Concerti Exitime 05
lun 23.02.09 h 20.30 • Teatro Comunale (Largo Respighi, 1)
ORIENTE/OCCIDENTE III
FontanaMIX/solisti
Chie Yoshida, viola
Yoichi Sugijama, direttore
FontanaMIXensemble
Lavinia Guillari, Marco Venturuzzo, flauto; Marco Ignoti, Francesco Bonafè, clarinetto; Walter Zanetti, chitarra; Nunzio Dicorato, percus-sione; Irene Puccia, Franco Venturini, pianoforte; Valentino Corvino, Marco Fusi, Violetta Mesoraca, Jo Marie Sison, violino;
Silvia Ricciardi, viola; Nicola Baroni, Naomi Berrill, violoncello; Emiliano Amadori, contrabbasso
Steve Reich, Eight Lines (Octet), per ensemble (1979/1983)
Ge Gan-ru, Four Studies of Peking Opera, per pianoforte e quartetto d’archi (2003-2006): n. 1, «Prologue»; n. 2, «Aria»
prima esecuzione italiana
Morton Feldman, The Viola in My Life II, per viola solista, flauto, clarinetto, violino, violoncello, celesta e percussioni (1970)
Tan Dun, Concerto for Six, per clarinetto basso, chitarra elettrica, piano preparato, violoncello, contrabbasso, percussioni (1997)
prima esecuzione italiana
Eight
Lines di Steve Reich – scritta nel 1983 come rielaborazione di una
precedente partitura, intitolata Octet, poi ritirata – è articolata in
cinque parti: la prima e la terza sezione sono apparentate dall’uso di
rapide figurazioni ritmiche intonate dal pianoforte, dal violoncel-lo,
dalla viola e dal clarinetto basso, mentre la seconda e la quarta
sezione sono costruite attorno alle lunghe note tenute del
violoncel-lo. Il segmento conclusivo della composizione ha la funzione
di riepilogare ed integrare i materiali musicali esposti in precedenza.
In più luoghi del brano compaiono inoltre alcune linee melodiche di
particolare lunghezza, composte da una catena di piccole cellule
ritmico-diastematiche tra loro connesse; tale procedimento deriva anche
dall’approfondito studio delle tecniche vocali della cantillazione
sina-gogale ebraica e della morfologia delle melodie di quel repertorio
che Reich effettuò tra il 1976 e il 1977.
Le composizioni di Ge Gan-Ru – uno dei più significativi compositori cinesi d’avanguardia – testimoniano una costante attenzione per il connubio e l’integrazione di tecniche, linguaggi ed estetiche proprie delle tradizioni musicali occidentale ed orientale. I Four Studies of Peking Opera, composti tra il 2003 e il 2006, sono un esempio paradigmatico di tale concezione compositiva. Ognuno dei quattro brani della partitura si ispira infatti ad un diverso aspetto della musica dell’Opera tradizionale di Pechino: i ritmi percussivi che accompagnano alcuni dei gesti degli attori, il canto arioso dei momenti maggiormente lirici della rappresentazione, la declamazione parlata dei «recita-tivi», ed infine le figurazioni ritmiche velocemente accelerate che sono tipiche soprattutto dei momenti di più intensa concitazione drammatica. Ge Gan-Ru inserisce gli elementi orientali citati in una scrittura che si ispira in modo eclettico ad alcuni tratti stilistici «mo-derati» della musica sperimentale del secondo Novecento, e la capacità del compositore di integrare in modo organico materiali e lin-guaggi così eterogenei preserva quasi sempre la musica dei Four Studies dallo scadere in una successione irrelata di inflessioni me-ramente ‘esotiche’ e di citazionismi multiculturali comunque mascherati.
The Viola in My Life II di Morton Feldman fa parte di una costellazione di quattro brani con lo stesso titolo composti tra il 1970 e il 1971. Nel ciclo Feldman ritorna alla notazione convenzionale, dopo che a partire dai primi anni ‘50 negli aveva sistematicamente sperimen-tato diversi tipi di notazioni grafiche, funzionali alle procedure di parziale indeterminazione che governano un numero considerevole delle sue opere. Pur nell’ambito di un’accentuata frammentazione del divenire della trama musicale, The Viola in My Life è pervasa da numerosi momenti di quieto lirismo, affidati soprattutto alla viola solista, caratteristica quasi del tutto assente nella precedente produ-zione di Feldman. Inoltre l’uso frequente del crescendo e del diminuendo e la sia pur limitata apparizione di aggregati di note conso-nanti, infondono alla composizione un’espressività raccolta e solenne, in particolare in alcuni dei numerosi scambi responsoriali tra la viola solista e gli altri strumenti.
Nella produzione di Tan Dun, compositore cinese poi trasferitosi negli Stati Uniti, la volontà di esplorare il dualismo categoriale Oriente-Occidente costituisce l’istanza centrale della maggior parte delle scelte e delle strategie compositive esperite dall’autore, in un tentativo di far coesistere elementi di entrambe le culture musicali, pur senza mascherarne la sostanziale alterità, che permette solo in parte una reale integrazione di linguaggi così diversi. Nel Concerto for Six vengono più volte evocate sonorità e inflessioni melodiche della musica strumentale classica cinese, e la composizione è costruita come un insieme di variazioni basate sulla serie numerica 7-6-5-4-3-2-1, che governa soprattutto gli aspetti metrico-ritmici della musica. In contrasto con l’organizzazione parzialmente seriale del brano, la ca-ratterizzazione concertante indicata dal titolo si concretizza in una serie di cadenze solistiche ed in alcuni momenti nei quali i sei ese-cutori improvvisano liberamente.
Le composizioni di Ge Gan-Ru – uno dei più significativi compositori cinesi d’avanguardia – testimoniano una costante attenzione per il connubio e l’integrazione di tecniche, linguaggi ed estetiche proprie delle tradizioni musicali occidentale ed orientale. I Four Studies of Peking Opera, composti tra il 2003 e il 2006, sono un esempio paradigmatico di tale concezione compositiva. Ognuno dei quattro brani della partitura si ispira infatti ad un diverso aspetto della musica dell’Opera tradizionale di Pechino: i ritmi percussivi che accompagnano alcuni dei gesti degli attori, il canto arioso dei momenti maggiormente lirici della rappresentazione, la declamazione parlata dei «recita-tivi», ed infine le figurazioni ritmiche velocemente accelerate che sono tipiche soprattutto dei momenti di più intensa concitazione drammatica. Ge Gan-Ru inserisce gli elementi orientali citati in una scrittura che si ispira in modo eclettico ad alcuni tratti stilistici «mo-derati» della musica sperimentale del secondo Novecento, e la capacità del compositore di integrare in modo organico materiali e lin-guaggi così eterogenei preserva quasi sempre la musica dei Four Studies dallo scadere in una successione irrelata di inflessioni me-ramente ‘esotiche’ e di citazionismi multiculturali comunque mascherati.
The Viola in My Life II di Morton Feldman fa parte di una costellazione di quattro brani con lo stesso titolo composti tra il 1970 e il 1971. Nel ciclo Feldman ritorna alla notazione convenzionale, dopo che a partire dai primi anni ‘50 negli aveva sistematicamente sperimen-tato diversi tipi di notazioni grafiche, funzionali alle procedure di parziale indeterminazione che governano un numero considerevole delle sue opere. Pur nell’ambito di un’accentuata frammentazione del divenire della trama musicale, The Viola in My Life è pervasa da numerosi momenti di quieto lirismo, affidati soprattutto alla viola solista, caratteristica quasi del tutto assente nella precedente produ-zione di Feldman. Inoltre l’uso frequente del crescendo e del diminuendo e la sia pur limitata apparizione di aggregati di note conso-nanti, infondono alla composizione un’espressività raccolta e solenne, in particolare in alcuni dei numerosi scambi responsoriali tra la viola solista e gli altri strumenti.
Nella produzione di Tan Dun, compositore cinese poi trasferitosi negli Stati Uniti, la volontà di esplorare il dualismo categoriale Oriente-Occidente costituisce l’istanza centrale della maggior parte delle scelte e delle strategie compositive esperite dall’autore, in un tentativo di far coesistere elementi di entrambe le culture musicali, pur senza mascherarne la sostanziale alterità, che permette solo in parte una reale integrazione di linguaggi così diversi. Nel Concerto for Six vengono più volte evocate sonorità e inflessioni melodiche della musica strumentale classica cinese, e la composizione è costruita come un insieme di variazioni basate sulla serie numerica 7-6-5-4-3-2-1, che governa soprattutto gli aspetti metrico-ritmici della musica. In contrasto con l’organizzazione parzialmente seriale del brano, la ca-ratterizzazione concertante indicata dal titolo si concretizza in una serie di cadenze solistiche ed in alcuni momenti nei quali i sei ese-cutori improvvisano liberamente.
Tan Dun
Steve Reich
Steve Reich
CIMES
Centro di Musica e Spettacolo
Laboratori DMS
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