Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Dipartimento di Musica e Spettacolo - La Soffitta 2007
 


28 marzo, ore 21
Laboratori DMS – Teatro
Kuashi (bellezza in sé)*
liberamente tratto dalle opere di Harumi Setouchi
coreografato e danzato da Carla Vannucchi
musiche di Arnold Schoenberg (“Verklärte Nacht”)
costumi di Carla Vannucchi
installazione "Kuashi" di Theo Toy
direttore di scena e assistente alla regia Alessandro Tampieri
ufficio stampa Alessandro Tampieri

a seguire
A flor boiando*
coreografia e regia Joana Lopes
con Andréa Yanashiro
della C.ia de Danzas Micrantos
musica di Jonatas Manzolli


29 marzo, ore 21
Laboratori DMS – Teatro
La primavera siciliana*
di e con Sayoko Onishi
maschera e costume di Mity Manzella
musica di Antonio Leto, supervisore Hironobu Oikawa

a seguire
Low flying*
di e con Sayoko Onishi
musica di Tony Lloyd e Antonio Leto
costumi di Pieter Paul Brok




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*Spettacoli ai Laboratori DMS
biglietteria: il giorno stesso dello spettacolo ore 15-19 e ore 20-21
ingresso intero: euro 9
ingresso ridotto: euro 5 (studenti dell’Università di Bologna su presentazione di tesserino o libretto universitario, cartagiovani, over 60)
info: tel 051 2092413







28 e 29 marzo
BUON COMPLEANNO, MAESTRO!
Omaggio a Kazuo Ohno



Kazuo Ohno, grande e singolare padre della danza moderna giapponese, il Butô, ha compiuto 100 anni il 27 ottobre 2006.  Nella sua lunga vita, ha commosso e influenzato con la sua genialità alcune generazioni di danzatori e artisti di tutto il mondo, avvicinando, come pochi hanno saputo, le due culture orientale e occidentale.
La sua storia di artista comincia da lontano e, come per quasi ogni pioniere della danza moderna, con un episodio rivelatore. L'aneddoto vuole che, ventenne, insegnante di educazione fisica, vedendo la sua immagine riflessa nello specchio di un grande magazzino ne rimanesse d'un tratto profondamente turbato. Che cosa si nascondeva oltre quella insoddisfacente apparenza esteriore e come portare alla luce quell'interiorità che, sola, poteva rigenerare la carne?
In quegli stessi anni, la conversione al cristianesimo gli fa conoscere nuove, profonde fonti di spiritualità che non abbandonerà mai più. Poi, nel 1929, vede a teatro La Argentina, la grande danzatrice spagnola che gli rivela la via della danza; a lei dedicherà, cinquant'anni dopo, il suo spettacolo di maggior successo internazionale.
I vent'anni che seguono sono dedicati allo studio della danza. Colpito da uno spettacolo di Harald Kreutzberg, compie i suoi studi prevalentemente con Takaya Eguchi, allievo di spicco di Mary Wigman, che aveva portato e diffuso in Giappone i dettami dell'espressionismo tedesco. Ma solo nel 1949, a quarantatré anni, comincerà ad esibirsi in pubblico con una serie di pezzi brevissimi e singolari.
L'incontro decisivo per la definizione del suo stile di danza sarà tuttavia, nel 1954, quello con Tatsumi Hijikata, che divenne il suo coreografo. Anche Hijikata, assai più giovane, aveva avuto un maestro di scuola espressionista e la sua ricerca seguiva sentieri analoghi a quelli di Ohno: investigare il rapporto tra il corpo e l'espressione. Entrambi sentivano il bisogno di superare quel punto morto che la danza moderna erede del Neue Tanz tedesco aveva raggiunto con il sempre maggior peso dato alle tecniche e all' estetica che ne derivava. Rifiutare le tecniche e il godimento estetico, scoprire come davvero l'interiore può muovere il corpo senza intermediari convenzionali, superandone gli automatismi e gli stilemi, negandone la piacevolezza superficiale, divenne il compito primario.
Le loro prime performances furono brevi e provocatorie: nel 1959 Kinjiki (Colore proibito) di Hijikata, dove per la prima volta si esibì il giovane Yoshito, figlio di Ohno, scandalizzò il pubblico, mentre Kazuo presentò Il vecchio e il mare, ispirato ad Hemingway. Con questo solo e con il successivo Divine (1960) ispirato a Genet, Ohno raggiunse la piena consapevolezza delle sue possibilità, di come ogni minima esperienza vitale interiore potesse crescere ed espandersi abbracciando l'universale e reinventando la vita di un corpo negato. Insieme, i due crearono ancora I canti di Maldoror (1960), La cerimonia segreta di Ermafrodite e Torta di zucchero (1961), Danza rosa (1965),  Sesso: istruzioni  per l'uso  e Tomato (1966).
Nel 1968, La rivolta della carne  di Hijikata è lo scandaloso spettacolo-manifesto del nuovo genere che era venuto precisandosi: l'Ankoku Buto, la Danza delle tenebre. E' un grido di rivolta contro gli orrori impressi nei corpi dalla bomba atomica, contro l'impeccabile comportamento imposto ai giovani dai costumi giapponesi, contro le mode standardizzanti importate dall'occidente, contro le tecniche del virtuosismo estetizzante. Introverso, doloroso, il Buto nascente rattrappisce e contorce il corpo alla ricerca delle forme archetipiche nascoste sotto l'involucro della carne marchiata dalla storia e dalla quotidianità. La cosciente spersonalizzazione dei corpi seminudi è accentuata dai crani rasati e dalla tinta bianca che li ricopre, mentre la carne, annullata e mortificata, è sottoposta a una lucida crudeltà che supera i sogni di Artaud. Il Buto recupera la lentezza, la tensione, la microgestualità dell' antica tradizione nazionale del No e del Nihon Buyo, la danza del Kabuki, facendo implodere verso l'interno le energie centrifughe proprie dell'eredità espressionista europea. Nascono gli stilemi tipici del genere: ginocchia flesse, piedi in dentro, occhi bianchi dalla cornea esposta, spalle chiuse e abbassate, bocche spalancate in urli muti.
Kazuo Ohno prosegue la sua strada in modo parallelo ma appartato; il suo stile inconfondibile evita gli eccessi dilacerati di altri danzatori; nei suoi soli c'è sempre una vena di attonita poesia, di surreale lirismo, di fede profonda nelle forze vitali dell'universo che si nutre della sua profonda fede cristiana. Gli diventa consueto agire in abiti femminili, creando indimenticabili personaggi ermafroditi coronati di fiori o di grandi e adorni cappelli. Le sue performances sono un susseguirsi di immagini in continua trasformazione, montate per analogia o giustapposizione, finestre aperte nel cuore tenebroso del Buto su uno stralunato mondo luminoso di fantasmi dell'anima, sospesi tra la vita e la morte.
Negli anni Settanta, il movimento del Buto - che rischiava ormai spesso di cadere in un espressionismo esasperato fine a se stesso - si scioglie in rivoli e gli allievi di Hijikata creano gruppi di tendenze differenziate diffondendosi anche in Europa. Ohno abbandona quasi completamente il teatro, limitandosi a girare alcuni film sperimentali come Ritratto di Mr. O (1969), Il Mandala di Mr. O (1971) e Il libro di un uomo morto: Mr O (1973), anch'essi poetici e surrealisti, e a fare brevi apparizioni negli spettacoli di amici artisti.
Tuttavia, nel 1976, a settant'anni, il suo non sopito amore per la danza viene rinfocolato da un secondo, fatidico incontro con La Argentina, la cui immagine pare balzargli incontro dal quadro di una esposizione. Da questo improvviso risveglio delle memorie di gioventù, nasce il suo spettacolo più famoso, Omaggio per Argentina, che segna il suo ritorno alle scene e che sarà seguito da alcune altre performances sul filo della memoria, come Ozen. Il sogno di un feto (1980), Mia Madre (1981), Ninfee (1987), Fiore, uccello, vento e luna (1990). Da allora Ohno non ha più lasciato il palcoscenico, che ha calcato fino a novantacinque anni col robusto sostegno e contributo del figlio Yoshito, ora erede e prosecutore originale della sua poetica.
"La danza - dice Ohno che ne ha fatto una vera filosofia di vita - deve essere capace di rappresentare l'universale nella sua più pura e più astratta espressione. Come i rami di un albero crescono verso il cielo soltanto se le sue radici sono ancorate alla terra, così la danza deve penetrare nelle profondità dell'esistenza quotidiana. Se rimane troppo concentrata sulla vita di ogni giorno ci ricorda il mimo e non può far luce sulla confusione della realtà. Se è troppo astratta, ogni connessione con la realtà scompare e il pubblico non riesce ad esserne toccato".     
"Se desideri danzare un fiore puoi mimarlo e sarà un fiore qualunque, banale e privo di interesse; ma se tu metti la bellezza di quel fiore e che da esso viene evocata nel tuo corpo morto, allora il fiore che crei sarà vero e unico e il pubblico ne sarà commosso".
Nel suo sforzo quasi mistico di rivelazione dell'essere, di creazione di un mondo che è incontro con le fonti vitali, Ohno utilizza costantemente due concetti chiave: quello di "corpo morto" e quello di "libertà", il cui connubio è apparentemente sconcertante. Il corpo morto, negato, è per lui il presupposto essenziale, il primo fine da raggiungere per far sì che l'emozione in esso coltivata possa esprimersi liberamente, senza essere costretta a seguire le logiche coercitive necessariamente imposte da un corpo vivente. L'anima deve poter manovrare il corpo come un burattinaio manovra una marionetta.
La libertà che ne nasce per il danzatore è da intendersi in senso tutto orientale. Non si tratta infatti di libero arbitrio, di fare ciò che si vuole, ma al contrario di liberarsi dalle pastoie della volontà, dalle strettoie del pensiero e dell'individualità. Per attingere all'universale, occorre frantumare il rigido carapace di convenzioni che l'esperienza sociale ha costruito sul corpo e nella mente e lasciar finalmente fluire all'esterno l'espressione pura dell'anima.
Solo allora - dice il poeta Ohno ai suoi allievi - "Tu sei felice perché sei libero. Sorridi, e un fiore sboccia nella tua bocca".

Eugenia Casini Ropa




  Dipartimento di Musica e Spettacolo  
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