore che i fonografi
registrano e i fonologi studiano,
perché la sua cassa di risonanza
è il nostro cuore, o la nostra
testa. Essa "ci suona dentro",
come ha detto Kavafis, e solo noi
possiamo sentirla. E non la
sentiamo con gli orecchi, la
sentiamo con l'anima. "Immaginate
amate voci / di coloro che sono
morti o come i morti / sono per
noi perduti. // A volte ci
parlano in sogno / a volte ci
vibrano nel petto. // E con il
suono per un istante torna l'eco
della prima poesia della nostra
vita / come musica lontana che si
dilegua nella notte". I
Padri della Chiesa avevano creato
una parola per coloro che sentono
le voci interne. Li chiamarono
Acusmata. Un acusmatón è chi
riesce a sentire le voci dal di
dentro. I santi e i mistici le
sentirono. Santa Cecilia udì le
voci degli angeli dentro di sé
mentre subiva il martirio, per
questo fu eletta a patrona della
musica. Anche la musica è voce.
Ma
tutti noi siamo un po' "acusmati".
Un giorno, per caso, pensiamo a
una persona che magari non c'è
più, e all'improvviso "sentiamo"
la sua voce. Da dove arriva?
Oppure riceviamo una lettera e
con quella lettera arriva anche
la voce della persona che ci ha
scritto o che ci scrisse. A volte
le lettere "parlano".
Stiamo leggendo una lettera di
una persona che ci è cara, il
nostro orecchio interno si apre e
la sua voce risuona dentro di noi.
Non
di rado gli scrittori "sentono"
le voci dei loro personaggi. In
termini strettamente psichiatrici
ciò è definito allucinazione
sonora. Quando essa deborda, si
è varcata una linea pericolosa.
Scrivere significa anche riuscire
a costeggiare quella linea senza
varcarla. Ma quelle voci, che lo
scrittore trasferisce in parole
sulla pagina, quando arrivano sul
foglio di carta non suonano più.
Il loro timbro così personale,
così differenziato, così
distinguibile, è diventato
grafia. E la grafia è sorda. La
scrittura cattura le voci, le
spegne.
Per convenzione Eugenio Barba è
un regista di teatro. Alcuni
aggiungono antropologo,
coreografo, musicologo. E ciò è
senz'altro vero. Ma sospetto che
la sua finzione sia qualcosa di
diverso. Lo sapevano bene gli
antichi, che affidarono a
sacerdoti il compito di
orchestrare riti dove la voce si
coniuga con il corpo, l'aria con
la terra, i sensi con lo spirito;
e lo sa Shakespeare quando mette
la bacchetta in mano a Prospero
affinché diriga il mistero della
fusione degli elementi. C'è una
magia da compiere e il Maestro
prende la bacchetta. Che strano
rito sta eseguendo? Quale
alchimia si sta compiendo? Che
cosa sono i segni che egli
traccia nell'aria? C'è una
trasformazione in atto, lo
sentiamo, ma è impossibile
conoscerne la natura, quasi
che si trattasse di una
trasformazione alchemica.
Sacerdote, mago o semplice
illusionista, quel signore
investito di un potere misterioso
sta compiendo per noi il miracolo
di un rituale antichissimo che si
rinnova ogni volta.
Roberta Carreri, seguendo il
tracciato nell'aria della
bacchetta misteriosa del Maestro,
ha riacceso le voci delle mie
lettere. Ha attraversato lo
specchio opaco della scrittura.
La guardo: sta saltando dentro un
cerchio di gesti e di parole. E'
il cerchio magico di Alice che
dal paese delle meraviglie ha
deciso di proseguire il viaggio
per diventare Arianna. E' un
viaggio in un labirinto cieco,
dietro al filo dei giorni della
sua vita, alla ricerca del suono
che ha originato le sue
sofferenze: il muggito sordo del
suo Minotauro.
Jan
Ferslev, con il suono di un
mandolino dell'Ottocento che una
volta comprò in una botteguccia
napoletana, ci sta dicendo che le
note dolenti della voce di una
donna sono anche le sue, di un
Teseo elegante con cappello di
panama e vestito di lino. Perché
tradire può provocare sofferenza
anche in chi tradisce. Ma forse
lui non lo sapeva, questo ruolo
glielo assegna il mito, e non si
sfugge ai ruoli che il destino
impone.
E
così un anello di Moebius si
produce sulla scena: una spirale
che comincia laddove finisce,
come le parole misteriose di quel
frammento presocratico secondo le
quali là, da dove le cose
provengono, ritornano, pagando
l'una all'altra il castigo di
essere venute secondo l'ordine
ingiusto del tempo.
Holstebro, 11 maggio 2002Antonio
Tabucchi
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