Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna
INDIA · musica danza cinema | marzo - maggio 2003 | progetto a cura di Tullia Magrini |
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Nella musica del XX secolo, i riferimenti allIndia e in generale allOriente non sono pił mere evocazioni di "colore locale" ma diventano lespressione di un luogo mentale definibile come "laltrove": laltrove rispetto a una tradizione occidentale accademica, sentita ormai come inadeguata a fronte delle nuove condizioni di libertą intellettuale postulate dalla musica. Le premesse di questo atteggiamento si possono rintracciare alla fine dellOttocento in Francia, quando una consolidata tradizione di studi orientalistici si fonde con le nuove correnti spiritualistiche, dando origine a un movimento in cui confusamente si mescolano teosofia, teoria musicale indiana ed esoterismo, e che non manca di lasciare un segno in due eminenti compositori dellepoca, Claude Debussy ed Erik Satie. Nel secondo Novecento, sullo sfondo di un crescente disagio della civiltą occidentale, questa disposizione verso "laltrove" si radicalizza. Soprattutto nello sperimentalismo americano iniziato da John Cage il richiamo alle filosofie indiana, al buddismo zen e alle teorie e pratiche musicali ad essi connesse penetra profondamente nel linguaggio musicale, ne investe i fondamenti sintattici e la nozione stessa di composizione, sino a presupporre nuove modalitą percettive e un diverso rapporto suono/ambiente. Trasposta in un diverso contesto culturale, lesperienza della musica indiana assume necessariamente caratteri mistici e ideologici che poco hanno a che fare con loriginale, ma in alcune composizioni di Cage, come The Seasons e String Quartet in Four Parts, come pure in certe procedure della minimal music degli anni Settanta e Ottanta mantiene riferimenti pił espliciti e diretti. Nelle avanguardie europee del secondo dopoguerra limmagine dellOriente e dellIndia si presentano come unalternativa agli eccessi strutturalistici della sperimentazione degli anni Cinquanta. Alla concezione rigida e "spaziale" delle strutture musicali basate essenzialmente sui rapporti di frequenza fra i suoni si sostituisce una nuova attenzione ai processi temporali in quanto dimensione fondamentale della percezione musicale. In composizioni di Karlheinz Stockhausen come Stimmung , Syrius o Mantra, direttamente ispirate a prassi musicali indiane, il "tempo che passa" diviene il principio formante di tutte le altre componenti sonore (altezza, timbro, dinamica) e, insieme, lelemento unificante tra linterioritą percettiva e i grandi cicli che regolano lUniverso. Andrea Lanza Tre conferenze (con ascolti) si svolgeranno con il seguente programma:
Andrea Lanza (Pecetto, Torino, 1947) musicologo. Docente di storiografia musicale nell'Universitą di Macerata (1987-93), condirettore della rivista "Analisi" della Societą Italiana di Analisi musicale, dirige la biblioteca del Conservatorio di Torino. Ha dedicato studi al Novecento storico (Hindemith, G.F. Malipiero, Webern), alle avanguardie contemporanee, alla musica del periodo classico, a problemi metodologici della storia musicale. Ha pubblicato fra l'altro: Il secondo Novecento (in "Storia della musica" a cura della Societą Italiana di Musicologia, 1991) e il volume Haydn (Bologna 1996). |
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