vai al contenuto della pagina vai al menu di navigazione
 

In ricordo di Yoshito Ohno

L’8 gennaio 2020, all’età di 81 anni, si è spento il maestro Yoshito Ohno

Quando il butō ancora non aveva un nome Yoshito Ohno ne danzava i primi passi. Era il 1959 l’anno in cui Yoshito danzò prima al fianco del padre Kazuo in Il vecchio e il mare e ancora, pochi giorni dopo, assieme a Tatsumi Hijikata nello spettacolo che scioccò il pubblico giapponese dell’epoca e che fu, di fatto, l’innesco di quella rivoluzione danzata che conosciamo come butō, Kinjiki (Colori proibiti): un corpo irrigidito oltre misura, nella penombra abitata da ansimi e attraversata da corse e improvvisi arresti, ha sovvertito un’estetica e un’etica dell’arte scenica che in Giappone perduravano da secoli.
La corrosiva storia del butō, poi, sarebbe divenuta un patrimonio mondiale nell’osmosi fecondamente irrisolta tra la poesia danzata di Kazuo Ohno e l’ancestrale grottesco incarnato da Tatsumi Hijikata, polarità complementari che Yoshito ha saputo magistralmente tenere in dialogo in una carriera personale dal grande valore artistico.
Il ruolo seminale di Yoshito Ohno, forse mai troppo evidente per la discrezione e la mite umanità della sua indole, e il suo lascito artistico e pedagogico, sono un’evidenza innegabile. Da quando, nel 2001, grazie anche alla rappresentante europea del Kazuo Ohno Dance Studio, Maria Perchiazzi, il Dipartimento delle Arti (allora di Musica e Spettacolo) ha potuto acquisire una parte dell’Archivio personale di Kazuo Ohno appena riordinato da Toshio Mizohata, le occasioni di incontro e collaborazione con Yoshito Ohno sono state molte e significative, permettendo a generazioni di studenti, studiosi e appassionati di seguirne workshop, interventi di parola e, ovviamente, spettacoli.  
Le frequenti visite di Yoshito Ohno a Bologna, per partecipare a progetti che oltre all’Università hanno visto l’interazione col tessuto culturale cittadino – la prima mondiale di Snow Moon Flower a Teatri di Vita nel 2007 o le residenze artistiche presso Laminarie nel 2014 e 2017 – lo hanno reso una presenza familiare, uno snodo di relazioni e di creazioni che ha nutrito, e continuerà a nutrire, sapere e bellezza.

“Camminare diritto”, diceva durante un workshop per gli studenti dell’Università di Bologna, “è il movimento più difficile”. Nell’apparente evanescenza e semplicità di questo insegnamento riecheggiano la saggezza umana e la consapevolezza artistica di un maestro che ci mancherà.

Giovanni Azzaroni, Matteo Casari, Eugenia Casini Ropa, Elena Cervellati
(Archivio Kazuo Ohno – Dipartimento delle Arti-Università di Bologna)

Pubblicato il 13 gennaio 2020