martedì 17 aprile 2007, ore 21
Aula absidale (via
de' Chiari 25a)
ingresso gratuito - posti limitati
Arnold Schönberg (1874 - 1951)
Sechs kleine Klavierstücke op. 19
Leicht, zart
Langsam
Sehr langsam
Rasch, aber leicht
Etwas rasch
Sehr langsam
Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
Sonata in Do minore n. 32 op. 111
Maestoso - Allegro con brio ed appassionato
Arietta: Adagio molto semplice e cantabile
Johannes Brahms (1833 - 1897)
Sonata in Fa minore n. 3 op. 5
Allegro maestoso
Andante espressivo
Scherzo: Allegro energico - Trio
Intermezzo (“Rückblick”): Andante molto
Finale: Allegro moderato ma rubato
Santi Calabrò.
Nato a Messina, ha studiato al Conservatorio “Arcangelo
Corelli” della sua città sotto la guida del maestro
Vittorio Trovato. Ha frequentato corsi e lezioni di perfezionamento con
i maestri Giuseppe La Licata, Daniel Rivera, Pierluigi Camicia, Todor
Petrov, Sonja Pahor, Maria-Regina Seidlhofer. Ha seguito studi di
composizione ed è diplomato anche in Didattica della musica. Si
è laureato in Lettere moderne nella Facoltà di Lettere e
filosofia dell’Università di Messina. Agli studi ha
precocemente affiancato l’attività concertistica, suonando
per importanti istituzioni e riscuotendo unanimi consensi. È
risultato vincitore di premi in concorsi pianistici nazionali ed
internazionali. Recentemente ha eseguito il Primo Concerto di
Cajkovskij con la Filarmonica di Stato “Dinu Lipatti” di
Satu Mare, il Triplo Concerto di Beethoven con l’Orchestra della
Magna Grecia a Taranto, il Concerto op. 15 di Beethoven con
l’Orchestra nazionale ucraina a Kiev, il Concerto op. 15 di
Brahms al Teatro “Vittorio Emanuele” di Messina con
l’Orchestra filarmonica di Bacau. Tra i recital recenti, si
segnala il concerto tenuto a Napoli nell’àmbito del
convegno internazionale “Th. W. Adorno. Una ragione per la
musica”, e quelli dati in varie città italiane (Roma
Cagliari Taranto Sassari Messina Fasano Lecce Noto Bologna). Tiene
spesso concerti-conferenza per istituzioni concertistiche e
università, e partecipa a convegni di musicologia. Svolge
attività pubblicistica per quotidiani e riviste; ha collaborato
ai programmi di sala del Teatro di S. Carlo a Napoli, del Teatro di
Messina e di altre istituzioni. Vincitore di concorso, insegna
attualmente nel Conservatorio di Messina. Ha composto musica sacra e
colonne sonore per cortometraggi cinematografici.
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Aforismi, tumulti, catarsi
Santi Calabrò, pianoforte
I Sechs kleine Klavierstücke
(Sei piccoli pezzi per pianoforte, 1911) dell’Op. 19 si
collocano nel periodo atonale di Arnold Schönberg. La durata
complessiva è di circa cinque minuti: sono dunque fulminei
aforismi, d’una tale concentrazione e intensità espressiva
da richiedere un tempo psicologico d’assimilazione ben superiore
alla durata cronometrica. Schönberg li scrive poco dopo la morte
di Gustav Mahler, ch’era stato per lui un fedele amico e
protettore. Nell’indicazione tutta mahleriana «wie ein
Hauch» (come un soffio), inserita nell’ultima battuta
dell’ultimo pezzo, con dinamica pppp, possiamo cogliere l’intenzione dell’omaggio postumo.
Ludwig van Beethoven compone la Sonata in Do minore per pianoforte, che
sarà l’ultima, nel 1821-22; nel 1823 viene pubblicata a
Parigi, Berlino, Vienna e Londra come Op. 111. Essa consta di due soli
movimenti, mentre in quegli anni una sonata ne conta di solito tre o
quattro. L’editore Schlesinger si chiese se non fosse stata
cancellata parte della musica dal manoscritto, e ancora Thomas Mann,
nel Doktor Faustus,
s’interroga attraverso un suo personaggio sul perché
Beethoven non abbia dato almeno un terzo tempo all’Op. 111.
Taluni considerarono dunque “incompiuta” la Sonata, alla
stregua della più celebre Sinfonia schubertiana. I lampi e i
tumulti sonori dell’Allegro con brio ed appassionato, introdotto da un breve e torvo Maestoso, trovano un catartico rasserenamento nel tema, sublime, dell’Arietta
con variazioni. Beethoven concepisce quest’ultima Sonata per
opposizioni, accostando due movimenti contrastanti al maggior grado,
quasi mondi irriducibili: il Do minore del primo rammemora la lotta
titanica che si scatena nel primo tempo della Quinta; ma mentre nella
Sinfonia il conflitto innesca un lungo percorso verso la vittoria in
questo mondo, l’Op. 111 gli contrappone il vagheggiamento
d’un altro mondo, da contemplare nella sua estatica, olimpica
bellezza.
Trent’anni più tardi, il ventenne Johannes Brahms compone
la Sonata in Fa minore op. 5: stavolta è una Sonata
esuberante, addirittura in cinque tempi. Brahms condivide col maestro
di Bonn la concezione grandiosa ed eroica, la vastità della
struttura, l’intensificazione dello sviluppo e del lavorìo
tematico, la sonorità piena e “sinfonica” del
pianoforte. Le Sonate di Brahms (Opp. 1, 2 e 5) sono tra le prime
composizioni ch’egli ritiene degne di pubblicazione (1853-54), ma
anche le sue sole Sonate per pianoforte: negli anni successivi
scriverà molta altra musica per il “suo” strumento
– Brahms era un ottimo pianista –, ma prevalentemente pezzi
brevi o grandi cicli di variazioni. L’Allegro maestoso
d’apertura è carico di un’energia appassionata,
titanica: il primo tema, che domina il movimento e viene poi variato,
esplode con un gesto spettacolare. L’Andante espressivo,
il tempo più esteso della Sonata, è avvolto
nell’incantata penombra lunare del notturno: ha una forma
complessa e articolata, nella quale s’avvicendano armoniosamente
tre temi. Lo Scherzo presenta un rapsodico motivo modulante,
particolarmente frammentato e saltellante. All’Intermezzo (il
movimento “in più” rispetto ai canonici quattro)
Brahms dà il sottotitolo Rückblick
(sguardo retrospettivo, ricordo), a sottolineare le numerose
reminiscenze tematiche. Anche nel Finale non mancano richiami motivici
ai tempi precedenti; in forma di rondò, chiude in modo fastoso
la grandiosa Sonata.
Lara Formenton
studentessa Laurea specialistica
in Discipline della musica
coordinamento e redazione
Saverio Lamacchia
ingresso gratuito - posti limitati
info:
tel. 051 2092413; soffitta.muspe@unibo.it
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