martedì 10 febbraio, ore 21 Aula absidale di S. Lucia (via de' Chiari 25a) ingresso libero - posti limitati Robert Schumann (1810-1856) Novelletten op. 21 Markiert und kräftig Äußerst rasch und mit Bravour Leicht und mit Humor Ballmäßig. Sehr munter Rauschend und festlich Sehr lebhaft mit vielem Humor Äußerst rasch Sehr lebhaft Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847) Fantasia op. 28 in Fa diesis minore Johannes Brahms (1833-1897) Sechs Klavierstücke op. 118 Intermezzo: Allegro non assai ma molto appassionato Intermezzo: Andante teneramente Ballade: Allegro energico Intermezzo: Allegretto un poco agitato Romanze: Andante Intermezzo: Andante largo e mesto Franz Liszt (1811-1886) Légende n. 2 “St. François de Paule marchant sur les flots”
Enrico Pace,
riminese, ha studiato pianoforte con Franco Scala, prima al
Conservatorio “Rossini” di Pesaro, indi all’Accademia Pianistica di
Imola. Ha inoltre studiato direzione d’orchestra e composizione. La sua
carriera ha avuto una svolta decisiva nel 1989 con la vincita del primo
premio al Concorso internazionale “Franz Liszt” di Utrecht. Da allora
Pace si è esibito regolarmente in recital in tutt’Europa: al
Concertgebouw di Amsterdam, a Milano (Sala “Verdi” del Conservatorio e
Teatro alla Scala), Roma, Firenze, Berlino, Monaco di Baviera,
Dortmund, Dublino, e in varie città del Sud America. Partecipa
regolarmente ai festival della Roque d’Anthéron, del Rheingau e di
Husum.
Solista molto apprezzato, ha suonato con orchestre importanti: Münchner Philharmoniker, i Bamberger Symphoniker, la Filarmonica di Rotterdam, la Filarmonica della Radio Olandese, la BBC Philarmonic Orchestra, le orchestre sinfoniche di Sydney e Melbourne (entro una tournée in Australia e Nuova Zelanda), la Sinfonica di Berlino, la Sinfonica del MDR di Lipsia, la Filarmonica di Varsavia, la Sinfonica di Malmö, la Sinfonica della RTÉ irlandese, la Sinfonica “Verdi” di Milano, la Amsterdam Sinfonietta, la Gelders Orchestra e le orchestre di Johannesburg e Città del Capo. Ha collaborato, fra gli altri, con i seguenti direttori: Roberto Benzi, Andrej Boreyko, Mark Elder, János Fürst, Yunichi Hirokami, Eliahu Inbal, Jan Latham-Koenig, Kazimierz Kord, Jiří Kout, Alexander Liebreich, Gianandrea Noseda, Vassilij Sinaiskij, Stanisław Skrowaczewski, Bruno Weil e Antoni Wit. I successi più recenti comprendono il felice debutto col Koninklijk Concertgebouworkest di Amsterdam diretto da David Robertson. Agli impegni solistici Enrico Pace affianca un’intensa attività cameristica: ha collaborato con i Quartetti Šostakovič, Keller, RTÉ Vanbrugh, Prometeo, e con la cornista Marie Luise Neunecker. Ha preso parte a vari festival di musica da camera a Delft, a Risør in Norvegia, nel Rheingau in Germania, a Kuhmo in Finlandia, a West Cork in Irlanda, a Stresa e a Lucerna. Dalla stagione 1997/98 Pace ha instaurato un’assidua collaborazione col violinista Frank Peter Zimmermann, col quale ha dato recital in Europa, Estremo Oriente e Sud America e ha effettuato registrazioni radiofoniche e discografiche. Dal 2006 si esibisce in duo anche col violinista Leonidas Kavakos. |
Voci, fantasmi, burrasche Enrico Pace pianoforte «Oh
musica, sei tu che porti passato e futuro così vicino alle nostre
ferite con le tue fiamme brucianti, arte che porti la brezza serale di
questa vita o l’aria mattutina della vita futura?»: queste parole di
Jean Paul Richter ci dicono come, nell’estetica romantica, la musica
assurga a mezzo privilegiato per evocare stati d’animo, emozioni,
lontananze spaziali e temporali, tensioni nostalgiche verso l’infinito.
Malinconia, amore, speranza disillusa sono sintetizzate nella poetica
della Sehnsucht; e il pianoforte – lo strumento domestico sempre pronto ad accogliere le segrete confidenze del musicista, il suo io poetico – si fa interprete elettivo di queste tendenze.
Robert Schumann è forse il massimo esponente del Romanticismo musicale tedesco; attivo come compositore e critico musicale, si fece interprete e fautore di una poetica che fondesse in musica le istanze letterarie romantiche. «Cose spassose, storie di Egmont, scene di famiglia con padri, un matrimonio»: così Robert Schumann nel febbraio 1838 descrive a Clara Wieck le Novelletten op. 21, raccolta di otto pezzi caratteristici composti in uno dei suoi periodi più duri, quello del divieto di frequentare Clara impostogli dal padre di lei. Emerge nitidamente l’enfasi lirica delle composizioni, pur nella frammentazione delle linee melodiche. Oltre al sentimento amoroso vi è in questi pezzi la contaminazione con la forma poetica letteraria – il titolo Novelletten non è scelto a caso – che Schumann ha costantemente inseguito e ricercato nel suo stile. Nell’ultima delle Novelletten, in particolare, riecheggia la celebre melodia associata a Clara, «Stimme aus der Ferne», una “voce da lontano” che apre uno squarcio nei ricordi del compositore. La Fantasia op. 28 in Fa diesis minore di Felix Mendelssohn-Bartholdy, chiamata in origine Sonata scozzese, è una splendida pagina musicale nei diari di viaggio del compositore, rievocazione fantastica dei paesaggi della Scozia, visitata nel 1828, un anno prima della composizione. Contrasti tematici, alternanza di lampi abbaglianti e indugi intensamente riflessivi: questa la caratteristica saliente del brano, che presenta tre movimenti non nettamente separati tra loro. La prima parte alterna momenti rapsodici (Con moto agitato) ed esitazioni più liriche e pacate (Andante), non senza plurime ricomparse del rapido arpeggio introduttivo. La sezione centrale (Allegro con moto), più compatta, delinea una chiara dialettica tra le parti: un tema, esposto dapprima per ottave, passa dalla mano destra alla sinistra su un accompagnamento mosso e agitato, che prelude al ‘turbine’ del Presto conclusivo. Nel 1853 il ventenne «signor Brahms di Amburgo» fece visita a uno Schumann ormai in declino: malato e depresso, questi vide nel giovane talento il possibile depositario e continuatore del suo mandato artistico, scomparso ormai Mendelssohn nel fiore degli anni. Nella loro rara bellezza i Sechs Klavierstücke op. 118 – sei pezzi brevi, composti quasi quarant’anni dopo, nel 1892 – dimostrano gli esiti della potente fucina compositiva brahmsiana, luogo poetico dove convergono diversissime esperienze e influenze. In questa fase della carriera Brahms affida al pezzo breve le sue estreme confidenze, in un’atmosfera meditativa e malinconica, dove i contrasti si stemperano in sfumature: un approccio al pianoforte di natura intimistica, certo più affine alla poetica di Schubert che non al pianismo trascendentale di Liszt. L’Intermezzo in Mi minore che chiude la raccolta ha però uno spirito più drammatico, espresso in due temi principali antagonistici: se il primo comunica sofferenza, il secondo sprigiona un carattere vigoroso, con una scrittura così densa da suggerire sonorità sinfoniche. Sfuma anche la consueta distinzione tra componente melodica e sostegno armonico: i due àmbiti sonori si intrecciano nella regione centrale della tastiera, e il discorso sostenuto dalla mano sinistra è piuttosto articolato. L’ungherese Franz Liszt è personalità ben diversa da Brahms: virtuoso e amante delle folle, coltivò uno stile pianistico più estroverso e istrionico di quello dell’amico Chopin. Le due Légendes del 1863 sono brevi pezzi di ispirazione religiosa: la seconda “leggenda” si rifà al culto dell’eremita san Francesco di Paola, che avrebbe compiuto una miracolosa traversata dello Stretto di Messina. Nel brano dilaga una forte tensione emotiva, espressa da una dinamica cangiante e patetica con la quale Liszt sfrutta a piene mani – è il caso di dirlo! – le risorse estreme dello strumento. Il pedale sostiene la melodia, molto energica e decisa, sia nel principio sia nel finale, alternato da una serie di arpeggi gorgoglianti e singhiozzanti sulle note più gravi. La reiterazione di queste figure melodiche suggerisce l’immagine delle onde in tumulto, lo sconquasso e la successiva pacificazione dei flutti in tempesta. Fabio Grande coordinamento e redazione ingresso gratuito - posti limitati info: tel. 051 2092413; soffitta.muspe@unibo.it |