vai al contenuto della pagina vai al menu di navigazione
 

FORME DELLA COSTRUZIONE, PATHOS DEL CANTO

Trio Ars et Labor

Trio Ars et Labor
Sara Gianfriddo, violino; Héloïse Piolat, violoncello; Christa Bützberger, pianoforte 
Musiche di Johannes Brahms e Maurice Ravel

In collaborazione con “Musica Insieme”


dove: Laboratori delle Arti/Auditorium
quando: martedì 5 aprile, ore 20.30

 

Il programma del concerto propone il Trio op. 8 di Brahms, lavoro giovanile rivisto dall’autore dopo trentacinque anni dalla sua stesura, ma qui presentato nell’estrosa esuberanza della sua prima versione (1853-54), e il Trio di Ravel, capolavoro della maturità, nel quale si ravvisa in particolare una felice ricerca ritmico-metrica, soprattutto nel secondo tempo, Pantoum, e nei metri irregolari del movimento finale.

 

PROGRAMMA:

Johannes Brahms (1833 - 1897)
Trio in Si maggiore op. 8 (prima versione, 1854)
Allegro con moto - Tempo un poco più Moderato – Schnell
Scherzo: Allegro molto - Trio: Più lento - Tempo primo
Adagio non troppo - Allegro - Tempo primo
Finale: Allegro molto agitato - Un poco più lento - Tempo primo


Maurice Ravel (1875 - 1937)
Trio in La minore-maggiore
Modéré
Pantoum: Assez vif
Passacaille: Très large
Final (Animé)

------

Il Trio Ars et labor si costituisce nel 2011, e ben presto e s’impone sulla scena concertistica nazionale per l’accuratezza e l’equilibrio timbrico, la perizia tecnica della concertazione, la fedeltà al testo delle opere eseguite, in una ricerca stilistico-esecutiva che porta Sara Gianfriddo e Héloïse Piolat a suonare con corde di budello il repertorio fino al primo Novecento; inoltre di particolare rilievo interpretativo risulta il preciso ed elegante pianismo di Christa Bützberger. A partire dal 2011 il Trio ha effettuato numerosi concerti in Italia ed all’estero, eseguendo un vasto repertorio che viene continuamente arricchito.

------

Prima composizione cameristica pubblicata da Brahms, il Trio in Si maggiore presenta una storia singolare: abbozzato nell’estate del 1853 e concluso nel gennaio dell’anno successivo, venne presentato in una prima esecuzione privata nel marzo del 1854 e pubblicato qualche mese dopo, sebbene l’autore non fosse pienamente soddisfatto del risultato. Trentacinque anni dopo lo rielaborò profondamente, pur affermando di «non avergli messo una parrucca, ma solo pettinato e ravviato un po’ i capelli». La versione del 1891, più breve, coerente ed equilibrata, ha in pratica soppiantato quella giovanile, ancor oggi di rarissima esecuzione: un’opera più indisciplinata nella sovrabbondanza e diversità delle idee tematiche, ma permeata d’un’esuberanza giovanile e d’uno slancio appassionato in parte perduti con la revisione.
L’Allegro con moto si apre con una nobile e ampia melodia al pianoforte, poi accompagnata dal violoncello, a cui si aggiunge il violino, prorompendo infine in una quarta enunciazione in fortissimo; la seconda idea tematica, una tortuosa melodia cromatica di stampo bachiano, è seguita da un terzo elemento di carattere pastorale e da un successivo sviluppo; sebbene tutte riconducibili al tema iniziale, le idee presentano un carattere così eterogeneo da minare la coesione dell’intero movimento; nella ripresa la melodia bachiana dà luogo persino ad una fuga. Lo Scherzo in tonalità minore, rimasto pressoché inalterato nelle due versioni dell’opera, espone al violoncello l’idea principale, memore dello Schumann di Kreisleriana, a cui è contrapposta una melodia popolareggiante in maggiore nel Trio. L’Adagio non troppo in si maggiore si apre con un beethoveniano motivo di corale del pianoforte con cui dialogano gli archi; il secondo tema esposto dal pianoforte sul pizzicato degli archi è derivato dal Lied Am Meer di Schubert; segue la ripresa preceduta da un episodio Allegro. Il Finale è caratterizzato dall’ossessivo e ansioso tema del violoncello che ricorre per tutto il brano, con il secondo tema anch’esso inizialmente al violoncello, basato su un motivo della Fantasia op. 17 di Schumann, che a sua volta cita il Lied beethoveniano An die ferne Geliebte, canto per l’amata lontana.
Se l’op. 8 offre la possibilità di conoscere il laboratorio creativo del giovanissimo Brahms, infaticabile distruttore dei suoi juvenilia giudicati imperfetti, il Trio di Ravel è invece capolavoro della maturità di un altro instancabile perfezionista. Composto tra l’aprile e l’agosto del 1914 nella regione di Saint-Jean-de-Luz, ed eseguito il 28 gennaio 1915 a Parigi, il Trio divenne - parole di Ravel - «espressione di una simbiosi felice col paesaggio circostante», conglobando al suo interno elementi folklorici baschi. Da qualche anno Ravel aveva in mente di comporre un trio che lo dimostrasse capace di affrontare anche le forme classiche, oltre ai balletti e alle miniature degli ultimi tempi. Lo scoppio della guerra incise profondamente sul carattere e sui tempi di composizione del Trio: Ravel voleva concludere l’opera prima di arruolarsi, perciò il processo compositivo subì una notevole accelerazione, ma anche un’attenuazione dello slancio sperimentale e un ripiegamento su soluzioni consolidate.
L’ambigua pulsazione del pianoforte, ideata a partire da un ritmo di danza basco detto zortziko, fornisce la base per il primo tema e per l’intero movimento in forma sonata, caratterizzato da un’atmosfera onirica di lento e malinconico ballo, seguito da una linea gradualmente ascendente del violino. Il secondo frenetico movimento è intitolato Pantoum, da una forma poetica malese basata sull’alternanza di due temi che procedono paralleli: Ravel alterna qui un primo scivoloso tema pulviscolare, caratterizzato da staccati e pizzicati, a un fluido movimento di valzer. La Passacaille, lentissima e desolata, rispecchia il mutato stato d’animo dopo lo scoppio della guerra con una melodia arcaica e spoglia nel registro grave del pianoforte, ripresa da violoncello e violino; dopo un picco di intensità a metà tragitto, il brano torna a spegnersi sulle sonorità iniziali. Il brillante movimento finale, contraddistinto dall’alternanza di metri irregolari, presenta virtuosismi, arpeggi di armonici e un inno trionfale del pianoforte, attorno al quale sfarfallano gli archi con trilli prolungati.

Paolo De Matteis
Laurea magistrale in Discipline della Musica

coordinamento e redazione
Nicola Badolato